Avere vent’anni: GOD DETHRONED – The Grand Grimoire

Non sentivo questo disco da almeno quindici anni e non ricordavo fosse così bello. Ma bello per davvero, roba da farmi rimpiangere tutte le volte che ho cercato qualcosa di simile senza ricordarmi che The Grand Grimoire già esisteva, ed era così BELLO. Il motivo per cui non l’ho più ascoltato da allora, credo, sta nel fatto che lo associo ad un periodo molto particolare: quello dei primissimi anni di università. Fu uno dei primi dischi che mi masterizzò Ciccio, peraltro – immagino – completando lo spazio vuoto del cd con una scelta completamente a caso, del tipo la splendida doppietta Falconer/Cryptopsy su cd Verbatim che ancora conservo per ricordo.  Ecco: The Grand Grimoire, con il suo raffinatissimo pastone stilistico black/death/thrash/ventricina metal mi ricorda particolarmente quel periodo bohemien; mi ritrovo catapultato nella stanza di Ciccio dell’epoca, un quadratino di forse dieci metri quadri completamente imbottito di dischi, videocassette e carta di vario genere. Un ambiente angusto ed emanante un odore tra carta impolverata, legno impolverato, polvere ed aria consumata; e, come tocco esotico, l’iguana del suo coinquilino, un fattone calabrese che girava in mutande e aveva la stanza piena di santini. È facile dimenticarsi un disco che associ ad una situazione del genere, anche perché mi pare preistoria adesso. Mano mano che lo riascolto però mi ritornano in mente varie cose, e una in particolare: il testo della meravigliosa Under a Silver Moon, con il racconto in prima persona di un tizio che ha rapporti sessuali con la mamma di Gesù; tanto che nel ritornello rallenta di colpo e ripete COPULATIIIING MARIIIIAAAA, che all’università era diventato un tormentone ma me l’ero dimenticato. E poi la parte finale del testo, che smette di essere in prima persona e recita, con un senso dell’humour che non ci si aspetta: 

Josef screams in anger when he discovers her being pregnant:

How could it happen? I don’t know how to fuck!

It’s a gift from God, it must be.

Capirete che è gravissimo per me essermi dimenticato di tutto ciò. A quei tempi, quando non c’erano gli smartphone ed esistevano ancora i momenti di silenzio, capitava che uno dei due sbottasse e dicesse la frase di cui sopra, così, dal nulla. Oppure citazioni da Puttanic o dalla confessione dei Deviate Damaen, che però continuano ad ossessionarmi ancora oggi.

Una caratteristica stilistica di The Grand Grimoire è la contrapposizione, spesso anche troppo netta, tra parti incazzate e parti contemplative, diciamo così. Quando pestano sono davvero degli scaricatori di porto, tipo le parti veloci dei Dimmu Borgir di Enthrone Darkness Triumphant (che ancora doveva uscire, attenzione) però più thrashettone; nelle parti lente mostrano una inaspettata delicatezza melodica piuttosto fuori contesto, anche per il gusto svedese delle chitarre soliste. Ma, trattandosi del 1997, ciò era parte dell’affascinante ingenuità che rendeva quella scena così ammaliante.
Chiaramente non ho più seguito i God Dethroned dopo: nella mia mente il gruppo olandese coincideva con The Grand Grimoire, che ne era stata l’unica fulgida manifestazione. Ho peraltro recensito Ravenous, del 2001, sul Metal Shock cartaceo, ma non me ne ricordo una nota. Non ho la minima idea di cosa siano diventati, anche se pare che siano sette anni ormai che non fanno uscire più nulla; però a questo punto urge un serio recuperone, perché The Grand Grimoire è un capolavoro e non è possibile che si siano limitati a questo. A tutti coloro che non lo hanno ascoltato, invece, consiglio di procurarsi il prima possibile questo disco perché negli ultimi vent’anni di dischi del genere ne sono usciti migliaia, ma quasi mai all’altezza del secondo God Dethroned; e svariate band hanno avuto anche un discreto successo suonando roba incomparabilmente peggiore di The Grand Grimoire. Potrebbe essere la vostra scoperta del 2017, meglio tardi che mai. (barg)

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