Tom Angelripper è il Lemmy che ci è rimasto: SODOM – The Arsonist

I Sodom piacciono agli appassionati di quel thrash che hanno inventato loro stessi, insieme ai Destruction, ai Kreator e ai Tankard, come un po’ tutti sanno. Siccome ci troviamo a descrivere un gruppo di enorme importanza, fughiamo subito la tentazione di abbandonarci al mito dell’età dell’oro, perché ritornare a ciò che è stato, ovvero rifare l’elenco dei vecchi album, dei titoli e delle copertine sarebbe un esercizio litanico che farebbe soltanto perdere tempo e non renderebbe giustizia a ciò che i Sodom stanno facendo oggi, per cui ciascuno si tenga per sé il caro ricordo dei tempi andati di Persecution Mania, Tapping the Vein o quello che gli era piaciuto di più e si dia atto di quanto i Sodom, oggi, siano riusciti a cavarsela meglio di molti loro coetanei, al netto dei periodi di crisi, o di bassa creatività, che un gruppo dalla carriera così lunga abbia il diritto di avere passato.

Sempre guidati dall’ormai immortale Tom Angelripper, in pratica non si sono mai fermati e hanno continuato a fare quello ciò che meglio gli riesce, ovvero il thrash metal. Suggerisco quanto sopra dal momento che una gran parte del pubblico in realtà non riesce a rendere giustizia al lavoro che i Sodom stanno facendo negli ultimi anni. A questo proposito, mi sovviene spontaneo un paragone con i Motörhead, perché anche loro sono da sempre stati vittime dei loro esordi, per quanto abbiano continuato a fare album fino alla fine della loro carriera, alcuni belli, altri meno, ma comunque sempre degni di essere ascoltati, anche solo per il fatto che riuscissero a portare avanti quel suono dei quali erano gli inventori e i maestri.

Il bello è che, nel tempo, Tom Angelripper è diventato per davvero una specie di versione più tedesca e compassata di Lemmy: è una leggenda, fa il suo mestiere, lo fa ancora molto bene e, quando ci si mette, riesce sempre a creare il suo bel tiro. Tom Angelripper è il Lemmy che ci è rimasto, per cui, con questa consapevolezza, apprestiamoci all’ascolto del nuovo corso dei Sodom. Menzioniamo il penultimo album Genesis XIX, recensito a suo tempo dal padre di tutti noi, Marco Belardi, che era stato un grande ritorno da parte del gruppo, perché aveva riportato in vita il thrash aspro e selvatico dei Sodom con il valore aggiunto di qualche punta creativa sorprendente rispetto alla media degli ultimi dieci anni, dovuta certamente alla formazione rinnovata e al ben atteso ritorno di Frank Blackfire. Provate a ripensare a Sodom & Gomorrah, Eutanasia, Nicht mehr mein Land, Friendly Fire, oppure alla discussa The Harpooneer: sono brani significativi, belli e indicativi del thrash suonato dai nuovi Sodom.

The Arsonist dimostra come quel nuovo corso il gruppo lo stia ancora percorrendo, per quanto su quest’ultimo lavoro abbia preso una piega meno esplorativa e meno cupa, ma d’altra parte ha un’energia notevole e lo si ascolta ugualmente bene. Molto bello il primo brano, ovvero Battle of Harvest Moon, tirato e variegato, poi arriva in doppietta il godibilissimo singolo Trigger Discipline, che è una corsa marziale e furiosa dove Tom urla come un dannato e dove si comincia a sentire un certo manierismo slayeriano. Su quest’ultimo dettaglio occorre prestare una certa attenzione, perché non resta un caso isolato, ma anzi riemerge, qua e là, a rinforzare le altre composizioni e fa da tratto distintivo di questo disco: a un certo punto, così, saltano fuori gli Slayer, stilisticamente parlando.

Proseguendo l’ascolto, notiamo che la concentrazione è sempre alta e che in maggioranza i brani sono piacevoli e scorrono molto bene. Si nota ovviamente Witchhunter, dedicata al vecchio batterista scomparso nel 2008, che suona come un brano maltrattato dei Motörhead; guardacaso, tornano anche loro. Gun Without Groom, che appartiene ai brani più marziali del disco, colpisce per la varietà ritmica: ci sentiamo quello che si può definire un’emiolia, ovvero un effetto ritmico per cui si passa da un’accentazione binaria a una ternaria, proprio prima del ritornello. Guardate cosa vi insegnano i Sodom. Abbiamo qualche momento maggiormente cupo, ovvero Twilight Void e la cadenzata Obliteration of the Aeons. Nella conclusiva Return to God in Parts ritorna l’influenza slayeriana di cui abbiamo detto, specie nella scelta dei riff e si chiude così l’album, con rabbia e sarcasmo. La produzione di The Arsonist è simile a quello di Genesis XIX: stile analogico, potente, che riesce a mantenere gli strumenti ben separati e ne restituisce l’impatto fisico; l’album è stato inciso dal batterista Toni Merkel. The Arsonist è composto e suonato con convinzione e coerenza, è un altro buon disco dei Sodom e ne conferma il ritorno fra i grandi veterani del thrash metal. (Stefano Mazza)

