La luce di un giorno nuovo: trent’anni di In the Nightside Eclipse

Barg: Cosa si può dire di In the Nightside Eclipse? È uno dei dischi più belli che abbia mai sentito, di una bellezza sfolgorante di cui tuttora, dopo più di un quarto di secolo dal primo ascolto, non riesco a capacitarmi. Non solo perché gli Emperor non si sarebbero mai più ripetuti (peraltro finendo anche abbastanza male), né perché nessun altro in assoluto si è mai più avvicinato a questi livelli, ma proprio perché questo disco è unico. Non c’è niente di paragonabile. Quella voce, quel suono, quella produzione, quell’uso delle tastiere e tutto il resto: incredibile pensare che dei ragazzini nel 1994 siano riusciti a creare una cosa del genere. Un blocco unico che però, incredibilmente, in conclusione tira fuori due dei più grandi singoloni della storia del black metal. Ma quello che più mi ha sempre colpito di In the Nightside Eclipse è la sensazione di freddo che trasmette. Il muro di chitarre in realtà è un muro di freddo. E, in quei pochissimi secondi quando la musica si ferma e poi ripartono di colpo le chitarre, sembra di essere davanti a una montagna di ghiaccio che emerge dal mare artico, mordendo e inghiottendo la pietra, facendoti sentire piccolo e inerme di fronte all’enormità indifferente della Natura. È una sensazione che non ho mai trovato da nessun’altra parte.

Michele Romani: Come ho già raccontato, In The Nightside Eclipse non l’avevo acquistato ma preso “in affitto” per tre giorni dall’oramai defunto Return Compact di viale delle Milizie. La scelta cadde sugli Emperor per due ragioni: la pazzesca immagine di copertina e il consiglio di un ragazzo che mi aveva visto indecisissimo tra questo e Battles in the North. In realtà volevo prendere il secondo, ma ‘sto tizio (che poi scoprii essere uno dei fondatori di una webzine molto “true”) insistette perché io prendessi In The Nightside Eclipse, raccontandomi che tre quarti della band erano in carcere per omicidio e per aver abbrustolito chiese, e che quindi difficilmente in futuro avrei potuto sentirne altro materiale. Ricordo ancora questo pomeriggio primaverile in cui torno a casa con un mio amico, saluto mia madre e ci chiudiamo in camera mia curiosissimi di come potesse suonare ‘sto fantomatico black metal. Passato l’intro industrialoide, parte Into the Infinity of Thoughts e mi ricordo ancora le nostre espressioni totalmente sconvolte, perché realmente non capivamo cosa stesse succedendo. Ricordo il mio compare dire: “Ma hai problemi con l’impianto stereo o suona proprio così sta roba?”, alchè gli rispondo: “No, funziona benissimo, però in effetti pure io non ci sto capendo un cazzo”. Stoppo più o meno a metà di The Burning Shadow of Silence, il mio amico va a casa e io torno a sentire i gruppi gothic metal della Century Media per cui ai tempi andavo matto. Alla fine però In The Nightside Eclipse lo acquisto, perché nonostante lo scetticismo iniziale sentivo che qualcosa in me era scattato. Non lo toccai per un’altra settimana buona, finché una notte insonne me lo sparai in cuffia tutto quanto, e la vita per me cominciò ad assumere un altro significato. Una postilla su cui mi è capitato discutere più volte: al contrario di quanto si usa spesso dire, questo NON è black sinfonico, è True Norwegian Black Metal novantiano cui le tastiere danno quell’alone di misticismo che fino ad allora non si era sentito da nessun altra parte. Sinfonico presuppone delle sinfonie musicali, e l’unica presente qua dentro è quel minuto e mezzo da brividi posto in mezzo a The Majesty of The Nightsky, tutto il resto non c’entra assolutamente nulla.

Questo è il mio disco preferito in assoluto, e il fatto che sia stato così amato e apprezzato da gente che a solo a sentire la parola “black metal” si mette a ridere ne dimostra tutto il suo valore incommensurabile. Perché una roba del genere non uscirà più neanche tra diecimila anni, e su questo statene certi.

Bartolo da Sassoferrato: Il primo disco degli Emperor. Non so se ci siamo capiti. In the Nightside Eclipse usciva nel 1994, e già solo con questo disco potrebbero essere annoverati tra le più importanti band black metal della “seconda ondata”. Certo, io lo ascoltai la prima volta solamente sei anni dopo. E sempre dopo sviluppai la consapevolezza che, con questo disco, gli Emperor stabilirono un nuovo standard qualitativo. Un riferimento duraturo per tutto il black sinfonico posteriore. Compito non da poco se si pensa che, praticamente, la sezione “orchestrale” è composta da Ihsahn e da una tastiera. Lo status di pietra miliare, di grande classico, risulta evidente a chiunque provi a riascoltarlo oggi: le canzoni conservano tutte la loro maligna grandiosità. Otto pezzi impeccabili, che evocano raffiche di vento gelido e assalti di caos dissonante. Chiaramente, come da cliché, molti hanno provato a emularli, cercando quindi il bilanciamento perfetto che la band ottenne miscelando creativamente maestosità e ferocia, melodie agghiaccianti e sfuriate elettriche. Pochi ci sono riusciti. Sarà per il lavoro in fase di composizione? Qui gli Emperor sono riusciti a sposare bene riff di chitarra anche piuttosto complessi con parti più basilari di tastiera, facendo in modo che le parti strumentali si sostengano a vicenda e amplificando la resa “teatrale” del disco. Siamo ancora lontani dalla direzione che prenderanno poi in futuro, durante l’epoca della sperimentazione più spinta (IX Equilibrium e Prometheus). Qui, il particolare screaming di Ihsahn ancora scintilla in tutta la sua raggelante magnificenza. Un disco irrinunciabile.

