WEAPON – Embers And Revelations (Relapse)
Ci sono band che hanno bisogno del lumìno per capire da che parte andare, ci sono band che il lumìno lo hanno sempre portato con orgoglio per poi rincoglionirsi in modo indecoroso (Morbid -coff coff- Angel), ci sono band che imparano dai maestri e portano avanti un discorso che magari non hanno iniziato ma che sono state capaci di interiorizzare fino a comprenderne il messaggio più intimo: e allora lanciamoci in questo mirabolante viaggio alla scoperta degli Weapon.
La provenienza geografica dei nostri mi dava l’idea dell’ennesimo gruppo War (che vorrà dire poi…) canadese alla Revenge/Conqueror/Blasphemy tutto borchie, caproni e produzione che pare abbiano affogato il master del disco nell’acido da batteria prima di metterlo in vendita. Mai stato più in errore: questi tre ragazzoni (che per la cronaca hanno costretto altre due band omonime a cambiare monicker per questione di copyright, in puro spirito Tyranny and Intolerance) sono invece dediti ad un death metal quadrato e marziale che si rifà a mostri sacri della scuola floridiana e a certo death di matrice europea, roba da crescere a pane, alci e Hate in cuffia.
Embers and Revelations è il terzo full e vi confesso di non aver mai sentito nominare gli Weapon fino a poco fa, skippandoli forse per pregiudizio nei confronti di quello che pensavo fosse l’ennesimo tentativo di estremizzare il black/death fino alla cacofonia (gli Angelcorpse andavano bene così com’erano, mettersi a copia-incollare i loro pezzi registrandoli con il microfono della Chicco non ti rende più figo, amigo). Beh mi sbagliavo,e parecchio, perché il disco in questione funziona maledettamente bene: pesante, definito e autoritario, con un occhio di riguardo per certi refrain alla Incantation capaci di stamparsi in mente (la parte centrale di Vanguard Of The Morning Star ad esempio). Che poi il comparto lirico verta sulle solite storiacce di demoni, satanassi e supremazia dell’oscurità poco importa: musicalmente suonano alla grande e direi che, in tempi in cui il death metal pare sia diventato il regno di gruppi che riversano in musica le loro delusioni amorose a colpi di breakdown, è tutto grasso che cola. (Luca Bonetta)

la cosa incredibile è che il death, pur se nella sua canonicità, riesce a reinventarsi…ed è un bene.
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Ottima segnalazione!
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