Once upon a time in Norway #25 – David Lynch e il black metal
In occasione della scomparsa di David Lynch, il direttore della rivista letteraria norvegese Vagant, Audun Lindholm, ha pubblicato una conversazione tra Yusaf Parvez (alias Vicotnik) e Svein Egil Hatlevik (alias Zweizz), due musicisti che molti ricorderanno per la loro militanza in band come Dødheimsgard, Fleurety e Ved Buens Ende. Dalla conversazione emergono alcuni spunti interessanti sul ruolo del cinema di David Lynch per lo sviluppo del black metal norvegese. Ne riportiamo qualche stralcio per gentile concessione degli interessati.
Audun Lindholm: I tanti ricordi e le tante riflessioni pubblicate sul cinema di David Lynch mi hanno chiarito alcune cose ed offerto nuove prospettive su altre. Nel contesto norvegese, è sorprendente che Twin Peaks sia stata trasmessa in prima serata sui canali nazionali nel 1990 e nel 1991, aprendo probabilmente le menti e influenzando i sogni di tantissime persone. Sono troppo giovane per aver visto la serie all’epoca, ma ricordo di essermi intrufolato nel salotto dei miei per sbirciare alcuni episodi, e i compagni di classe con fratelli maggiori ne parlavano spesso. L’agente Cooper, Laura Palmer e compagnia erano argomento di conversazione durante le pause a scuola e nei luoghi di lavoro. David Lynch divenne un nome noto a tutti noi, un artista eccentrico con tratti visionari, un archetipo della cultura alta e del modernismo europeo, ma inserito nel sistema di Hollywood e con il suo capolavoro trasmesso sulla nostra televisione nazionale. Per i norvegesi divenne l’incarnazione di un regista che seguiva la sua strada. Inoltre c’era una corrente occulta in Lynch che ora, anni dopo, penso debba aver influenzato il black metal norvegese. Molti si sono chiesti come questa forma musicale abbia potuto raggiungere tali risultati, per dimensioni e creatività, nello stato sociale norvegese degli anni ’90, culturalmente omogeneo e privo di conflitti. Parte della spiegazione si trova in Twin Peaks? Semplicemente in ciò che ragazzi frustrati, in età formativa, vedevano in televisione? Che a Kolbotn e altrove si gustasse il frutto proibito, sotto forma dell’universo lynchiano, come se avesse aperto le porte a una concezione alternativa della realtà, dimostrando che anche la cosa più stravagante può diventare qualcosa di significativo? Una conversazione tra Svein Egil Hatlevik e Yusaf Parvez, due dei musicisti dietro a classici moderni come Satanic Art (1998) e 666 International (1999), mi ha dato quest’impressione un paio di sere fa.
Yusaf Parvez: La prima volta che sentii parlare di Eraserhead fu a casa di Kari, Tormod e Alexander Nordgaren (Fleurety, Mayhem, ndr), nel profondo della foresta di Enebakk. Kari, la madre di Alexander, aveva cucinato pizza per tutto il giorno – una delizia che ci serviva sempre quando rimanevo a dormire da lui. Ogni weekend, Alexander, Svein Egil ed io ci riunivamo per esplorare il black metal nella sua fase formativa, e per sognare come avremmo potuto contribuire al suo sviluppo. Non ricordo esattamente come ci siamo procurati la VHS di Eraserhead, ma eravamo seduti in tavernetta e io ero stupefatto di sentire Alexander raccontare quanto fosse strano quel film. Ripensandoci, penso che Eraserhead riassumesse i nostri sentimenti di quell’epoca. La paura e il senso di estraneità del protagonista riflettevano l’isolamento che sentivamo al di fuori della nostra cerchia.
Svein Egil Hatlevik: Sono abbastanza sicuro di essere stato io a scoprire, nella guida TV sul retro di Østlandets Blad (un giornale locale, ndr), che Eraserhead sarebbe andato in onda sulla TV2 svedese ben oltre l’ora di andare a dormire, e che avrei potuto programmare il videoregistratore VHS. Di VHS ne seguirono molte altre, e ne prelevammo clip audio che usammo per i brani.
YP: Nel brano Traces of Reality del 1998, i Dødheimsgard utilizzarono quattro (almeno credo) clip audio da Twin Peaks e Fuoco Cammina con Me. Le canzoni di Satanic Art furono composte mentre guardavo Twin Peaks a ripetizione. Appena finito di vederlo tutto, ricominciavo da capo. Ogni volta che guardavo l’ultima puntata, e sapevo che lì finiva tutto, era autentica malinconia. Fortunatamente, David Lynch sarebbe riuscito a raccontare la storia fino in fondo in futuro. Touched by the Devilish One era un campione che sapevo avrei utilizzato ancor prima di avere composto il riff del brano. Il surrealismo di Lynch si sposava allo spirito satanico e controcorrente del black metal. Ripensandoci, penso che la parte centrale del brano, quella con il campione sul pianoforte, abbia un certo pregio. Non c’erano ancora gli studi di registrazione casalinghi e gli strumenti digitali nelle sale prove, quindi in teoria non avremmo dovuto riuscire a farlo. Certo, abbiamo dovuto abbassare il pitch del campione, in modo che la sua tonalità di base e la parte di pianoforte combaciassero, ma per atmosfere e contrasto in un brano a così alta intensità, il campione e il riff sembravano fatti l’uno per l’altro. Dobbiamo davvero un grande grazie a David Lynch! Se si vuol fare della musica una sorta di racconto, ci si può affidare al testo, se, per esempio, si fa musica folk. Se si fa metal estremo, si deve costruire la storia attraverso la struttura del brano e creare dinamismo attraverso i contrasti.
SEH: Ricordo una lunga conversazione, una notte, in cui descrivevi la trama di Mulholland Drive.
YP: Un sogno e un incubo, una narrazione complessa dentro una narrazione dentro una narrazione. La maggior parte della storia la vediamo attraverso la coscienza del protagonista. Nel film, certi personaggi e oggetti sono presentati come punti di connessione tra i due mondi in cui vive il protagonista. È un film molto ambizioso, raccontato attraverso una dissonanza cognitiva, senso di colpa, sogni infranti e uno stato mentale sempre più disgregato. Il sogno americano è un tema portante di David Lynch. Lo hanno raccontato in tanti, lui quindi ci offre l’incubo americano. La storia di Mulholland Drive è piuttosto semplice – solo che Lynch ci costringe a vederla dalla comprensione della realtà del soggetto o, più precisamente, attraverso la sua incapacità di percepire la realtà. E il sogno o l’incubo è ambientato proprio a Hollywood. La fabbrica dei sogni che ci vende il glamour, dove il glamour è una facciata sopra oscuri destini umani, cupi e tragici. Per capire veramente cosa è successo nella vita di questa donna, prima che si tolga la vita alla fine del film, bisogna scoprire quali sequenze si svolgono nella mente del protagonista e quali avvengono nella realtà che tutti condividiamo. Cerca la chiave blu!
SEH: Chi preferiresti avere come collega? Tommy “Hawk” Hill o Pete Martell?
YP: Tutti vorrebbero conoscere i personaggi di Lynch. Sono così complessi che ho spesso pensato a loro oltre ciò che si vede sullo schermo. Lynch ci mostra la loro essenza interiore e ciò che li rende individui. Il giorno in cui morirò, e poi riaprirò gli occhi, spero di trovarmi al Double R Diner per poter ordinare una grande tazza di caffè nero bollente, appena preparato da Norma.
(Giuliano D’Amico)




