GHOST – Impera

Non ho mai capito perché al metallaro medio stanno così sul cazzo i Ghost. Perché non sono (abbastanza) metal?  Perché con quei costumi uno s’aspetta blast beat, chitarre zanzarose e voce al vetriolo, tutte cose che delle quali non v’è traccia alcuna? Perché sono paraculi? Perché mai? Cioè, perché gasarsi tanto con ogni sacrosanta fesseria prodotta dai Maiden negli ultimi vent’anni e bollare i Ghost come merda fumante? Che poi per carità, i Ghost di successo ne hanno avuto parecchio e ne hanno tuttora, solo che il loro è un pubblico eterogeneo, trasversale, che va dal metallaro al poco metallaro al nulla metallaro, ed è questo che penso infastidisca quella rilevante porzione di adoratori di Satana abbonati a Youporn che li smerdano: il fatto che i Ghost sono, sostanzialmente e mi odio per dover usare il termine appresso ma oggi non ho davvero voglia di cercare una perifrasi adatta, ecco, mainstream. Ruffiani, in altre parole, come detto paraculi, cicisbei del pubblico se vogliamo, di fatto dei disonesti in senso lato. È vero? Mah, forse. Può darsi. Ed è importante? Assolutamente no, se hai più di due neuroni che collidono in testa, altrimenti si tratta di uno spartiacque insuperabile tra cosa è buono e giusto e cosa non lo è, con i Ghost chiaramente da quest’ultima sponda.

Ecco, per me sono tutte cazzate, i Ghost mi piacciono un casino e anche Impera ha i suoi momenti, pur non risultando certamente il lavoro migliore di sempre di Tobias Forge; alla fine il mestiere di musicista (autore, meglio) è divertente e tutto fin quando non ti rendi conto che un album ogni due o tre anni vuol dire creatività ad orologeria, triste fatto della vita che rischia però di ammazzarla, la creatività. In questo senso Impera è appunto nella scia di Prequelle e anzi gli è ipoteticamente sovrapponibile, solo che è meno ispirato, non certo brutto ma in certi punto un po’ noioso, una copia carbone (chissà se qualcuno di voi che legge ha l’età per ricordare cosa sono) piuttosto sbiadita, pure se ampiamente utilizzabile perché nel farla c’è stato comunque molto mestiere. Cioè se uno si approcciasse ai Ghost questo sarebbe comunque un buon punto di partenza, visto che appunto i suoi momenti li ha: Spillways, Darkness at the Heart of my Love, Call me Little Sunshine e anche Twenties (dove tra fiati e arrangiamenti in certi frangenti pare di ascoltare una big band) sono tutti pezzi ottimi. Anche Watcher in the Sky non è male, per dire. Tra l’altro alle chitarre c’è Fredrik Akesson degli Opeth, che non è che abbia partecipato alla stesura dei pezzi o altro, però qualche positiva differenza rispetto agli album precedenti si apprezza bene ed è tutto di guadagnato.

Morale della favola: se non vi piacciono i Ghost perché non vi piacciono i Ghost ci sta. Se invece non vi piacciono perché qualche popstar ogni tanto dice di apprezzarli o si mette la maglietta con Papa Emeritus per fare una passerella, allora siete dei mentecatti senza appello che probabilmente hanno comprato, a caro prezzo e appena uscita, la versione limitatissima in vinile dell’ultimo Maiden con in omaggio un tarzanello di Steve Harris in una bustina sigillata autografata, che tengono sotto al cuscino, e che ogni tanto, di notte, quando è tutto buio e sotto le coperte fa così caldo, tirano fuori con attenzione, aprono, annusano delicatamente e rimettono a posto, per poi rimettersi a dormire con un sorriso soddisfatto sulle labbra. Che dire: contenti voi. (Cesare Carrozzi)

