Il nuovo Biancaneve è anche peggio di quanto mi aspettassi

Si inizia già mettendo le cose in chiaro: c’era una volta un regno governato da una regina e un re (in quest’ordine), poi durante una tempesta di neve nacque una bambina, che venne chiamata Biancaneve in onore di quella nevicata (e non perché aveva la pelle bianca come la neve). La bimba cresce così in un improbabile villaggio in stile medievale inspiegabilmente popolato da una società multirazziale fino al momento in cui la madre muore e il padre si risposa con un’altra donna arrivata da una terra lontana lontana: le alture del Golan. Questa donna si rivela essere malvagia e in grado di usare uno specchio magico capace di rispondere a una sola domanda: Specchio, specchio delle mie brame, qual è il più vicino ospedale pediatrico da bombardare chi è la più bella del reame? Lo specchio le risponde sempre che la più bella è lei, e a essere onesti, per quanto si vede da questi primi minuti di film, non sta dicendo proprio una cazzata.

A un certo punto il re scompare e la nuova regina assume il potere. Quest’ultima, in ossequio alle tradizioni del suo paese d’origine, militarizza il regno e ne depreda le risorse; poi prende la principessa Biancaneve, ancora bambina, la schiavizza e la rinchiude dentro il castello, impedendo l’accesso ai camion di aiuti umanitari.

Nel frattempo la principessa cresce, e l’enormità dell’errore dei responsabili del casting della Disney si manifesta plasticamente davanti ai nostri occhi. Lei scopre un tizio belloccio che ruba le patate nelle cucine del palazzo, e cerca di metterlo in guardia. “Stai attento”, gli dice. “Se la regina ti scopre, quelle patate te le fa mangiare col fosforo bianco dentro”.

Appena la vede, lo sguardo baldanzoso del belloccio trasfigura in una smorfia di terrore. “Pietà!”, risponde, facendo gli scongiuri. “Demone del castello, non inghiottire la mia anima! Misericordia per i miei peccati, o funesta presenza”, e fugge urlando.

Biancaneve non capisce la reazione del belloccio, ma si rende conto della povertà che attanaglia i suoi compatrioti. Però è ancora molto ingenua, quindi crede che la regina (la stessa che l’ha schiavizzata e reclusa) in fondo sia buona, ma che non conosca la situazione e quindi, se opportunamente informata, potrebbe porvi rimedio. Allora le va a parlare.

“Maestà, il popolo ha fame. Quando ero piccola io e i miei genitori andavamo a cogliere mele e poi ne facevamo torte da dare ai poveri”.
“Hai un ritardo mentale? Questo è in assoluto il peggior rimedio alla povertà che sia mai venuto in mente a qualcuno. Al limite sono disposta a comprare i loro possedimenti in cambio di torte. Ci costruisco qualche bella colonia e loro possono andare nel reame affianco a fare gli straccioni e a lanciare razzi nelle campagne, così ho pure la scusa per invadere il reame affianco”.
“Ma, maestà”, ribatte Biancaneve, “la povera gente… le patate… le piccole cose che rendono la vita degna di essere vissuta…”
“Chi sei, Marzullo? Peraltro gli somigli pure. Ma ti sembra che me ne freghi qualcosa? Non vedi che sono vestita come Sauron e pratico la magia nera? A bellicapelli, sono letteralmente lo stereotipo del personaggio cattivo e tu mi vieni a fare la sciroccata new age mentre sto mangiando. Ora vattene via che sta per arrivare il mio amico Duca Conte, quello è scaramantico e se ti vede gli piglia un colpo”.

A quel punto i malvagi scagnozzi della malvagia regina entrano trascinando il belloccio, appena catturato con le patate rubate in tasca.

“E tu chi sei?”, lo apostrofa la regina, “uno di quei briganti che mi rubano la selvaggina?”
“Ha! Io non sono un brigante qualsiasi: io sono il capo dei briganti!”, risponde il belloccio con aria strafottente. Poi gira lo sguardo, vede Biancaneve e sbianca.
“Ancora tu, orrendo spirito degli inferi! Ti prego, non mandare la mia anima a bruciare negli oscuri anfratti dell’Ade! Dio, Dio misericordioso, salvami da questo essere immondo!”
“Tu pensi che io sia cattiva”, gli dice la regina, mentre lui è sull’orlo di un attacco di panico, “Ma anche alla mia malvagità c’è un limite, quindi per punirti del tuo furto ti legherò semplicemente al cancello. Se ti scopro un’altra volta però ti metto a fare la cura Ludovico davanti a un video di questa tizia qua. Guardie, portatelo via”.

Biancaneve non capisce, perché è come il protagonista de L’Estraneo di Lovecraft prima di guardarsi allo specchio. Allora, visto che non sa che fare, si mette a cantare uno di quei motivetti agghiaccianti tutti uguali dei film Disney e poi va a liberare il belloccio, legato al cancello. Lui, che ormai si sta piano piano abituando alla sua presenza, si convince che Biancaneve è un demone buono. Però scappa via lo stesso.

