A Dialogue with the Eeriest Sublime, il gradito ritorno dei VERTEBRA ATLANTIS

A due anni di distanza dal debutto Lustral Purge in Cerulean Bliss, uscito per I, Voidhanger records e accolto assai bene dalla critica, e spero anche dal pubblico, ritornano i Vertebra Atlantis, il progetto solista di G.G. (Gabriele Gramaglia, vedasi Cosmic Putrefaction, comunque sempre aiutato da altri amici). Sempre per I, Voidhanger, la quale come ben si sa produce quasi esclusivamente musica al di fuori degli schemi; questo disco, se possibile, incasina ancora di più la vita dello scribacchino di turno – me, in questo caso – perché è ancora più complicato rispetto al già non linearissimo precedente e toglie parecchi punti di riferimento, che non saranno indispensabili ma agevolano nella descrizione della proposta musicale.

A Dialogue with the Eeriest Sublime è un disco molto complesso, molto elaborato. Si potrebbe anche definirlo blackened death metal, perché ha diversi punti di contatto con la musica proposta da gente come Abyssal, Mithocondrion e altri. È tuttavia anche molto tecnico e spesso dissonante, e allora si può dire che la musica dei Vertebra Atlantis abbia radici anche nel campo d’azione degli Ulcerate. Nel pezzo di apertura Into Cerulean Blood I Bathe si rinviene un riff slayeriano che ricorda da matti War Ensemble perfettamente inglobato in tematiche del tutto estranee agli Slayer, e lungo tutta l’opera aleggiano mefistofelici gli spiriti di Immolation e Morbid Angel. C’è tanto più death metal in quest’opera, il black metal arriva sporadicamente, quasi solo nelle parti più atmosferiche e orchestrali, come nella lunga Desperately Ablaze, From the Lowest Lair, nella quale compaiono anche arrangiamenti di flauto traverso oltre a decine di altre soluzioni diverse, tra stacchi improvvisi di chitarra pulita, accelerazioni brutali, tastiere riempitive e melodiche, inserti di archi e crescendo operistici verso il finale in tragedia. È anche un disco che secondo me piacerà molto ai fan dei Sulphur Aeon e a tutti coloro che apprezzano musica violenta suonata da strumentisti tecnicamente preparatissimi che non disdegnano di mettere la tecnica al servizio della canzone anziché farne sfoggio punto e basta, e che nelle composizioni mettono qualsiasi cosa passi loro per la testa, senza porsi troppe domande o farsi seghe mentali se quanto stanno scrivendo si adatti al contesto o meno. Così, nella strumentale Cupio Dissolvi, si arriva ai limiti del progressive acido contaminato da melodie stranianti, a tratti veramente difficili, ma questa è una peculiarità che ritroviamo in tutto il corso dell’album: sembra che il primo obiettivo sia stato quello di intricare le strutture dei pezzi ed aumentare la difficoltà del riffing sia a livello esecutivo che di fluidità dell’ascolto.

Per apprezzare appieno A Dialogue with the Eeriest Sublime non basta un ascolto e non ne bastano neanche dieci; c’è assolutamente bisogno di aver voglia di entrare in mondi poco esplorati dove innumerevoli sentieri si diramano dal principale, nessuno dei quali si sa dove porti, senza sicurezza di poter tornare indietro. Per darvi un’idea, il pezzo omonimo che chiude l’album ai primi ascolti mi sembrava ispirato dal David Bowie più acido. Man mano che si sono accumulati gli ascolti ho scoperto più sfumature, più elettricità, più sovrapposizioni di chitarre distorte, e ho apprezzato l’incedere marziale in continuo crescendo e le voci femminili che accompagnano il cantato pulito dell’ospite Giorgio Trombino (se ne occupa una cantante professionista swing, Daniela Ferrari Boschi), che tanto mi ricordano il post-rock psichedelico di gente come Below the Sea e, perché no?, i Mogwai di Hardcore will Never Die, but you will. C’è tanta carne al fuoco, dunque. Ci si mette del tempo a capirlo, ma il nuovo Vertebra Atlantis è un gran disco. (Griffar)

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