E venne il giorno: RAGE – Afterlifelines

Anni e anni fa uscì al cinema quello che personalmente ritengo uno dei picchi negativi della filmografia di M. Night Shyamalan, ovvero The Happening, infelicemente proposto in Italia con l’evocativo titolo E venne il giorno. Diciamo che quello è stato il primo ad inaugurare la trilogia di film di Shyamalan dei quali è impossibile salvare qualunque cosa (gli altri sono The Last Airbender e After Earth), incresciosi incidenti di percorso e incredibili flop al botteghino che quasi riuscirono a troncare la carriera del regista indoamericano. Poi però – fortunatamente – il Nostro si riprese, e già con The Visit, filmetto a basso costo abbastanza riuscito, cominciò a rimettersi in carreggiata, una lenta e difficile ripresa che a tutt’oggi ancora non si è compiuta del tutto, cosa che peraltro non succederà comunque mai, perché alla fine della fiera basta anche un solo passo falso per sputtanare una carriera fatta di successi, figurarsi un trittico di lavori uno peggio dell’altro. E che c’entra coi Rage? C’entra perché il giorno è purtroppo venuto anche per loro: Afterlifelines fa schifo a cominciare appunto dal titolo scioglilingua ed è impossibile salvare alcunché di questo disco che, ciliegina sulla torta, segna i quarant’anni di carriera di Peavy Wagner e sodali vari.

Quei quattro gatti che mi leggono ormai sapranno bene come e quanto i Rage abbiano rappresentato e tuttora rappresentino moltissimo per me, specialmente l’epoca della prima formazione a tre con Manni Schmidt e Chris Efthimiadis, ma diciamo che, fino ai primi tre album con Victor Smolski e Mike Terrana, ogni disco, se non un ottimo lavoro o un capolavoro tout-court, è comunque apprezzabile. Dagli ultimi album con Smolski in poi il livello è a mano a mano calato; si sono un poco ripresi con Marcos Rodriguez, dopodiché, andato via lui, è arrivato un altro lavoro tutto sommato caruccio con la coppia Jean Bormann/Stefan Weber alle chitarre. Adesso, ritornati come power trio col solo Bormann, hanno tirato fuori questa completa merdata fumante.

Chiaramente la débacle totale arriva appunto dopo quarant’anni di onorata e onoratissima carriera, quindi non è come per Shyamalan che la macchina da presa ha davvero rischiato di non vederla più, nondimeno per me è stata una delusione, perché, anche se non mi aspettavo certo un capolavoro, di sicuro non immaginavo questa altissima pila di letame che è Afterlifelines. Non c’è praticamente niente che vada bene o funzioni, a partire dalla voce di Peavy, sforzatissima in tonalità che non sono evidentemente più le sue, fino al lavoro di chitarra scialbo e senza un guizzo, passando per una produzione assai mediocre. Dico, almeno la voce potevano aggiustarla in studio, o forse ci hanno provato ed il risultato è questo pastrocchio. Chi lo sa. Ma poi ventuno pezzi, sono scemi? Pensavano di star componendo un’opera magna? Cioè forse, ad essere buoni, di queste ventuno canzoni se ne salvano un paio (Cold Desire e Waterwar). Toh, al limite aggiungo anche In the End, e anche queste tre peraltro non le riascolterei volentieri nemmeno per sbaglio. Se vi piacciono i Rage per carità non ascoltate questo disco, lasciatelo dov’è come se non fosse mai esistito, e se leggete in giro opinioni diverse sappiate che nella migliore delle ipotesi è gente che non capisce un un accidenti di niente. Rimetto su The Missing Link dai, sperando rinsaviscano. (Cesare Carrozzi)

13 commenti

  • Caro Carrozzi, stavolta non ti seguo.

    Per carità, non è un capolavoro, ma che differenza c’è con l’ultimo dei Judas?
    Francamente questo Afterlifelines non è inferiore ad altri album e funziona comunque meglio di tante cose che girano ultimamente. E paragonandolo all’ultimo Judas di cui tutti hanno gridato al miracolo, non vedo perché questo debba essere bollato come ciofeca.

    Poi i gusti personali fanno tanto, ma è il metro di giudizio che mi sfugge.

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    • Cesare Carrozzi

      Il metro di giudizio è esattamente il gusto personale. E non può essere diversamente, visto che il sistema metrico decimale in casi come questo è inapplicabile.

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      • Il giudizio personale è, ovviamente, ciò che conta nella valutazione di un album. Pertanto non mi metto a sindacare.

        Però continuo a pensare che non sia oggettivamente una ciofeca.

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  • che brutta cosa che hai scritto, ma non mi immaginavo proprio una debacle del genere. Menomale che ci restano quasi 40 anni di roba buona.

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    • …io consiglierei di ascoltarlo prima di affidarsi solamente ad orecchie altrui, fermo restando che i gusti sono gusti.

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      • Ma sicuramente un ascolto lo si deve…diciamo che già con i precedenti album c’erano troppi riempitivi e le premesse non erano delle migliori. Non sono invecchiati bene, purtroppo.

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  • Non esiste solo la soggettività nel giudizio estetico di un disco. Allargando il discorso alla dimensione artistica, sarebbe accettabile asserire che Canova fa cagare in nome del relativismo?

    Ovvio che un album attuale non benefici di una sedimentazione storica che ne testi la longevità e la contestualizzazione. Ma tanto per capirci: soggettività e criteri dovrebbero quantomeno intersecarsi per valutare un album. Nella fattispecie di oggettivo c’è un cantato imbarazzante che affossa senza appello la resa di Afterlifelines. Il resto può essere discutibile. Per ora.

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    • Dottore, ha espresso in maniera forbita ed elegante il mio pensiero.
      La ringrazio.

      Trovo che la parte peggiore siano gli errori non corretti (o lasciati volutamente li), ma le parti di voce sono in linea con la loro produzione. In termini stilistici.
      Poi oh, se non piacciono riff e ritornelli…

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  • Sono purtroppo d’accordo. Scialbo, le linee di chitarra scompaiono subito dalla testa, e cantato poco accettabile. E 21 pezzi, con forte ripetitività. Peccato.

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  • Ma Carrozzi, pila di letame sarai tu. Non c’è bisogno che ogni volta ci ricordi non capisci un cazzo di musica. Anzi, che non capisci un cazzo tout court.

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  • Disse il saggio

    Chi ascolta jazz è stupido come la merda

    Sto album non l’ascolto nemmeno ma comunque

    lunga vita al Metal e a Metal Skunk

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  • Mah, ad un primo ascolto mi era sembrato davvero pessimo. Risentendo con un pò più di tempo non lo trovo così orribile però molto dispersivo, troppi pezzi e il secondo disco quasi del tutto inutile. Io mi chiedo cosa passi per la testa a queste band bollite, dove l’ispirazione è ormai fisiologicamente calata, di uscire addirittura con album doppi. Loro, i maiden, quei poveri stronzi dei metallica…. Ma chi ce la va a reggervi, boh

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  • mah…. francamente non so quali problemi hai alle orecchie(si scherza naturalmente) …..

    probabilmente il miglior disco dei Rage almeno da Soundchaser….

    Comunque come diceva Lemmy…i gusti sono soggettivi la qualità no….e qui di qualità ce n’è parecchia…e anche di lavoro…

    quanto a definirlo pila di letame….beh mettiti un po’ in bolla…non so che altro dire… probabile tu abbia sentito un’altro disco

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