Avere vent’anni: CRYPTIC WINTERMOON – A Coming Storm
Quello che certe volte mi fa sorridere è che i grupponi, quelli importanti, quelli che conoscono tutti e che secondo la vulgata dovrebbero piacere a tutti, sovente vengono criticati a morte perché il livello delle loro opere non sempre corrisponde alle aspettative, specialmente se la carriera perdura a lungo, la formazione cambia per via dello scoglionamento di questo o quel membro storico, subentra la mancanza d’ispirazione, prende il sopravvento la voglia di esplorare nuove soluzioni che immancabilmente deludono i fan della prima ora o chissà che altro. Giù botte. Recensioni catastrofiche o sufficienze appena appena stiracchiate, paginate di deplorazioni, battaglie dialettiche tra i die-hard defender che sostengono il gruppo a spada tratta manco si stesse dubitando della moralità della loro mamma e i detrattori apostati, scene virtuali da riunione di condominio, bambini che piangono, querele e controquerele per la gioia dell’Azzeccagarbugli che fattura parcelle iperboliche ad ogni flame (mi dicono che oggi si chiamano gate, ora forse è più comprensibile).
E poi basterebbe cercare nel sottobosco per trovare autentici gioielli che sì, non saranno originali come i capostipiti ma alla lunga gli passano le paste, come si usa dire in Piemonte. Un esempio? I tedeschi Cryptic Wintermoon non li fila praticamente nessuno. Inquadrati agli inizi della carriera come un gruppo di black melodico in stile Mystic Circle, lì sono stati relegati e tanti saluti a tutti, ascoltarli non vale la pena. Col cazzo. Perché non mento se vi dico che A Coming Storm, loro terzo disco, è un favoloso esempio di death melodico svedese di palese marca primi In Flames (quelli che piacciono a tutti) appena indurito a tratti da passaggi più veloci un po’ in stile Noctes, A Canorous Quintet, Gates of Ishtar o Necrophobic quando si avvicinano maggiormente al black/death svedese (non di frequente ma succede).
Ritmiche ultramelodiche che non hanno bisogno di presentazione, assoli di chitarra mai banali (spesso in tapping) incastonati su partiture dinamiche e trascinanti, voci che sembrano uscite da The Jester Race, padronanza tecnica degli strumenti eccellente, abilità compositiva ben superiore al normale, fantasia, creatività, registrazione cristallina da manuale. Fosse uscito a nome In Flames oggi si celebrerebbe un capolavoro e ci sarebbe la fila per scrivere un saggio sul suo ventennale, invece sono i Cryptic Wintermoon e se non ci fosse Griffar che in questi meandri oscurissimi di roba che non si caga nessuno ci ha sempre sguazzato continuereste ad ignorarne l’esistenza (e peggio per voi). Smettete di lamentarvi degli ultimi deludenti dischi degli In Flames dunque e scaraventatevi ad ascoltare A Coming Storm, un disco che dura quasi un’ora suddivisa in 14 brani da urlo e che non ha una sola nota superflua o fuori posto, nemmeno nei tre interludi di sola chitarra acustica. (Griffar)


questo ce l’ho! all’epoca prendevo quasi tutto fosse più o meno riconducibile al melodeath e confermo che è una bomba…. molto sottovalutato. anche a me a volte ricordano i gates of ishtar, specie quelli di dawn of flames.
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