INCANTATION – Unholy Deification

Vanquish in Vengeance e Dirges of Elysium avevano restituito agli Incantation l’appeal di gruppo che non ne sbaglia più una, riempiendo i garage di gentaglia, anche di giovane età, intenta a riprodurre un death metal plasmato sulla loro immagine. Per qualche anno è stata vera goduria, poi sono usciti Profane Nexus e soprattutto Sect of Vile Divinities e si è subito capito che non sarebbe durata in eterno. 

Non so se attribuire il calo di rendimento alla sostituzione di Alex Bouks con Sonny Lombardozzi. Il punto è che oggi gli Incantation, o meglio John McEntee, sostituiscono a sua volta Sonny Lombardozzi con Luke Shively, e qualche curiosità mi sento d’averla. Luke Shively è giovane, appena trentenne, e vanta un’esperienza di lungo corso nei Dismemberment.

IncantationUnholy

L’album si intitola Unholy Deification e ha per peculiarità una tracklist in ordine incasinato. La prima traccia Offerings (The Swarm) è in realtà indicata come la quarta in numeri romani; la seconda Concordat (The Pact) risulta il primo atto e via discorrendo. Che questo sia legato o no a un discorso strettamente lirico lo sanno soltanto loro: di sicuro si aspettano che gli scribacchini glielo chiederanno con avidità in sede di future interviste. Un suggerimento ai suddetti scribacchini: chiedeteglielo davvero, tutti, con insistenza, così gli passa la voglia di rifare una cosa del genere.

Veniamo al punto: Unholy Deification prosegue il discorso che ha riportato in auge gli Incantation con le ultime quattro o cinque pubblicazioni. Più melodia che in passato, più doom, più eterogeneità, così da non annoiare l’ascoltatore non predisposto. Ma in fin dei conti perché gli Incantation dovrebbero mai rivolgersi a chi non è in grado di godere di un capolavoro come Mortal Throne of Nazarene?

Homunculus (Spirit Made Flesh) – traccia numero quattro, ma è la nove – segue così un format ormai ricorrente inaugurato con Vanquish in Vengeance e la sua ottima Profound Loathing. Il problema è che questi brani doom cominciano a risentire di una certa stanchezza compositiva. Ci sono ben altre opzioni per rallentare i tempi e gli Incantation ce ne offrono prova in Convulse (World of Power) a suon di riffoni, merito forse proprio dell’inserimento di Luke Shively al fianco del leader storico. Concordat è il vero capolavoro del disco, quasi in apertura; bellissimo anche il feeling thrash metal in apertura a Invocation (Chthonic Merge) che è la quinta ma in realtà è la decima. In Circle (Eye of Ascension) troviamo dei corettoni in cui manca solo la comparsata di David Vincent.

L’album è un po’ più spedito e omogeneo rispetto ai suoi diretti predecessori e, in virtù di questo, potrebbe accontentare i fan incalliti. Qualitativamente la sensazione è di trovarsi sulla stessa linea d’onda di Profane Nexus e un gradino sopra a Sect of Vile Divinities, che stilisticamente era stato molto coraggioso ma non mi aveva accontentato quasi per nulla. Passettino in avanti per un moniker che non deve più dimostrare niente a nessuno, ma il ciclo inaugurato nel 2012 lo considero bell’e finito. (Marco Belardi)

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