Inni apocrifi e calci nel didietro: il nuovo SUFFOCATION placa la sete di sangue che è in voi

Quest’anno, dopo i Cannibal Corpse, si fanno sentire anche gli altri anziani signori del death brutale e granguignolesco, ovvero i Suffocation, per la prima volta orfani quasi del tutto ufficialmente di Frank Mullen. Del resto ormai solo il simpaticissimo e solare Terrance Hobbs è rimasto nei ranghi dai tempi in cui la gente incredula pensava, ascoltando Human Waste o Effigy of The Forgotten, che il mangianastri si fosse guastato mentre sentiva i grugniti del signor Mullen. Tanta acqua è passata sotto i ponti, e oggi, sempre pimpanti e pronti a dare calci in faccia con le scarpe dalla suola carrarmato, i nostri newyorchesi tornano a quattro anni di distanza dal sempre bello …of The Dark Light.

Il nuovo disco si intitola Hymns From The Apocrypha e la formula è quella, sempre invariata, di Pierced From Within e dei suoi fortunati fratelli degli anni Novanta. Roba che personalmente va bene per tutte le stagioni. Perché? Perché di riffazzi trucidi, blastoni, rallentamenti, grugniti e varie intuizioni tecniche o meno tecniche che questo stile porta non ci si può stancare, mai. Figurarsi quando sono i maestri a farlo.

Hymns From The Apocrypha questo è: l’ennesima lezione di brutalità e sapienza tecnica. Ormai quello che differenzia le varie produzioni sono i suoni. Laddove il precedente …of The Dark Light era più spartano e forse un filino più “autentico” e “spontaneo”, quest’ultimo album ha una produzione abbastanza moderna – ma, attenzione, non plasticosa. Semplicemente chiara, netta, pulita. Va bene così, l’importante è che si tirino i calci in bocca, e se macellai si nasce, i Suffocation, cari miei, lo nacquero. Il nuovo cantante, di cui si servirono già in sede live quando Frank Mullen decise di smettere di viaggiare, è appunto Ricky Myers, quello che rutta con successo già nei Disgorge. Un orco assoluto che non fa rimpiangere la leggenda che sostituisce. Gli altri sono gli ormai soliti Derek Boyer, quel mostro di Eric Morotti e Charlie Errigo, tutta gente laureata a pieni voti all’università del death brutale. Frank Mullen compare nell’ennesimo remake, ormai in ogni disco o quasi, del pezzo di Breeding the Spawn di turno. Stavolta è toccato a Ignorant Deprivation.

Se come me traete grande piacere da certe sonorità che gli esseri umani normali manco riescono a concepire e state sempre in attesa delle nuove uscite, allora questo disco sarà uno degli eventi dell’anno, un must assoluto. Loro non hanno bisogno di presentazioni né di troppe marchette, lascio a voi ogni giudizio e vi auguro buon sanguinamento di orecchie. (Piero Tola)

3 commenti

  • Ho visto recensioni altalenanti e accuse di modernismo (d’altro canto non siamo nel 1995). A me sta piacendo molto e sono d’accordo con la tua analisi.

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  • Di certo non è una ciofeca. Poi ai Suffocation si vuole bene e tanto.
    Però l’ho trovato un disco più semplice e lineare del previsto.
    Gli altri mi lasciavano sempre qualcosa, uno o due pezzi che spiccavano sul resto.
    Qui no. Magari è solo gusti e pochi ragionamenti, però manca qualcosina.

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  • Hail Suffocation!!! Ammetto che dopo l’omonimo mi avevano un po’ stancato ma poi finiscono per mancarmi… Vado all’ascolto! \m/

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