AARA – Triade III: Nyx
Che gli Aara fossero dei fenomeni penso l’abbiano capito anche i sassi: non è che uno si sveglia al mattino, butta giù due riff e viene fuori So Fallen Alle Tempel. No, non funziona così. Devi avere qualcosa di diverso nel cervello, qualcosa che gli altri, i normali, il Griffar della situazione non hanno e manco possono sognarsi di averlo. Ci nasci, non lo diventi. Puoi diventare papa ed essere comunque un mentecatto, quello non necessita di alcun talento, ma, quando sei un artista e scrivi musica come quella di Triade III: Nyx, o sei il talento fatto persona o il giochino di prendere per i fondelli la gente non ti riesce, perché prima o poi qualcuno che vedendoti sfilare grida “il Re è nudo” lo trovi. E, armi e bagagli, te ne vai affanculo.
Triade III: Nyx è il capitolo conclusivo della trilogia ispirata all’opera scritta da Charles Maturin nei primi anni dell’800 e intitolata Melmoth l’Errante, libro che mi riprometto d’iniziare a leggere quanto prima ma la cronica mancanza di tempo mi tarpa le ali, mannaggia a Cronos e a chi se l’è inventato. La complicatissima trama di questo libro la potete trovare facilmente in internet quindi inutile che ve la sintetizzi io qui, l’importante è chiarire che gli album numero tre, quattro e cinque della discografia degli Aara sono tre concept legati tra loro e basati su quell’opera letteraria. In pratica un triplo album, progetto ambiziosissimo per una band che, volere volare, esiste solo dal 2019 (discograficamente parlando, il loro anno di nascita ufficiale è il 2018). Non si cimentano in imprese così maestose nemmeno gruppi decisamente più affermati, conosciuti, famosi o stimati. Una cosa simile non l’hanno concepita mai neanche i Genesis, ad esempio, che si sono fermati al doppio The Lamb Lays Down on Broadway. Nyx completa i capitoli Eos e Hemera, il primo bellissimo, il secondo forse un po’ troppo arzigogolato, complesso, meno spontaneo, più pesante. Lo fa nel migliore dei modi, perché, visto che lo hanno composto dei fenomeni, è un disco fenomenale. Da brividi continui. Da esclamazione “mamma mia” continua, ripetuta, intrattenibile. Un disco di una bellezza spaventosa, con riff sublimi, armonizzazioni magistrali, sovraincisioni di chitarre sbalorditive, violento, molto spesso lanciato a tutta velocità, eppure romanticamente melodico, con un sentore di ineluttabile, di catastrofico, di è-tutto-irrimediabilmente-perso, di sconfitta totale. Una debacle messa in musica. I sogni infranti, la vita che sfugge, le speranze che pur ben ultime, infine muoiono.
Questo è Nyx: 6 brani, 41 minuti di musica sublime (già l’ho detto ma preferisco ribadire). Vorrei con queste parole convincere anche chi di solito non ascolta black metal ad avvicinarsi a questo disco, perché è fuori categoria: molto probabilmente farete fatica ad apprezzare la voce, che è una sorta di screaming a-la Ihsahn estremizzato per quanto possibile, ma se riuscirete ad entrare nello spirito e a concentrarvi sulla complessità delle partiture e sulla difficoltà del suonare riff come questi a queste velocità ottenendo un risultato strepitoso, allora non avrò scritto questa recensione invano. Non pensavo, e l’ho scritto più volte, che gli Aara sarebbero riusciti mai neanche a pareggiare So Fallen Alle Tempel. Non è vero, mi sono sbagliato. Sono contento per loro e per noi tutti, Nyx non sarebbero riusciti a scriverlo neanche i Lunar Aurora. Se pensate ad un voto al disco in una scala da uno a dieci, ragionate dal 50000 in avanti. (Griffar)



Lo sto sentendo ora per la terza volta…discone, come minimo! Onore a Griffar per tanti buoni consigli, soprattutto grazie per i Rye (Рожь) che sto ascoltando a ripetizione da almeno un mese.
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Il disco è veramente valido ma questo mi fa incazzare ancora di più, perché trovo insopportabile il modo di suonare la batteria di Jöschu prezzemolo Käser. Non solo i suoni quindi (terribili); piuttosto lo stile freddo, robotico, l’utilizzo dei piatti, l’essere totalmente inadatto a un album black metal.
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