12 commenti

  • Avatar di Exo

    non mi ha emozionato più di tanto, al primo ascolto mi è sembrato un disco da autopilota, ci riproverò ma Genesis XIX è sicuramente molto meglio

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  • Avatar di Epicmetal

    Non mi aspettavo di più e va bene così, dignitosissimo. In giro leggo solo fighettine che si lagnano, da un lato i soliti che dicono che fanno dischi tutti uguali (e cosa si aspettavano dai Sodom nel 2025? La svolta progressive metal?), dall’altro quelli che si bullano di essere i fan della prima ora, io c’ero, e i Sodom si sono sputtanati, eran belli solo fino al 1986 ecc…

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  • Avatar di Old Roger

    E un pezzo che ho perso di vista la premiata ditta del Dr. Squartangeli ma cmq sia godono di tutta la mia stima per non aver fatto la fine di Kreator e Destruction

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  • Robert Balordo
    Avatar di Robert Balordo

    Album notevolissimo, strano che non vi sia alcun commento per quanto riguarda la produzione: oldschool. Di questi tempi tra plug-in, sample di batteria ecc, questo album spacca di brutto e si sente. Se era compresso in boh, non so 35 min, ne usciva veramente bene, così è un pò troppo diluito, visto il minutaggio, ma tra i migliori dell’ultimo periodo della band.

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  • Avatar di Fanta

    Non ho sentito il disco per intero e non mi esprimo. Ma sono un paio di mesi che non esce un cazzo di minimamente significativo. Salvo solo il nuovo Sargeist, nel periodo cui faccio riferimento. Per il resto mi sembra un anno di una mestizia terrificante.

    Oggi stavo sentendo alcuni dei dischi metal usciti settimana scorsa. Su Spotify c’è chi si prodiga a raccogliere le uscite del venerdì. Una serie di cose di livello infimo.

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    • Avatar di Orgio

      Per quel che può valere, a me è piaciuto “With The Old Breed” dei Warfield: un giovane trio tedesco che suona thrash tedesco vecchia scuola; c’è il tiro c’è e i pezzi, mediamente, anche. Nel caso tu non l’abbia sentito, prova a dargli una possibilità.

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      • Avatar di Fanta

        L’ho sentito Orgio e mi è anche piaciuto. Ma è un disco uscito a inizio aprile.

        Sono mesi che tutto quello che mi arriva alle orecchie fa schifo al cazzo, è robetta. Ma voi avete letto quel che ha detto Aaron Stainthorpe della Nuclear Blast? Dice che non esiste praticamente più. E personalmente lo vado sostenendo qua sopra da tempi non sospetti. Anche l’etichetta spin off che ha messo sotto contratto Amorphis e Opeth, per esempio, è fallita dopo 5 minuti che ha aperto.

        Non so, mi sembra che tutto stia andando a puttane e che qui continuiamo a fare come se non fosse un problema. Voglio dire che non è che io sono la Pizia delfica, eh. Solo che nei negozi ci entro, con la gente ci parlo, i problemi di distribuzione li tocco con mano, eccetera.

        Sembra una stronzata ma lo sapete che il costo della plastica per fare i CD (i cazzo di gusci, jewel case o come vi pare) negli ultimi 5/6 anni è più che decuplicato? La century media è la prossima a chiudere i battenti. E così via. Si salva solo chi rimane piccolissimo. E questo purtroppo vale anche per le band.

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      • Avatar di weareblind

        Confermo.

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    • Avatar di Old Roger

      il nuovo dei The Haunted ? hai provato a dargli un ascolto ? A mio avviso fanno ancora il loro sporco lavoro

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      • Avatar di Fanta

        Grazie per il pensiero Old Roger, lo apprezzo molto.
        Mo’ non è che mi farò venire una depressione maggiore per questo, eh. Tra l’altro mi sono rimesso a cantare con gente che conosco bene. E mi diverto un sacco. Infine, tanto per smentire me stesso: III dei King Witch è proprio un bel disco.

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  • Avatar di Fredrik DZ0

    mi permetto di suggerire l’ultimo -in tutti i sensi- degli Urn.

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