Avere vent’anni: ENSLAVED – Below the Lights
Finisce As Fire Swept Clean the Earth e ci si sente svuotati. Sei minuti e mezzo in cui succede di tutto e tutto sembra poter succedere. A quel punto si ha la coscienza di essere a uno di quei bivi in cui o il disco si conferma più o meno tutto a quei livelli oppure finisce per essere niente più che una promessa non mantenuta. Ma Below the Lights non tradisce, ed è per questo che a tutt’oggi rimane uno degli album meglio invecchiati degli Enslaved, al punto da essere stato riprodotto per intero durante il Cinematic Tour del 2020.
Primo album con Arve Isdal alla chitarra (tuttora in formazione, ha suonato con Demonaz, Malignant Eternal, Audrey Horne, gli I di Abbath) e ultimo con Dirge Rep alla batteria (anche se qui risulta solo come ospite), in Below the Lights si respira un potente senso di libertà compositiva. Il disco della svolta vera era stato il precedente Monumension, vero, ma qui è come se si fossero davvero resi conto che, in quel momento storico, potevano davvero scegliere mille strade e mille possibilità. I piedi erano su un terreno solido, il nuovo stile aveva ormai una forma ben definita e su queste premesse la coppia Bjornson/Kjellson continua a sperimentare giocando con tutti gli elementi.
E così, nonostante Below the Lights abbia un’atmosfera omogenea, molti pezzi finiscono per fare storia a sé. Ad esempio Havenless recupera un coro vichingo e lo innesta su una ritmica fratturata e ossessiva che si fa via via sempre più ipnotica, con una tastiera che aumenta il senso di straniamento. A Darker Place invece è uno svarione progressive in cui le atmosfere si fanno ariose e le chitarre svolazzano libere senza troppo preoccuparsi. Al contrario l’atmosfera notturna e riflessiva dell’album viene sublimata in The Crossing, con quell’andamento che ricorda la risacca marina; sembra di perdersi con lo sguardo sull’oceano nero che si infrange freddo sugli scogli norvegesi, prendendo coscienza della sua enormità, antichità, indifferenza. O ancora The Dead Stare, con il suo assolo classicone che riporta tutto a coordinate più immediate, con un ritmo in levare a tratti thrash che a tratti si incupisce grazie ad alcuni stacchi più sommersi.
Dopo qualche anno ci sarebbe stato Isa, e niente sarebbe più stato lo stesso per gli Enslaved. Monumension e Below the Lights, in questo senso, possono essere considerati una splendida breve parentesi di sperimentazione pura che aprirà la strada a uno stile più definito e uniforme. Non è un ascolto semplicissimo, ma alla lunga ogni minuto speso verrà premiato. (barg)


il disco che me li fece scoprire, ancora bellissimo
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