Ancora uno speciale Cruz del Sur: MEGA COLOSSUS, STYGIAN CROWN, NEPTUNE POWER FEDERATION
Da queste parti non perdiamo mai di vista l’operato dell’etichetta romana Cruz del Sur. Che uscite non ne fa moltissime, ma sempre di qualità. Ci sono i dischi che ci gasano tantissimo ed altri meno. Ma anche di quelli meno, non occuparsene pare un delitto, perché comunque la qualità minima garantita è sempre diverse spanne sopra la media di quello che c’è in giro. L’altra volta fu il Barg a fare una carrellata di uscite che a lui erano garbate. Tra queste c’erano gli STYGIAN CROWN, che a meno di due anni di distanza ci ritroviamo con un secondo album, Funeral for a King. Che mantiene le coordinate chiare del precedente. Ovvero qualcosa tipo 80% Candlemass e 20% Bolt Thrower. Più che altro, per suono spesso e schiacciasassi, questi ultimi. Il resto è solennità doom epica figlia degli svedesi. Riffoni, riffoni, riffoni. Qualche delicatezza (poca). Più che altro riffoni, tempi lenti o medi e doppia cassa guerriera. A dare carattere a tutto quanto non sono particolarmente gli strumentisti. La cantante, semmai, Melissa Pinion. A voi stabilire se vi garba. Attitudine e fendenti. Io non ne amo l’intonazione e l’interpretazione e, siccome tende a dominare su tutto il resto, tende pure a influenzare il mio personalissimo giudizio complessivo. Diciamo che alcuni passaggi e melodie non sono esattamente dei capolavori. Alcuni passaggi. Sotto, il lavoro musicale è solido e senza guizzi particolari. Fosco e cupo. Il lato più buio dello sword & sorcery.
Stranissimi i MEGA COLOSSUS, da Raleigh, North Carolina, che già tre anni fa avevano tirato fuori un disco che aveva girato parecchio, Riptime. Stranissimi mica tanto per il genere, che è heavy metal anche classico e arrembante, ma per il connubio suoni/produzione/attitudine: suoni allegrotti, produzione strapulita, attitudine cazzona. Non esattamente un gruppo fissato con gli anni ’80 ed il metal classico, anche se la grammatica parrebbe quella. Come suoni e produzione, non diversissimi da quelli dei By Fire And Sword, che però bene o male, anche nella mezza pagliacciata dei sermoni e dei pastori, fanno abbastanza sul serio. I Mega Colossus invece paiono proprio dei cazzoni. Suonano bene, parecchio bene, fluidi, melodici, veloci. E una mezza impressione, che avevo già proprio coi By Fire And Sword, con loro diventa una specie di certezza: pare che una frangia della NWOTHM stia riprendendo temi e forme dell’hardcore melodico californiano che andava venti e passa anni fa. Prima di chiamare gli avvocati, sentitevi Fortune and Glory, traccia iniziale del nuovo Showdown, uscito appunto per Cruz del Sur. Sentitela e ditemi se non sembrano un po’ quella roba tipo Lagwagon, No Use for a Name, No Fun at All. Nella parte veloce, nei riff, nella melodia, ma anche e soprattutto nel rallentamento sdolcinato che pare quando le band (presuntivamente) punk avevano il vezzo di fare cover dei tormentoni da classifica per fare i cazzoni. Il tutto, chiaro, con una potenza che quella musica non aveva, ma l’attitudine è più quella che non piuttosto quella di un gruppo heavy puro e rimastone. Non è un giudizio, è una constatazione. E Fortune and Glory è una canzone molto bella, gagliarda, da festa di compleanno il sabato pomeriggio. Non è del tutto indicativa del resto del disco, breve e veloce, di heavy metal tecnico, un po’ meno ruffiano, un po’ più prog, ma non prolisso, per nulla scuro o misterioso, ma godibile. Figurano come un gruppo epic, ma per me non lo sono. Power un po’. Però godibili. Poi per fortuna non c’è autotune, non sembra almeno. Perché pare musica giovane ma non c’è un riferimento che abbia meno di venti anni. Il finale con Take to the Skies è gagliardo almeno quanto l’inizio del disco, ma dal taglio diverso: spaziale e teso. Anche se mi spiazzano, davvero un buon gruppo, dai.
Torna pure THE NEPTUNE POWER FEDERATION, anche se noi non ce li eravamo ancora cagati troppo. Io li tenevo sott’occhio da almeno tre o quattro anni, ma il precedente Le Demon de l’Amour non mi aveva preso troppissimo, non so perché, e quindi era passata in cavalleria la voglia di scriverne. Il nuovo Goodnight my Children invece mi ha preso bene bene. La formula, per chi li conosce, resta invariata: rock’n’roll australiano, con tante influenze hard rock, AOR, bubblegum glam e una grandeur teatrale da stadio. Roba agli antipodi che però insieme funziona, in qualche modo. E pur rimanendo una rock’n’roll band da palco medio, piccolo o giù di lì. E visto che di recente ho sparso un po’ di fiele sull’ultima uscita dei Lucifer di e con Nicke Andersson, facciamo i soliti stronzi che hanno sempre un riferimento più fico e più underground e diciamo che, se devo prendere una band che riprende qualcosa dello stile degli Hellacopters, qualcosa, scelgo questi australiani qui. Goodnight my Children è godibilissimo ed orecchiabilissimo, tutto il corredo grand guignol e occulto ce li fa piacere anche di più, anche se c’è più stoogesità che sabbathianità. E non è mica un male. Se non li conoscevate, cominciate da qui sotto, da Let us Begin. Se li conoscevate già, godetevi anche questo bel disco. Memoirs of a Rat Queen forse era superiore, ma era anche maggiore l’effetto sorpresa. E poi in fondo è solo rock’n’roll ed è per questo che ci piace. Sarebbe da andarseli a vedere, speriamo in un prossimo tour che per ora sembra suonino solo per i tedeschi, qua in Europa. (Lorenzo Centini)
