Soffia forte il Vento dell’Est: c’è forse una scena a Mosca
Qua a Metal Skunk non stiamo a pettinare le bambole. Siamo giornalisti seri, ben pagati. Bonus, assicurazione sanitaria, buoni pasto. Prendiamo molto a cuore il nostro ruolo. La nostra missione aziendale è offrire un servizio. Come fosse un servizio pubblico. Informare il nostro pubblico, specie se le notizie sono buone e succulente: morte, caos, distruzione. E magari piccoke scene che crescono. Oggi la notizia è che il Vento dell’Est, qualora a voi fosse sembrato che avesse smesso di soffiare, non ha smesso un bel niente. Un esempio: i moscoviti Vendel quest’anno hanno ripreso l’attività sul palco e noi siamo lì, rivolti verso la direzione dove nasce il sole, sperando nasca rosso del sangue dei Nemici del Metallo. Perché quel poco che abbiamo ascoltato ad oggi dei Vendel è magnifico ma non ci sazia mica. Ma la notizia oggi è un’altra. È l’esordio di un altro complesso della capitale russa, i Deathwind. Vento di Morte. Andiamo a parlarne ben lieti, anche perché, indagando ben poco (ovvero: cercando le altre band in cui militano/militavano i componenti), ci siano forse resi conto che qualcosa che assomiglia a una piccola scena, nella gigante Mosca, si stava formando da un po’.

Sulla sinistra, con le mani giunte in segno di raccoglimento, il chitarrista Vladimir Ukhanov
Il disco per Spotify sarebbe un Ep, ma è bello ciccioso e si intitola Triumph of Fear. E sono trentasei minuti di un death metal rozzo e diretto, quasi hardcore (quindi deathcore? Boh), quest’esordio lunghino dei DEATHWIND. Con buone digressioni doom, rallentamenti, assoli meno schizofrenici. Quando di solito iniziano coi fischi tipo bombe, tipo Slayer. L’attitudine marcia magari è più tra Obituary e Bolt Thrower, ma non è da sottovalutare mica l’idea che possano piacere ad un pubblico più hardcore, appunto. Anzi, ricordano per certi versi pure la stagione gloriosa della Victory, quando tanti gruppi hardcore (e mica tutti su Victory) scoprivano di avere in comune la passione per Araja & Co. Piace l’atteggiamento di Elina Troyan, alla voce. Non cerca di sembrare un uomo mascherandosi dietro un growl sintetico, non prova nemmeno ad ammiccare e far moine. Urla, sbraita, con la voce sua. Guida sicura il quintetto, che sotto macina riff e groove. Sette brani, sette mazzate, sette raffiche di un vento gelido, che porta Morte. Fossi in voi non me le perderei.

Sulla sinistra, con le mani giunte in segno di raccoglimento, il chitarrista Vladimir Ukhanov
La cantante Elina ed il chitarrista venivano dai GBVRH (esteso, Geburah), band dalle rigide quote rosa che si è malauguratamente sciolta, dopo due Ep e un singolo, prima di dare spazio ora ai Deathwing. E malauguratamente li recupero solamente ora. Perché non erano niente male. Elina qui cantava di voce pulita, solenne e profonda, ricorda mica poco Sara dei Messa, soprattutto nei primi Messa. Come timbro ed interpretazione. Poi quel che ci rimane dei Gbvrh è troppo poco per capire coda avrebbe potuto fare Elina in tal contesto (ok, Sara è a un livello che pochissime oggi possono raggiungere). Accomuna un riferimento vocale, nei passaggi più doom. Glenn Danzig. Catacombale e sensuale, come un vecchio horror in bianco e nero. Più esplicito nel caso dei moscoviti, il riferimento. Nell’ultimo singolo pubblicato c’è proprio una bella cover di Am I Demon, come lato B. A parte Elina, i Gbvrh avevano un che. Un modo di suonare doom classico, anni ’80, con suono e groove gelido e moderno. Era pure in corso una bella progressione, fossero arrivati ad un album intero sarebbe stato di che gioirne. Voi pure recuperate il singolo Sacrifice (qui in basso) e l’Ep The Die is Cast. Poi auguriamo tutto il meglio ai Deathwind, ma pure dovessero tornare indietro con la vecchiavragiobe sociale malebnon sarebbe. Peccato non averli supportati prima.

