HANGMAN’S CHAIR – Saddiction

Arrivano al settimo album i francesi Hangman’s Chair, una delle realtà più interessanti nel panorama rock/metal europeo e, al tempo stesso, una delle meno considerate e più difficili da etichettare. Basti pensare che, effettuando una rapida ricerca sul web, i nostri vengono tutt’ora descritti come un gruppo con componenti sludge, altre doom e un’atmosfera vicina a certi Type O Negative. Una descrizione che potrebbe, in parte, essere conforme ai primi album della band che, però, già da Banlineue Triste del 2018 si era completamente allontanata da quei territori, lasciando giusto qualche eco del gruppo di Brooklyn e qualche distorsione che può essere vicina al suono degli esordi. Perché dal 2018 in poi la loro proposta si è molto più “rarefatta”, inglobando tutt’altre sonorità che è difficile descrivere in modo efficace. Si potrebbero citare i Deftones, qualcosa dei Katatonia e atmosfere che, soprattutto nel comparto ritmico, sono figlie di una certa wave anni ’80, il tutto con una cupezza di fondo e un tono che può ricordare – ma parliamo di suggestioni – degli Alice In Chains in chiave pop.

Insomma, avrete capito che parliamo di un sound difficile da incasellare, ricco di influenze diverse, ma – ed è questo il punto di forza degli Hangman’s Chair – tutte perfettamente amalgamate e al servizio di una proposta estremamente personale e contraddistinta da un mood unitario e claustrofobico. Come si intuisce sin dal titolo, un gioco di parole per “dipendenza da tristezza”, l’atmosfera è estremamente cupa e pessimista, anche nei passaggi più orecchiabili (e non sono pochi), che contraddistinguono brani come l’ottima 2AM Thoughts impreziosita dalla presenza di Raven Von Dorst dei Dool, altra bella realtà con cui i francesi hanno diviso il palco.

Nei quarantacinque minuti di Saddiction, vengono riprese le sonorità del precedente The Loner, ma amplificando tanto le sfumature più “pop” che avevano contraddistinto l’album del 2022, quanto quelle più pesanti e wave.

La doppietta iniziale in questo senso è estremamente esemplificativa di questo fattore: i riff dell’iniziale – ottima – To Know The Night sono estremamente pesanti, ma si inseriscono in una struttura e in un andamento di immediata assimilazione, così come la successiva The Worst is Yet to Come ha una strofa e un ritornello che ti entrano immediatamente in testa, a metà strada tra i Deftones più melodici e un certo sentore della scuola di Seattle, il tutto inserito in un contesto in cui a farla da padrone sono un basso di scuola wave e ritmiche anni ’80.

E che dire di un pezzo come Kowloon Lights che sembra scritta dai Katatonia più wave, con una produzione da major, o di Canvas, in cui il cantante Cedric Toufouti regala una delle sue prestazioni migliori in assoluto, una ballata dolente in cui convivono i ritmi più lenti degli esordi, con soluzioni – anche vocali – più pop? Volendo trovare un difetto a Saddiction si può notare una certa monoliticità nel suono che, nel corso dei quarantacinque minuti, può appesantire l’ascolto, ma si tratta di una scelta evidentemente voluta che, comunque, non intacca quasi per niente il risultato complessivo.

E se, del resto, quando si arriva alla conclusiva, opprimente, Healed? si ha voglia di ricominciare da capo, per cercare di entrare ancor di più nelle pieghe di un album magmatico e profondo, l’obiettivo non può che dirsi raggiunto e il settimo album dei francesi rappresenta un’ulteriore dimostrazione di quanto poco stia raccogliendo una band che, per alcuni aspetti, potrebbe attrarre un pubblico meno di nicchia rispetto a quello cui si rivolge. (L’Azzeccagarbugli)

3 commenti

  • Avatar di Fanta

    Ehhhhhhh, tutto molto bello (ciao Bruno). Articolo e disco.

    Questa è una delle mie band feticcio degli ultimi anni. Spero raccolgano quanto meritano di qui in avanti. Aggiungo che in Saddiction le componenti melodic-sludge e post-doom evaporano in favore di un approccio definitivamente pop nello strutturare ogni singolo brano. Ma la resa è fenomenale. C’ho messo quattro ascolti prima di lasciarmi catturare. Poi è stato amore.

    Per una volta: sta band sta diventando originale nella proposta. Non somigliano a nessuno attualmente, non in modo così netto. Giusti comunque i riferimenti dell’avvocato.

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  • Stefano TiJean Pentassuglia
    Avatar di Stefano TiJean Pentassuglia

    Visti dal vivo al Link di Bologna in apertura agli Amenra e Igorrr…

    Non li conoscevo e non sapevo cosa aspettarmi ma è stato amore al primo ascolto. Sono anche andato a chiacchierare col cantante (in francese) e gli ho fatto i complimenti perché portava la maglietta degli Envy.

    Grandissimi.

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  • Avatar di nekro76

    A me ricordano gli Head Control System di Garm e qualcosa anche degli Audrey Horne……almeno questo disco.

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