La finestra sul porcile: TRENTA DENARI

In un paesino sperduto della campagna spagnola alcune persone sono raccolte in una stalla per far partorire una vacca. Al momento culminante, però, quello che la veterinaria si ritrova in mano non è un normale vitellino ma un essere umano neonato. O almeno così sembra.

Questa è la prima scena di Trenta Denari, escludendo una piccola premessa a cui in verità viene dato poco seguito. L’ho vista per caso, capitandomi durante uno zapping serale su qualche canale che non ricordo. Ho continuato a guardare per vedere come andava a finire ed eccoci qua.

Trenta Denari (30 Monedas in originale) è una serie spagnola ideata e diretta da Alex de la Iglesia, regista che dalle nostre parti ricordiamo con affetto per il suo El Dia de la Bestia del 1995, specie di commedia horror a forti tinte grottesche i cui protagonisti erano un prete e un metallaro appassionato di death. E la dimensione del grottesco è presente anche nelle otto puntate di questa serie tv, anche se purtroppo non quanto avremmo voluto e quanto sarebbe stato opportuno per renderla davvero memorabile.

Qui il vero protagonista è uno dei trenta denari per i quali Giuda tradì il proprio Maestro. Quest’oggetto si trova in possesso di un prete-esorcista che arriva nel suddetto paesino di campagna, ma è ricercato spasmodicamente da una potentissima setta satanica che ha già raccolto le altre ventinove e che vuole completare la collezione per guadagnare un enorme potere occulto. Questo dà il via a una serie di eventi che piano piano allargano il campo d’azione per arrivare a conseguenze che nel finale della stagione diventeranno catastrofiche.

La serie è abbastanza strana e per certi versi indefinibile. Le prime puntate sembrano quasi autonome, dato che ognuna si incentra su un episodio soprannaturale che si apre e si risolve nell’ambito della singola puntata; dopodiché tutto prende una direzione più omogenea, con gli ultimi episodi che fanno parte della medesima narrazione. Non saprei darne neanche un giudizio compiuto, dato che le buone idee e la bravura del regista vengono annacquate da un impianto fin troppo televisivo che spesso fa venire in mente Boris e Gli Occhi del Cuore 2. Buono il sopraccitato prete-esorcista, credibile nel ruolo di uomo tormentato da un Male che si manifesta fisicamente; gli altri due protagonisti, chiamiamoli così, sono Megan Montaner (convincente, nonostante un passato in immondi prodotti televisivi spagnoli quali Il Segreto) e Miguel Angel Silvestre, il sindaco del paese, un mammalucco dalla faccia di mammalucco che assomiglia un po’ a Edoardo Leo, con tutto ciò che comporta.

Come detto, la serie si lascia guardare soprattutto per il gusto di capire dove vuole andare a parare. Il suo difetto principale sta nel suo essere a metà tra l’impostazione grottesca tipica del regista e la resa televisiva, probabilmente imposta dalla produzione, che tarpa le ali alla fantasia schizzata di De La Iglesia. Questo rende più evidente la trama sconnessa e implausibile, che sarebbe normale in un horror grottesco ma che diventa a tratti fastidiosa in un prodotto normalizzato quale è, per molti versi. Fa strano perché dalla HBO ci si sarebbe potuto aspettare un po’ più di coraggio. È comunque un modo piacevole per passare il tempo sotto al condizionatore acceso, se non avete il mare a portata di mano. A breve dovrebbe uscirne anche una seconda stagione; speriamo che imparino dai loro errori. (barg)

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