Il buco con il riff intorno: REVOCATION – New Gods, New Masters

Un giorno tornavo da fare fotografia di paesaggio con un amico, anch’egli metallaro, e ci aspettava un viaggio di un’ora circa. Avendo chiacchierato per mezza giornata mi ha detto “metti un po’ di metal”. Deduco che i miei sproloqui sulla stabilizzazione a cinque assi del mio corpo macchina l’avessero ridotto a un vegetale.

Dovete sapere che questo tizio ha visto i Metallica nel tour del Black Album e i Death, a Firenze, in quello di Symbolic. Ha vissuto in diretta l’uscita di And Justice For All, non è nato ieri. Solamente, dopo gli anni Novanta, si è limitato a seguire in modo sporadico pochissimi gruppi fra cui i Dream Theater. Ha mollato un po’ tutto, e forse la colpa è anche dei Dream Theater, ma vaglielo a spiegare. Così, siccome avevo voglia di chiacchierare ancora (che strano, ndbarg), ho fatto un esperimento per metterlo in difficoltà e sentire che cosa ne pensasse.

Ho messo i Gojira.

Io ho visto il metal arrivare gradualmente ai Gojira e alle abitudini sonore dei metallari di adesso, a partire dai Pantera, che all’epoca sembrarono un gigantesco punto di rottura con tutti quei mosh e l’aver incollato i canoni del thrash metal a quei pesantissimi tempi lenti, le urlacce e tutto quanto il resto. Lui, che i Pantera li ha vissuti, ha fatto questo salto dal 1997 o giù di lì ai tempi di oggi in un attimo, perché avevo voglia di rompergli i coglioni.

Oggi ascolto i Revocation e penso le stesse cose che ha pensato il mio amico a metà estate. Netherheaven era definibile un bell’album, non mi fraintendete, uno dei loro migliori. Il giorno che ho recensito The Outer Ones non mi è passato nemmeno per l’anticamera del cervello che fosse brutto. Questa band ha inciso una decina di album più svariati EP e non new ricordo una sola canzone, il punto è questo. Per me questo significa che non sono in grado di scrivere le canzoni. I Mastodon, che appartengono al metal di oggi, le hanno scritte le canzoni. I Gojira, il cui ascolto non è semplicissimo per chi arriva con una Delorean dal 1997, le hanno scritte pure loro. Ma sui Revocation passo. Ogni loro album che affronto è un piacevole susseguirsi di bellissimi riff scritti dal Maestro dei riff David Davidson, stacchi tecnici di una raffinatezza proverbiale, ripartenze violentissime. Alla fine dell’album non mi è rimasto niente, è come quei noir scandinavi che hanno infestato Netflix ed in cui una coppia di detective, uno uomo, uno donna, che in passato hanno scopato ma non dovevano, e che oggi pigliano tantissimo Xanax, in due ore di girato trovano un cadavere, scoperchiano i segreti occulti di un paesino innevato, ma non ti trasmettono nulla che sia un’emozione.

Sono stati i suoni ad appiattirsi? Sono stati i cantanti a perdere empatia con quell’approccio metalcore? Sono stati i musicisti a diventare persone troppo normali, David DiSanto escluso? Sono stati i singoli a intitolarsi Cronenberged e a causarmi, pertanto, un bruciarmi incredibile allo stomaco? Non lo so che cosa è stato, ma qui mancano del tutto le canzoni, ragazzi. E dopo dieci album non è ammissibile. Volete ridere? La strumentale The All Seeing con ospite il chitarrista Gilad Hekselman è quella scritta meglio fra tutte, con i riff che finalmente risaltano, non sono massacrati dalla voce né massacrano il comparto solista. Tutto ha il suo spazio e niente pesta i piedi a niente in questa disordinata cacofonia che, oggi, costantemente chiediamo all’heavy metal per illuderci che si sia evoluto e non sciupato.

Che altro devo dirvi? Che la formazione è nuovamente cambiata? Che non c’è più al basso quel tizio che si chiamava HamburgerBamberger o qualcosa del genere? E a quel punto che vi cambia? Tanto ora Davidson butterà fuori anche l’attuale bassista, non appena gli chiederà due spicci in più perché gli serve l’auto elettrica per entrare in ZTL.

Posso dirvi che David Davidson mi ricorda quello sketch in L’aereo più pazzo del mondo in cui si stringono la mano e si presentano Over-Craft e Over-Dose.

Oppure posso dirvi che Paolo Girardi ha firmato anche questa copertina, molto pulita, con un minore fattore caos rispetto a quel che siamo abituati a percepire nelle sue strepitose opere.

Passo indietro rispetto a Netherheaven, che comunque ho in gran parte rimosso per lo stesso motivo sopra spiegato. New Gods, New Masters è pronto per finire nello stesso angolo della memoria chiamato dimenticatoio in cui sono finiti tutti gli altri. (Marco Belardi)

3 commenti

  • Avatar di nxero

    Spiace ammetterlo ma secondo me hai ragione al 100%, li ho abbandonati al secondo album. Che spreco di talento.

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  • Avatar di nxero

    Ps: Pure la copetina però: un misto di Chaos AD e Souls Of Black in salsa Giger, con qualcosa dei Suffocation. Non un grande sforzo di inventiva.

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  • Avatar di Federico

    Purtroppo un sentimento che mi pervade troppo spesso nell’ascolto di album “moderni”.
    Sono sempre meno le band, i dischi di cui mi rimane attaccato qualcosa nel tempo.
    Ho sempre odiato la posizione del “prima era meglio, ora non fanno niente di interessante”, ma credo che ci sia stato un processo che ha portato a questa situazione di cui tutti (me compreso) siamo colpevoli.
    Resta solo da capire se sono io ad essere invecchiato (o rincoglionito) oppure se il livello è proprio questo.

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