Griffar: Io non so se sono degno di scrivere qualcosa su In The Nightside Eclipse. È … è un disco talmente enorme, dal valore storico e intrinseco talmente elevato che mi sembra irrispettoso scriverne qualsiasi cosa. È come voler commentare la Divina Commedia, cosa ne scrivi? Non credo ci siano nel dizionario italiano parole adeguate a glorificarne l’incommensurabilità. Concepito in tempi turbolenti (Faust e Samoth erano stati gentilmente invitati a trascorrere qualche tempo nelle patrie galere) e composto quasi per intero l’anno precedente, attorno all’uscita dell’album si era creata un’attesa spasmodica. Si immaginava tutti che sarebbe stato qualcosa di unico, ma non si sapeva fino a che punto. Ora si sa: Oltre. Oltre ogni album ascoltato prima di allora. La produzione di Pytten, i Grieghallen studio, gli arrangiamenti di tastiera che ne fanno il primo disco symphonic black metal della storia, quelle orchestrazioni che rendono ogni pezzo più maestoso della Maestà stessa messa in musica; l’atmosfera notturna, vorticosa, turbinosa, tumultuosa di tutti i pezzi non ha eguali in nessun altro album black metal di qualsivoglia sottogenere si possa parlare. Non c’è assolutamente niente che sia al di sotto della perfezione. Un disco che non risente minimamente del passare del tempo, che avrebbe cambiato sensibilmente in peggio la storia dell’intera musica rock se non fosse mai stato scritto. Semper imitatum numquam idem, In the Nightside Eclipse ha dato vita a migliaia di gruppi impegnati nella disperata (e mai riuscita) impresa di anche solo avvicinarcisi. Non ci sono riusciti neanche loro stessi purtroppo, sebbene, vista a posteriori, non so quanto ci sarebbe piaciuto ascoltare un In the Nightside Eclipse parte seconda: certi lavori devono restare unici. Infine anche Anthems to the Welkins at Dusk è un signor disco, ma a questi 48 minuti e mezzo di Arte Assoluta non riesce ad approssimarsi, mancando l’obiettivo neanche di poco. Io ne possiedo quattro versioni: CD e LP comprati immediatamente all’uscita, il doppio CD digibook che contiene una versione rimasterizzata dell’album (pubblicata in occasione del ventennale) più qualche altro bonus specialmente grafico (nel booklet) e il picture disc. Obietterete che non ha senso avere lo stesso disco in più versioni differenti, ma in casi come questo io la penso del tutto diversamente.

5 commenti

  • Avatar di Simone Amerio

    Come scrive giustamente Griffar, che vuoi dire di nuovo su questo disco? Rimpiango solo che per motivi anagrafici li abbia scoperti tardi. Tra questo e Anthems to the Welkins at Dusk non saprei cosa scegliere, sarebbe come chiedere ad un genitore quale figlio preferisce

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  • Avatar di Carolina84

    Disco fondamentale, anche se io personalmente trovo il successore più maturo e completo. Ihsahn è un genio comunque, quello che ha fatto poi come Peccatum e solista è fantastico (almeno per me).

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  • Avatar di Fanta

    In the Nightside Eclipse, Hvis lyset tar oss, De mysteriis dom sathanas. Non ricordo con quale successione cronologica, ma una cosa è certa. Li presi tutti e tre a qualche giorno dalla data ufficiale di uscita.
    Posso dire di essere un uomo fortunato se ci penso. Idem per Griffar e Michele, probabilmente.
    Abbiamo vissuto in tempo reale un cambio di paradigma che farebbe impallidire persino Thomas Khun. Perché il black metal è stato ed è ancora, per quel che mi riguarda, anzitutto rivoluzione.
    Non esiste nessuna seconda ondata. Questa è per chi scrive l’unica gigantesca onda che ha via via assunto le proporzioni di uno tsunami. A posteriori poi si possono scrivere e categorizzare piccole e grandi stronzate.
    Venivo dai Darkthrone in precedenza. E dagli Immortal. Ma la chiave per comprendere i Darkthrone, soprattutto, passò dalla toppa di questi tre dischi.
    Almeno per me, ovviamente.
    Continuo a pensare che il coraggio artistico, il perturbante, la commistione più impensabile e la creatività si incrocino, come una rosa dei venti, in ciò che pone al centro il riff che fa vibrare sino allo spasmo la “mano destra” del Diavolo.

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  • Christian Princeps
    Avatar di Christian Princeps

    Disco magnifico senza dubbio ; però gli altri tre degli Emperor(seppur differenti)sono inferiori solo di poco a questo. Più in generale la scena black metal norvegese anni ’90 è uno scrigno saturo di tesori.

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  • Avatar di Duke Dearth

    Renturn ad Ottaviano fu foriero di innumerevoli scoperte anche per me: la discografia totale dei Mercyful Fate (quando c’era anche Ricordi al posto di Feltrinelli che vendeva caterve di metal) e migliaia di altri cd. Fortunatamente nel mio giorne di metallari che stanziavano a Piazza di Spagna ce ne erano alcuni che amavano il death, e il black appunto alla follia. Uno di loro mi prestò il cd, fresco di negozio e fu veramente epocale las scoperta. Erano i tempi dei primi album di Burzum, il primo, inestimabile degli Enslaved, e questo capolavoro, con un uso delle tastiere che si intersecavano con le trame della chitarra, veramente inestimabile. Al tempo pochi gruppi inserivano le tastiere nel metal estremo, e in maniera differene dagli Emperor (ad esempio, nel death tecnico i Nocturnus).
    Ma gli Emperor furono veramente pionieri

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