Le ultime in casa Sakis Tolis: il nuovo progetto χξς΄(più un curioso addendum)
Come cazzo ho fatto a perdermi sto disco non si sa. L’ho scoperto qualche giorno fa, non avevo alcuna idea che fosse uscito e neanche che fosse in programma. E invece era uscito nell’autunno scorso. Pensate come sto messo. Certo il nome non aiuta: χξς΄ sta per 666 in numerali greci, e io non è che ho la tastiera con le lettere greche; per cercarne notizie tocca quindi copiaincollare, e nonostante tutto di notizie non se ne trovano poi troppe. Di base so solo che l’ha scritto e suonato il solo Sakis, immagino nel suo studio di registrazione personale; mi piacerebbe dire nei ritagli di tempo, ma questo nei ritagli di tempo mangia e – forse – dorme, perché la sua occupazione principale è scrivere musica, in continuazione, senza fermarsi un attimo. Già due anni fa, forse meno, aveva fatto uscire il suo primo disco solista, che era una specie di riproposizione dei vecchi Rotting Christ di metà/fine anni Novanta. Ora questo, ma sotto un altro nome, perché ricorda un altro periodo dei Rotting Christ, cioè l’ultimissimo.
The Seven Seals of the Apocalypse (Revelations 5:7) è assai accostabile ai pezzi più lenti e marziali di Rituals e The Heretics, con quell’andamento ipnotico e ritualistico che tanto caratterizza l’ultima parte della discografia dei Rotting Christ. L’album è un concept sull’Apocalisse di Giovanni, ne segue pedissequamente la struttura cronologica e ne riprende testualmente vari passaggi con parti narrate eccetera. È più lineare dei due dischi sopracitati e ha una scrittura più semplice, senza troppe velleità. In questo senso potrebbe piacere persino a chi non ha apprezzato gli ultimissimi Rotting Christ, che in un certo senso viaggiavano più a balzi e scossoni da un punto di vista compositivo. I pezzi migliori sono in conclusione, specialmente gli ultimi The Wrath of God e Silence in Heaven. Ma il disco si gode tutto dall’inizio alla fine.
In calce, diamo testimonianza che Sakis ha fatto uscire anche una versione del suo debutto Among the Fires of Hell suonata completamente – e solamente – col pianoforte, giusto accompagnato da qualche tastiera d’atmosfera. Non sto scherzando: si chiama proprio Among the Fires of Hell – Piano Version. È una di quelle cose che a descriverle fai fatica a trattenere le risate, ma poi, per qualche motivo, scopri che funziona. A quanto ho capito, ma potrei tranquillamente sbagliarmi, non l’ha suonato lui in prima persona: anche qui, le notizie in merito latitano e bisogna fare un’operazione di esegesi di quelle poche che si trovano in giro. Di sicuro l’ha arrangiato tale Notis Tsigas, ma non ho capito se nella pratica a suonare sia poi stato quest’ultimo oppure lo stesso Sakis. Ad ogni modo è un’operazione concettualmente piuttosto scema che però in alcuni momenti assume un vago fascino dungeon synth, quelle cose che vanno bene di sottofondo mentre lavori, cucini o fai altro. Non avrei mai immaginato di dirlo e sono sicuro che la maggior parte di chi mi legge non mi prenderà sul serio, ma provate a dargli un’ascoltata, anche se non avete sentito il disco originale. (barg)


Mi dispiace dirlo, perché voglio bene a Sakis, ma trovo questo materiale così come le ultime uscite della band madre una roba abbastanza approssimativa, scadente, fatta in modo pedestre.
Non so se avete visto la copertina del prossimo disco dei Rotting Christ, per esempio. L’ennesima, inflazionata all’inverosimile, riproposizione della famosa opera di Thomas Cole, The curse of Empire.
Tralasciando i Candlemass, l’opera nello specifico campeggia, identica, sulle copertine di:
Exxplorer – A Recipe For Power (1994)
Arghoslent – Incorrigible Bigotry (2002)
Goat Explosion (bel monicker) – Rumors of man (2017)
Una persona addentrata nella scena, un professionista, per dio, non si può permettere leggerezze del genere.
Sento una gran puzza di decadimento, sperando che si risparmiano la fine dei Virgin Steele.
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