Avere vent’anni: BOLT THROWER – Honour Valour Pride

Oddio, un disco dei Bolt Thrower senza Karl Willets! Oddio, un disco dei Bolt Thrower con un altro cantante! Piccolo particolare: l’altro cantante è Dave Ingram, uno che ne ha viste di cotte e crude e che all’epoca stava nel circuito death metal all’interno del quadrilatero britannico Birmingham – Coventry – Nottingham – Liverpool da giusto una ventina di anni e rotti. Uno dei grugniti più riconoscibili e disumani nel genere tutto che incontra uno dei groove più pesanti mai concepiti da mente (dis)umana. I pianeti si allineano.

Ora non rammento cosa si dicesse esattamente all’epoca, i ricordi sono troppo annebbiati dalla wódka e dalla śliwowica ingurgitata negli anni, ma penso fosse qualcosa di simile a quanto scritto nell’incipit, e anzi ho la netta impressione che qualcuno queste cose le pensi tuttora. Beh, non fatevi sentire dal sottoscritto, perchè Honour Valour Pride è semplicemente l’album che risollevò alla grandissima i Bolt Thrower dalla momentanea defiance di Mercenary, non proprio uno dei capitoli più memorabili del gruppo, riportandoli sugli stessi livelli, se non superiori (attenzione!) del classico …for Victory.

Honour Valour Pride è uno schiacciasassi impazzito che macina e schiaccia proprio come si addice ad un disco dei Bolt Thrower con la B e la T maiuscole. C’è proprio tutto: chitarroni allucinanti (i suoni sono forse davvero meglio di …for Victory), quell’incedere guerresco, come di una lenta ma inesorabile armata che avanza e miete vittime, un’ispirazione a livello compositivo davvero notevole e le linee vocali, oh, le linee vocali, sono davvero l’occasione per Ingram di riprendere da dove aveva lasciato, ovvero nel cimentarsi con autentici mostri del groove come in quel The Dreams you Dread di qualche anno prima, disco mai troppo celebrato.

Tutti, dico tutti i pezzi di Honour Valour Pride indurranno scapocciamento a livelli potenzialmente dannosi per la spina dorsale, e, scusate se insisto ancora, QUEL grugnito, quel maledetto grugnito, cattura l’attenzione facendo dimenticare per tre quarti d’ora buoni il buon Karl Willets, che proprio in quel periodo decise di tornare a scuola e diplomarsi, ché non si sa mai. Affermazione pesante, lo so, però non parliamo certo dell’ultimo degli stronzi quando mettiamo in risalto il fatto che la “voce” di Dave Ingram sarebbe anche potuta essere là sin dall’inizio e nessuno avrebbe avuto un cazzo da dire. Poi, e questo è ovvio, Realm of Chaos e soprattutto Warmaster e The IV Crusade rimangono dischi che dovrebbero essere patrimonio culturale dell’umanità e che sono irripetibili. Honour Valour Pride in tutto ciò ha però il merito di avere risollevato, qualitativamente parlando, le sorti dei Thrower in un momento grigio, e di essere diventato un classico a tutti gli effetti, avendo messo in chiaro le cose su chi avesse l’artiglieria più pesante in un’epoca in cui il death metal entrava in profonda crisi. Se solo ne avessimo avuti di più di dischi così nel 2001… (Piero Tola)

2 commenti

  • Ok che manca Karl Willets però i pezzi sono sempre quelli dei Bolt Thrower, quindi superiori ad un buon 80% dei gruppi Death mai esistiti. Se con queste mattonate in tempia ci si sta a preoccupare del cantante allora non si è proprio capito il concetto di questa band e di questa musica.

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  • Un mio amico me lo prestò in digipack (che si apriva in quattro, tamarrata assurda) dicendomi “senti! suonano come una motosega”. Si ripresero alla grande, e Those Once Loyal li fece chiudere (purtroppo) in bellezza (per fortuna)

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