Sulla sinistra, con le mani giunte in segno di raccoglimento, il chitarrista Vladimir Ukhanov
Il chitarrista Vladimir Ukhanov, insieme al batterista Andreij Maslaev (anche lui ora nei Deathwind) hanno anche un altro gruppo, tutt’ora attivo, ma dalla produzione ancora esigua (anche qui, un singolo e due Ep). Il nome è ANOTHERSIDE e il genere è un death metal nero come il black metal. Anche qui, come nel caso dei Deathwind, i riferimenti sono nei ’90, ma diversi. Più macabri, più purulenti. Ora, che io non possa essere definito esattamente enciclopedico quando si parla di death metal, è pacifico. Genere che ascolto prevalentemente quando mi trovo annebbiato alla quinta birra di seguito a stomaco vuoto, chiuso da quattro giorni dentro una fortezza asburgica con attorno solo gente che parla lingue che non capisco. Specie queste forme di death qui. Comunque non mi sembrano affatto male gli Anotherside. A parte il nome, che fa troppo rock generalista. Il primo Ep, Death Eternal, l’hanno pubblicato nel 2019. Il secondo, Odors of Sepulchral, è invece del 2021. Belli marci. Tipo primi Entombed. Tipo Dead Congregation. Qualcuno credo di averlo incuriosito. Gli lascerei allora l’ascolto dell’ultimo singolo pubblicato, From Decimating Anguish, del 2023, ma non lo trovo su Bandcamp. Vai allora con Odors Of Sepulchral. E massacro sia.

Esisteranno band metal a Mosca che non coinvolgano il chitarrista Vladimir Ukhanov? Sicuramente sì, coi milioni di abitanti della Terza Roma. Ma siccome ci limitiamo oggi al cerchio che gira attorno ai Deathwind, peschiamo alla fine gli UNHOLY NIGHT, nei quali suona la chitarra il bassista dei Deathwind, Lepeha. Per la gioia dei più alcolizzati e punkettoni tra lettori e redattori, gli Unholy Night suonano quel misto di black/thrash/speed metal che ci piace tanto. Oggi li sentivo in cuffia e mi chiedevo se valesse la pena massacrarsi l’udito per una minuscola band speed/thrash russa. Entro al bar per un caffè, tolgo le cuffie, stanno ascoltando Non Amarmi di Leandro Baldi. Sì, meglio fottersi l’udito per l’ennesimo gruppo stile Osmose. Lo forza degli Unholy Night non sono tanto i riff tipo Motorhead, è la voce di Adok (Виктория) che vomita acida e straziata. Si diverte, si capisce benissimo. L’attitudine è tutta punk, buona la prima, e va bene. Anzi, benissimo. Dopo demo, un Ep (Succubus, 2020, fico davvero) e un paio di singoli, i moscoviti sono apparsi l’anno scorso in uno solito a quattro, Faster than the Fucking Devil, con tre band analoghe statunitensi, tra cui i Black Knife che quest’anno hanno fatto un disco intero sul quale magari torniamo, appena trovo il tempo. Ce la faranno anche gli Unholy Night ad uscire con un disco intero? Lo spero davvero. Intanto qua sotto vi lascio Succubus, anche se è vecchiotto, perché è l’unico che ho trovato su Bandcamp. E per oggi mi ritengo soddisfatto, dai. Dite che è presto per parlare di scena, visto che abbiamo una manciata di Ep e singoli, manco tutti recentissimi e i musicisti sono sempre quelli? Può darsi. Però occhio ai Deathwind. Sono una gran figata. E se riescono a farsi valere, c’è da scommettere che riescano a trascinarsi pure qualcun altro. Voi conservate la vostra riserva di Рoссийский Коньяк per quando sarà l’ora di fare casino. (Lorenzo Centini)

Dei Vendel è uscito il nuovo singolo (Never Surrender), anticipazione del primo full-lenght in arrivo il 14 giugno!!!
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