Avere vent’anni: KING DIAMOND – The Puppet Master

The Puppet Master, come tutti i dischi di King Diamond dai tempi di Abigail (1987), è un concept, il cui soggetto è una storia scritta dallo stesso Petersen (il Re), che viene narrata e accompagnata dalla musica. Ci troviamo quindi davanti a una cosa che potremmo definire metal opera, anche per l’uso di produzioni spettacolari, che non risparmiano gli effetti sonori e i recitativi per ampliare le possibilità espressive. La forma del concept è sempre un’arma a doppio taglio: se da un lato permette di avere un lavoro organico e controllato in tutte le parti, dall’altro può generare un limite nella parte musicale, la quale può trovarsi più allungata e subordinata rispetto al testo. Bisogna dunque saperla gestire molto bene per dare la giusta importanza ai vari aspetti. In casi molto ispirati come questo, il problema non si pone, per cui passiamo oltre.

PM-C

Le composizioni di The Puppet Master sono tutte di grande fascino, con un King Diamond molto concentrato, che a me piace proprio perché non esagera con i suoi falsetti, che non mi hanno mai fatto impazzire, e che è affiancato dal supergruppo in cui primeggiano Andy LaRoque e Mike Wead alle chitarre, molto valorizzate, mentre la professionalissima sezione ritmica di Hal Patino e Matt Thompson si limita ad accompagnare. Per i chitarristi sentire gli assoli è una goduria, anche perché la produzione, a cura del Re, è decisamente orientata sulle chitarre ed è anche una delle migliori nella storia della band.

Come di consueto i brani hanno una componente molto teatrale, che ben si addice alla forma-concept nonché al soggetto di The Puppet Master: un horror romantico ambientato nella Budapest di fine Settecento, che parla di un amore ostacolato da una vicenda soprannaturale.

Per completezza, qui potete vedere il filmato dove King Diamond racconta e spiega la storia di The Puppet Master, come appare nell’edizione limitata CD + DVD:

La particolare estetica musicale dell’album viene ottenuta grazie al barocchismo storico delle canzoni del gruppo ed è accentuato dalle doppie voci diffuse e dai cori, cui partecipò anche la moglie di King, Livia Zita. The Puppet Master è un disco che prosegue alla grande la tradizione dei King Diamond come gruppo e, come tale, lo si prende o lo si lascia, così come si poteva fare con la produzione precedente. Potrà essere indigesto per alcuni o un capolavoro per altri, è un tipico album che divide i pareri e le emozioni, ma proprio per questo va rispettato. Del resto è difficile catalogare o dire altro sulla produzione musicale di un artista che ha contribuito in maniera significativa a tutto l’heavy metal, fin dagli anni Ottanta, e che ha anche saputo dare una propria personale interpretazione al genere, influenzando generazioni di musicisti successivi. Ogni suo lavoro è una scoperta, un capitolo su cui soffermarsi e riflettere. (Stefano Mazza)

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