La regina torna allo specchio magico. “Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?”
“Sempre tu, mia regina”.
“Sicuro? Qua sulla sceneggiatura c’è scritto che dovresti dire un altro nome, altrimenti il film non va avanti”.
“Ah, sì. La più bella è Biancaneve, mia regina”.
“Quell’attrezzo? Mi aspettavo, che so, Sydney Sweeney, Miriam Leone, al massimo ma proprio al massimo, boh, Annalisa, o  qualcuna di quelle zoccole di Instagram. Ma proprio Biancaneve? È uno scherzo?”
“Che ti devo dire. Parla con gli sceneggiatori”.
“Ma scusa, posso capire che per qualche motivo hanno voluto prendere lei per fare Biancaneve, ma a quel punto perché prendere me per fare la regina invidiosa della sua bellezza?”
“Un po’ di pazienza, mia regina, è una moda. Passerà”.
“Vabbè. Allora devo ammazzarla. Ora la faccio saltare in aria insieme al suo cercapersone”.
“Se posso, mia regina, suggerirei una soluzione più pulita. Chiama il cacciatore e falla sgozzare nel bosco”.
“Hai ragione. Ciao”.

Biancaneve e il cacciatore sono nel bosco. Lui sente i rimorsi di coscienza, quindi attacca discorso per prendere coraggio.

“Che fai?”, le chiede.
“Raccolgo mele per farne torte per il popolo”.
“Bella e intelligente, vedo. Senti, ammazzarti sarebbe come ammazzare un cucciolo di cane storpio, quindi fuggi nel bosco e non farti più vedere”.
“Ok ciao”.

Quindi Biancaneve fugge in un bosco animato dalla peggiore CGI che abbiate mai visto. Entra in una casetta, si lamenta del disordine e si infila in uno dei lettini che trova. A quel punto arrivano i nani, ed è una fortuna che questo film lo vedranno in pochi, perché sono talmente terrificanti che sarebbero potuti essere responsabili dei traumi infantili di un’intera generazione di bambini. Come ha giustamente detto il critical drinker, autore dell’unica recensione possibile per questo film oltre a quella che state leggendo, “sono quel genere di esseri che molto probabilmente popolano gli incubi di Chtulhu”.

Grazie, critical drinker

Insomma, questi mostri abominevoli entrano in casa, si trovano Biancaneve che si agita sotto le lenzuola e sono giustamente terrorizzati. Pensano che sia un orco, un demone capra, un ectoplasma o chissà che altro. Poi lei si alza, la guardano in faccia e si spaventano ancora di più. Dopodiché lei inizia a parlare, quindi si calmano un pochino.

“Ma tu parli, quindi sei un’umana!”
“Certo, cosa pensavate che fossi?”
“Ne stavamo giusto discutendo. C’erano diverse scuole di pensiero: l’ipotesi più condivisa era un cosplay di Mariangela Fantozzi, ma io personalmente propendevo di più per lo zio Bergomi”
.

Sulla base delle proprie affinità estetiche Biancaneve e i nani fanno amicizia, il che dà il via a una lunga parentesi di scenette comiche imbarazzantissime per allungare il minutaggio. Lei gli insegna a fischiettare. Matte risate. Lei fischia perché è una donna forte e indipendente, capito? Inoltre, dopo essersi installata in casa loro, non gli rassetta la casa per sdebitarsi, com’era nella versione originale: dice a loro di pulirsela da soli. E così i nani, che fanno il lavoro più pesante, pericoloso e usurante della storia dell’uomo, cioè quello del minatore, devono pure sentirsi dire dall’ospite non invitato di pulirsi la casa da soli mentre lei canta e balla sui tavoli.

L’orrore, l’orrore…

A questo punto lei decide che deve vendicarsi della regina e ritrovare il padre. Nel bosco incontra il belloccio e la sua banda multietnica di briganti, che scopriamo essere teatranti datisi al brigantaggio per colpa delle politiche predatorie e capitaliste della regina, e improvvisamente il film smette di essere Biancaneve e diventa un Robin Hood in versione assemblea d’istituto. Loro appena la vedono giustamente le puntano le armi addosso, perché pensano che sia un immondo troll vomitato fuori dalle viscere della terra, ma il belloccio dice che lei è buona, perché lo ha liberato. “Questo è un demone ingannatore”, dice uno dei briganti. “Con quei cazzo di capelli non può essere mica una persona normale. Attento, ti dico: questo essere ti porterà via nelle case del lamento, oltre ogni oscurità, dove la tua carne sarà divorata e la tua mente raggrinzita sarà lasciata nuda all’Occhio Senza Palpebre”. Lui però riesce a convincerli e in quel momento arrivano i cattivi, che a questo punto della storia ricoprono il ruolo degli scagnozzi dello sceriffo di Nottingham. Parte una zuffa rocambolesca in stile Pirati dei Caraibi e Biancaneve si mette a cavalcare, perché è una donna forte, indipendente e coraggiosa.

La compagnia dei briganti (giuro)

Insomma, gira che ti rigira lui viene catturato di nuovo dai gendarmi, che lo riportano al cospetto della regina.