9 commenti

  • Pierre DuLavelle

    Sottoscrivo ogni parola – punteggiatura compresa – di quanto scritto dal Carrozzi in questa circostanza, sia per quanto riguarda l’analisi del disco in sé che per le osservazioni a latere su quella creatura mitologica nota come “metallaro medio” che dalla notte dei tempi lamenta e patisce la ghettizzazione del proprio genere preferito salvo poi accusare mancamenti vittoriani e cadere vittima di crisi esistenziali non appena l’artista di riferimento (nei confronti del quale inizia a tessere trame di feroce rivalsa e atroce vendetta che manco Il Punitore, il tutto per questioni di mero principio che spesso e volentieri sul piano artistico hanno relativamente poco a che fare con la presunta pietra dello scandalo) suscita l’interesse – o addirittura entra nelle grazie, orrore!!! – di un pubblico più generalista. Tornando ad “Impera”, credo che il difetto più vistoso che gli si possa ‘imputare’ sia quello di non aver portato, per la prima volta fino a questo momento, niente di significativamente nuovo o quantomeno di diverso sulla tavola dei Ghost: come sottolinea a mio parere saggiamente il Carrozzi, una creatività ad orologeria può rivelarsi – ed essere, come in questo caso – insidiosa anche per un autore dalla scrittura indubitabilmente felice come Tobias Forge. A questo giro dobbiamo ‘accontentarci’, ma è pur sempre un bell’accontentarsi: “Impera” rimane comunque (per me, almeno) un lavoro brillante pur non risplendendo appieno di quella brillantezza sinistra di cui i Ghost hanno ammantato fino ad ora la loro opera.

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  • Sempre piaciuti, li seguo dagli esordi. Quando mia figlia era più piccola, per farla mangiare volentieri, le dicevo che la mozzarella di bufala che stava a tavola l’avevo comprata alla fattoria di “Papa Ghost”. “È quella bona, l’ha fatta Papa e mi ha detto che ci tiene molto che la mangi”. Così è diventato un espediente valido per farle assaggiare cose che altrimenti avrebbe rifiutato a prescindere. La genesi di questa vicenda sta nel video di Cirice che aveva visto con me. Le era piaciuto in un modo ossessivo, soprattutto perché c’era la band interpretata da bambini e l’avevo accompagnata nel comprendere la storia.
    Se non finirà in qualche reparto di neuropsichiatria infantile credo che diventerà devota agli dei del metallo, anche grazie ai Ghost.

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  • Sempre in accordo col Carrozzi, che, devo dire, ce l’ha leggermente coi Maiden :)

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  • Denigrare leggende e osannare ridicoli clowns e’ diventato lo sport preferito del recensore medio sfigato….ma che pero’ si sente figo: non posso piacere a tutti…c’e anche chi ha gusti di merda (cit.)

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    • Perdonami, però il Carrozzi denigra l’ultima parte della carriera dei Maiden (che francamente è da “A Matter of Life and Death” che non ne azzeccano una) e dice che i Ghost gli piacciono, non che li osanna. La recensione sul disco in sè mi pare molto equilibrata.

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      • OK ma a volte si leggono delle boiate pazzesche su gruppi che hanno fatto la storia del ns. genere e elogi con tecnicismi ‘ad minchiam’ per band ‘di moda’ solo perche’ fa ‘figo’. E sta roba e ‘scritta da pennivendoli che a malapena sanno suonare il campanello di casa….

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    • Ahahahahahahhahhahha i prostrati sono meravigliosi.

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      • Pierre DuLavelle

        La butto lì: non potrebbe essere che questo piccato utente ci stia soltanto prendendo in giro? Voglio dire, non rendersi conto che commenti del genere danno di fatto forma e sostanza al ritratto del ‘metallaro medio’ delineato nel contesto della discussione suscita in proposito un ragionevole dubbio.
        Se invece così non fosse, ne toglie almeno un altro: la ‘mancata comprensione del testo scritto’ (eufemismo) si conferma ulteriore tratto distintivo della figura di cui l’utente in questione parrebbe essere fulgida epitome.

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  • “Impera” sta a “Prequelle” come “Hysteria” sta a “Pyromania”, insomma.

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