TOMB MOLD – The Enduring Spirit
Certo che non deve essere facile la vita di un gruppo metal più o meno underground. Quando non suoni più nelle cantine, sui giornali si parla bene – anche molto – di te e iniziano a nutrirsi aspettative nei tuoi riguardi. Hai l’ovvia ambizione di espandere il tuo pubblico, magari vuoi conquistare anche quelli che verranno ai tuoi concerti e che compreranno i tuoi dischi (sì, esistono, addirittura nel 2023! E il sottoscritto rientra in questa categoria), ma non è mica facile. Perché, volendo semplificare ed estremizzare un concetto ben più complesso, il pubblico metal vive o di amori incondizionati o di insoddisfazioni perenni, e le due categorie, molto spesso, non conoscono sfumature. E questo perché, come avevo scritto in occasione dell’ultimo ottimo album dei Katatonia, “come fai, sbagli”. E così se una band decide di rifarsi al passato verrà accusata di essere derivativa, se cerca di avere dei suoni contemporanei sarà criticata per i suoi suoni di merda (spesso, a giusta ragione), se cerca di sperimentare, tranne rari casi, verrà tacciata di essere pretenziosa, di voler allargare il pubblico, etc., etc.
In questo senso trovo davvero encomiabile il percorso intrapreso dai Tomb Mold che li ha portati a quest’ultimo The Enduring Spirit, il quale, pur senza dare l’impressione di un lavoro costruito “a tavolino”, potrebbe davvero accontentare tutti.

Parliamo di un gruppo partito da un death metal classico e marcio, di scuola Incantation, con assoli vicini a certi Death periodo Human e che, già a partire dal successivo, ottimo Planetaty Clairvoyance, ha iniziato ad ampliare i propri orizzonti con un lavoro sicuramente più ambizioso ed eclettico, ma senza snaturare il proprio suono. Dopo tre dischi in tre anni, probabilmente anche causa Covid e progetti paralleli, i nostri si sono presi una pausa decisamente più consistente e sono tornati dopo quattro anni con il loro miglior disco in assoluto.
The Enduring Spirit infatti riparte da quanto di buono fatto nel precedente album, le cui atmosfere sono apertamente riprese nella doppietta iniziale The Perfect Memory (Phtantasm of Aura) / Angelic Fabrications: ritmiche violentissime, cantato opprimente e melodie tracciate nei bridge e negli assoli, denotando anche una maggiore complessità nella costruzione dei brani. Questa complessità emerge in modo preponderante con la successiva Will of Whispers, vero e proprio spartiacque dell’album, che sorprende con un incipit quasi à-la Cynic e che si articola in un brano molto intricato e vicino a certi Atheist, in cui il cantante/batterista Max Klebanoff convince anche su registri diversi dal solito, quasi in stile Converge. Una complessità presente anche nei brani successivi, come Fate’s Tangles Thread – che si contrappone a composizioni più dirette e classiche come Flesh As Armour, che però contengono sempre dei momenti di contaminazioni, come nel finale – e che trova il culmine nella conclusiva The Enduring Spirit of Calamity, di oltre undici minuti. Una canzone estremamente strutturata, in cui i nostri spaziano tra i generi, concedendosi fraseggi fusion e assoli quasi progressive.
Fin qui sembrerebbe la classica parabola di un gruppo che scopre le proprie vocazioni pazze, geniali, follette e che, magari, comincia a strizzare l’occhio ad un pubblico altro rispetto a quello di appartenenza. E invece il maggior pregio di questo The Enduring Spirit è che si tratta di un disco di una coerenza encomiabile rispetto alle precedenti tappe dell’evoluzione della band e che non perde neanche un briciolo di potenza e impatto. Per intenderci, i Tomb Mold restano un gruppo death metal, non una band di fighetti, nonostante le lodi di Pitchfork e altri siti del genere.

I Tomb Mold, che a dispetto della loro proposta sembrano un gruppo di simpatici nerdoni.
La base resta quella old school di scuola Incantation, che aveva conquistato il pubblico degli appassionati; ed è su queste basi e all’interno di questo contesto che i nostri hanno deciso di sperimentare, senza snaturarsi e anzi acquisendo molti punti in termini di personalità. A riprova di ciò, come per il precedente Planetary Clairvoyance, abbiamo un disco assolutamente compatto, che supera di pochissimo i quaranta minuti di durata e che, pur non avendo suoni passatisti, non suona per nulla “plasticoso”, non ammicca a trend in voga di recente e rimane fedele alle stesse tematiche tratteggiate nei precedenti lavori. Cosa ancora più importante, ci troviamo davanti a sette brani che – come si dice sempre nelle migliori scuole di Parigi – spaccano davvero il culo, restano in testa e continuano a crescere a distanza di giorni.
Una delle migliori uscite del genere degli ultimi anni e la più fulgida dimostrazione di un gruppo che ha davvero tanto da dire. (L’Azzeccagarbugli)

Non molto differenti dai Blood Incantation, quindi ottimi.
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Recensione competente, bravo avvocà.
Mi fa rosicare non poco il mese che intercorre tra l’avvenuta pubblicazione digitale e quella fisica.
Perché me lo voglio accattare e devo ancora aspettare.
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Ascoltato una volta per ora dopo aver inoltre letto commenti di gente che li avvicinava oltre che ai Blood Inc. ai Cynic in certi passaggi, quindi alte aspettative; devo dire che il disco non è male magari al secondi ascolto sarà ancora meglio. Un 7 per ora.
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