“Dov’è Biancaneve?”
“Bianca chi?”
“Hai ragione, il nome non è molto confacente al personaggio. Dai, quel coso con quei capelli improponibili”.
“Ah, quella. Beh, non te lo dico”.
“Ti ho capito, sai. Tu sei uno di quelli con la perversione per le brutte. Allora divento un bidone di fango pure io, così magari me lo dici”. E si trasforma in strega cattiva.

Nel frattempo Biancaneve è ancora in casa dei nani, a saccheggiare la dispensa mentre gongola di come loro hanno pulito casa per lei prima di ritornare a spaccare pietre in miniera. Bussano alla porta ed è la strega cattiva, che le dice che deve andare a raggiungere il belloccio, che la sta aspettando da una parte; poi le porge la mela avvelenata con un fare che losco è dire poco.

“Grazie, signora. Sa, quando ero piccola io e miei genitori andavamo a raccogliere mele per fare torte per il popolo”.
“ANCORA CO STE CAZZO DI TORTE, STUPIDA RITARDATA!”
“Come dice, mi scusi?”
“Niente, perdonami, ho la sindrome di Tourette. Mangia la mela, dolce fanciulla, così potrai metterti in forze per il viaggio”.
“E mi devo mettere in forze con una mela? Non sarebbe meglio, che so, una bistecca? Non è che ha una barretta proteica, un uovo sodo, un panino con la mortadella?”
“No. Mangia ‘sta mela”.

Biancaneve, che è una donna forte, indipendente, cazzuta e che non ha bisogno degli uomini, mangia la mela che questa loschissima sconosciuta le porge con lo stesso atteggiamento che i genitori degli anni ’80 credevano avessero gli spacciatori immaginari che nella loro testa distribuivano caramelle drogate all’uscita delle scuole medie. Nel racconto originale Biancaneve ha 7 anni, nel film originale era comunque una ragazzina ingenua e infantile, quindi era credibile che si lasciasse ingannare così. Questa invece è adulta e sogna di essere una saggia statista, quindi è proprio una roba senza senso.

Insomma, mangia la mela e cade a terra morta. La regina torna subito davanti allo specchio e tutta fomentata gli richiede chi è la più bella del reame.

“Tu, mia regina. Sei Gal Gadot.
“Sicuro? Non è che devo ammazzare pure Sydney Sweeney?”
“Senti, io non voglio problemi. Io ripeto quello che dicono gli sceneggiatori. Se proprio vuoi ammazzare qualcuno, ci sono sempre ospedali di oncologia pediatrica che aspettano una bella bombetta”
.
“Giusto. Sei sempre così saggio, specchio”.

Nel frattempo i nani piangono sul cadavere di Biancaneve, ma arriva il belloccio che la bacia facendola risorgere. Miracolosamente lei si alza e gli sorride senza fargli un qualche pippone sul consenso, sul patriarcato o sul fatto che doveva lasciarla morta piuttosto che baciarla senza chiederle il permesso. Quindi torna nel villaggio, cantando le proprie incredibili virtù insieme alla folla multietnica. Fronteggia la regina, dicendole che è tornata per riprendersi il trono. La regina dice, rivolgendosi alla folla: “Carina, vero? Delicata, elegante, deliziosa…”

“Ehi”, risponde Biancaneve, “smettila di parlare di te stessa. Ci sono io qui davanti a te”.
“Sì, scusa. Dicevo: voi, folla di pezzenti, pensate di volere Biancaneve come vostra regina. Ma io rappresento l’unica democrazia del villaggio del bosco. Solo con me potete avere la Coca-Cola, le catene di fast food e i grattacieli sul litorale. Concordate, vero? Altrimenti mi troverò costretta ad esportare la democrazia sui vostri culi”.
“Sei una regina cattiva. Io da piccola andavo a cogliere le mele per fare le torte…”
“BASTA CON QUESTE CAZZO DI TORTE! Guardie, prendete questo scherzo della natura e uccidetela, portatela in uno zoo, un agriturismo, il circo Barnum, da Cruciani, quello che volete, basta che me la togliete dalla vista, ché ho dei tunnel da fare saltare per aria”.

I gendarmi si guardano imbarazzati. “A me però piacevano quelle torte”, dice uno. “Anche a me”, aggiunge un altro. “E poi a forza di lavorare con i missili al fosforo bianco mi si stanno screpolando le mani”.

“Ah, osate ribellarvi a me?”, grida la regina. “Allora la uccido io così ci togliamo il pensiero”. Prende un pugnale e si avventa contro Biancaneve, ma all’ultimo momento il pugnale le vola via dalle mani grazie a una freccia scagliata da uno dei briganti amici del belloccio, che esulta gridando Allahu akbar. Arrivano anche i nani a completare il parterre di fenomeni da baraccone, la regina comprende di essere spacciata e per qualche motivo, invece di chiedere il supporto aereo agli americani, corre davanti allo specchio magico, che si frantuma, uccidendola. Biancaneve viene incoronata regina, la sharia diventa legge costituzionale e le strade diventano territorio di guerriglia tra bande di tagliagole barbuti. E tutti vissero felici e contenti. (barg)

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