Patrick Mameli, l’avvocato difensore dell’intelligenza artificiale

L’ultima di Patrick Mameli stando al profilo social dei Pestilence – che con gran sobrietà gestisce in prima persona, pur di non pagare anima viva – è la seguente:

“Devo sfogarmi a proposito di questa ricorrente stronzata dei gruppi metal che realizzano sempre più di frequente le copertine degli album con l’ausilio dell’intelligenza artificiale. Ci sono svariate ragioni per cui accade. Innanzitutto, le grosse somme investite su disegni e dipinti reali sono un ricordo del lontano passato. In secondo luogo, l’idea di riproporre mutilazioni, zombie e effetti gore estremi è anch’esso un ricordo del passato, per i Pestilence. Se vuoi sopravvivere nell’industria musicale attuale devi adattarti, e i Pestilence sono sempre stati noti per guardare avanti e non ricadere mai nelle vecchie abitudini, non solo per quanto riguarda lo stile musicale: ogni nostra nuova pubblicazione ha avuto un nuovo approccio alla musicalità, a differenza della maggior parte degli artisti che si sono affidati alla loro vecchia eredità. Quando abbiamo pubblicato Levels of Perception avevamo provato a riproporre la registrazione nello stile dei nostri primi album: è stata una richiesta specifica da parte di molti nostri fan, i quali, però, poi non hanno gradito la produzione che loro stessi avevano chiesto. Con Portals seguiremo nuovamente la nostra strada, e potreste apprezzarla. Ad esempio, l’illustrazione è stata definita fantastica sul mio profilo Facebook personale. Anche questa è intelligenza artificiale, ed è un’opera d’arte incredibile. Non la copertina dell’album, a proposito! E ora la vera domanda: non compreresti un album con una produzione killer e canzoni di livello assoluto solo perché la sua copertina nasce dall’intelligenza artificiale? Allora rinunci alle nostre composizioni, che sono completamente e umanamente composte. Ma, così facendo, ti dimostri essere rivolto al passato. Inizia ad abbracciare il futuro della musica, come i Pestilence.”

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Non scrivevo un pezzo su Patrick Mameli dal marzo scorso. All’epoca era appena scoppiata la (Tsar) bomba su Levels of Perception e non s’era a parlar d’altro. È fisiologico, oramai, che a cicli regolari io ritorni sul nefasto e compromesso personaggio.

Per come la mette lui, un gruppo metal è un’azienda con delle entrate e delle uscite, coi conti che devono tornare. Io sono dell’idea che col metal, oggigiorno, ci possa e ci debba guadagnare chi ha il talento necessario a spartirsi i pochi quattrini che – in proporzione a quanto eravamo abituati a veder circolare – ristagnano nell’ambiente in oggetto. Non è più come prima, all’epoca dei Bulldozer su Roadrunner e quant’altro.

Per come la metto io, se pubblichi un album nel 2025 senza mai aver scritto niente di trascendentale dal 1991Testimony of the Ancients – e se tutti gli album post-reunion virano dal bruttino all’appena accettabile, ciò che pubblichi oggi lo devi interpretare come un tuo figlio e devi riservargli le necessarie attenzioni. Un po’ per mascherare lo schifo che potrebbe fare e un po’ per fare del tuo meglio, dato che ti firmi nella stessa maniera in cui ti firmavi nel 1991, caro amico Fritz. Non sei lo spin-off dei Pestilence, purtroppo sei il prosieguo. Per cui comprati una tuta dell’Under Armour in meno e spendili quei due quattrini per un buon grafico, o pittore. Perché tu che risparmi su di lui, e lo consideri superfluo, potresti essere esattamente al suo posto il giorno in cui il consumatore, lo stronzo che anni orsono t’ha comprato Testimony of the Ancients e ancora oggi rimugina sulla tua palestrata esistenza, riterrà superflua la tua ennesima pubblicazione. O addirittura la tua esistenza.

E spendili anche per un buon produttore, perché se i fan hanno richiesto una produzione vecchio stampo – all’epoca andasti da Harris Johns e Scott Burns – e tu gliel’hai data, e questa produzione ai fan ha fatto schifo, è probabile che facesse realmente schifo.

E spendili anche per chiunque possa professionalmente e tecnicamente elevare il livello della tua opera, Portals, di uno o di due gradini. Perché, se ritieni superfluo tutto quanto ho elencato sopra, oltre a un fonico, un tecnico delle luci e un buon manager, e chissà chi altro, allora tu stesso sminuisci Portals e pensi solamente a rientrare nelle spese. Nelle suddette spese, caro Patrick, oggigiorno ci rientra – e magari finisce in verde – chi è nel picco della sua carriera. Tu, Patrick Mameli, e i tuoi Pestilence, siete un ricordo del lontano passato, giusto per citare la cazzata che hai scritto nell’ultimo post. Dimenticavo, prendilo un social media manager. Prendilo prima di tutti gli altri, con un’urgenza che neanche per correre in gabinetto.

Quanto al resto, “l’illustrazione è fantastica e non è nemmeno la copertina” mi preoccupa alquanto per quella che sarà l’effettiva copertina. Levels of Perception, con quelle facce che neanche un teenager in discoteca con la bocca storta da MD, non posso dimenticarla.

E ora la risposta alla vera domanda: sei in grado nel 2025 di comporre un album più che decente, e di cui il fan ricorderà una sola canzone alla stessa maniera in cui tiene impressa in testa Twisted Truth? Guarda che c’è un motivo per cui siamo ancorati al passato dei Pestilence: è perché il presente è denso di uscite discografiche, ma nel nostro cuore in pratica non esiste. (Marco Belardi)

9 commenti

  • Avatar di weareblind

    Sono d’accordo su tutta la linea sul prendere professionisti, in qualunque campo. Professionisti che useranno, per fortuna, anche le IA. Anacronistica l’ondata di luddismo che mi pare di vedere.

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  • Avatar di Lino

    I lavori creativi saranno tutti soppiantati dall’IA, non sarà solo uno strumento, tempo al tempo.

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  • Avatar di Simone Amerio

    Chissà se il nostro Mameli sarà altrettanto entusiasta dell’IA se verrà soppiantato da essa?

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  • Avatar di Fabryz74

    Io vorrei che l’IA mi sostituisse al lavoro e basta, l’arte lasciamola all’anima e al cuore degli artisti

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    • Avatar di Lino

      Fare arte è un lavoro, solo che il prodotto è immateriale (emozioni, messaggi ecc…)

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      • Avatar di Fabryz74

        Si io intendo lavori materiali difatti e anche se x molti l’arte e’ un lavoro io non la vedo cosi..e’ una posizione romantica la mia lo so che ci devo fare

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      • Avatar di Lino

        Perchè probabilmente (non ti conosco) sei parte del pubblico e ti vuoi emozionare, pensare che quell’emozione sia un prodotto può dare fastidio: d’altronde fare arte professionalmente è difficile tra le tante cose anche per questo, da artista devi considerare il tuo progetto un azienda vendendo un prodotto a persone che invece di denaro sull’arte non ne vogliono proprio sentire parlare (non ragionano tutti cosi ma non sei l’unico a vederla così)

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