Avere vent’anni: CATAMENIA – Winternight Tragedies
Io in redazione sono “quello dei Catamenia”. Non certo dei geni o dei rivoluzionari, ma li ascolto e ne parlo in continuazione, da anni, e ho diversi loro album originali sullo scaffale, non si sa il perché. E, sempre senza un perché, questo disco non l’avevo mai sentito prima di due/tre settimane fa. L’avevo proprio bucato, come i biscotti al cioccolato sulla lista della spesa (e il giorno dopo mi tocca fare di nuovo colazione al bar, col caffè a 1 euro e 30 che sembra piombo fuso e i cornetti con quattro strati di glassa sopra, fatti apposta per rimpinguare il portafoglio del dentista, se dovesse morì de fame, poveraccio).
Poi Bargone manda la lista degli Avere vent’anni di aprile e mi fa notare che c’è questo disco dei Catamenia con ‘sto titolo che fa molto “azzimati vampiri che vagano languidi nel chiaro di luna, tra i vapori mefitici di paludi maledette ai piedi di castelli diroccati”, facendo sapientemente leva sul mio immaginario (vivo con la testa perennemente ficcata in una sorta di eterno Carmilla di Sheridan Le Fanu) e sul mio amore viscerale per la band finlandese in questione. È bastato poco per convincermi: dopo un minuto ce l’ho già in cuffia a volumi da denuncia.

No, non ci sono azzimati vampiri che vagano languidi al chiaro di luna e nemmeno giovani pallidone coi boccoli che tentano di innestarsi un candelabro vittoriano nella vagina, ma tanto buon metallo finlandese, veloce, melodico e tagliente. Il black sinfonico lascia quasi definitivamente spazio al death melodico (cambiamento già abbondantemente avvenuto nel precedente Chaos Born, del 2003) e i nostri a tratti sembrano più dei Norther blackettoni che i Dimmu Borgir al sapore di renna arrosto e permafrost di solo una manciata di anni prima.
C’è tanta, tanta Finlandia in questo disco. Quanto si sentono, ad esempio, i Korpiklaani nel ritornello di Verikansa, o i primi Ensiferum in una My Blood Stained Path. Quindi non solo un ottimo disco ma un atto d’amore dei Catamenia per il sound della loro terra di quegli anni, dei loro amici e colleghi alla corte del metallo.

Solo due note veramente stonate:
Una è l’incomprensibile cover in chiusura di Fuel for Hatred dei Satyricon, che, oltre ad essere totalmente fuori contesto, non aggiunge assolutamente nulla all’originale (peraltro uscita neanche tre anni prima, quindi tanti magari dovevano ancora ascoltarla la prima volta). Un’operazione che assomiglia alla cover (senza infamia e senza lode) di Battery dei Metallica, posta come bonus track di Iron degli Ensiferum. Oppure le cover di Smash degli Offspring e di The Final Countdown ad opera dei sopracitati Norther, o Ops!… I did it again rifatta dai Children of Bodom. Che sia una caratteristica delle band metal finniche mettere una cover a cazzo in chiusura di un disco?
L’altra ne abbiamo già parlato: il titolo. Un disco di death/black melodico finnico più veloce di un proiettile e senza un attimo di tregua dovrebbe chiamarsi non dico Tundra Thunderstorm (troppo powerotto) ma quantomeno Fangs of wolves o Demons of North… BATTLES IN THE NORTH! Ma Winternight Tragedies, ragazzi, io ancora sto aspettando la mia batteria lentissima, la chitarra funerea, la tastiera ingombrante e un duo beauty & the beast in toga nera che mi parla di castelli abbondonati con la muffa e gli spifferi, vampire che fanno le orge nei cimiteri e vecchi domestici con le mani viscide che si segano sul dagherrotipo della cugina morta di parto.
Per favore, la prossima volta fate più attenzione (Gabriele Traversa)
