NWOTHM retro-futuristica: COLTRE – To Watch with Hands… To Touch with Eyes

I Coltre, da Londra, Regno Unito, potrebbero benissimo provenire da uno strano mondo parallelo in cui la NWOBHM primigenia avrebbe anche potuto prendere forme alternative. Intendiamoci, il quartetto che il nostro Tola ha gia incontrato, fresco di esordio, suona vecchio al 100% e perfettamente competente. Sostanzialmente aderente ai modelli principali, Angel Witch su tutti, ma pure Diamond Head per certa asciuttezza e propensione melodica. Lo scenario alternativo è dato da qualche dettaglio futuristico in arrangiamento, ma parliamo di un futuro già vecchio, quindi migliore. Vabbè, rischio di incartarmi per descrivervi questa sensazione. Vi basti pensare che, se Kevin Heybourne avesse avuto meno a cuore certa oscurità esoterica, agli albori, e fosse stato un po’ più solare e space-oriented (e pure più interessato alle classifiche), il suo gruppo avrebbe forse suonato qualcosa di simile a To Watch with Hands… To Touch with Eyes. Ma occhio quando parlo di Futuro, perché il suono è Vecchio (retrò, vintage, fate voi) ed è in questo assolutamente perfetto. Caldo, nitido, sa di valvole. Però ho pure citato due band che di canzoni ne scrivevano, mica no. Bene, pure questi Coltre male non stanno messi. Anzi. Una Rat Race, dal groove quasi funk (non spaventatevi) è un gancio da classifica di quelli che negli anni ’80 ci facevi i soldi. Chiaramente è ben ruffiana, per cui non mi sento di prenderla come brano rappresentativo di tutto il disco. Le preferisco, e un bel po’, la splendida Friends are Electric, che parte con un riff molto anglo, poi una linea vocale alla Sean Harris e il brano va avanti ben sicuro così. Ma poi schiude una gemma vera quando è il momento del meraviglioso special pop progressivo. Grandissimo pezzo, nemmeno l’unico dal tono sognante, viste le tastiere della successiva Through the Looking Glass.

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Se vi ho convinti ad ascoltarli e vi sembra che ci sia qualcosa di esotico nella proposta, avreste delle ragioni. I Coltre infatti (londinesi, abbiamo detto) sono stati fondati da un ragazzo romano, Marco Stamigna, voce e chitarra, insieme a quello che da qualche parte ho letto essere un suo compagno di studi, su in Albione, il chitarrista Daniel Sweed. Completano la formazione il bassista Max Schreck, che anche sarebbe italiano secondo Metal Archives, ed il batterista umbro Edoardo Mariotti. Insomma, al 75% una formazione tricolore, di orgine, ma al 100% inglese per suono. A volte la pronuncia di Stamigna tradisce un po’ dell’origine e la cosa non fa che aumentare quel senso di straniamento che offre un disco così. Che ripeto: sembra venire da un mondo parallelo. Ed è un disco veramente gagliardo. Teso, veloce, melodico, ben suonato e serrato. Scritto bene, fatto di canzoni e mezzi inni metallici (Temptress). I riff appartengono a quell’epoca in cui i gruppi heavy inglesi influenzavano quelli thrash americani e le soluzioni melodiche anche. Infatti, con poca cattiveria in più, ci metterebbe poco a diventare pure un disco di retro thrash. Signor esordio, comunque. E copertina fantastica. Pare un Magritte lovecraftiano, a proposito di sensazioni stranianti e realtà parallele. Non sono riuscito a scoprirne l’autore. Spero sia genuina, come la musica dei Coltre. (Lorenzo Centini)

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