Death metal per tutti: DARKENED – Defilers of the Light
Avevo notato Defilers of the Light, l’ultimo album dei Darkened, che è arrivato lo scorso giugno, e al primo ascolto mi era anche piaciuto. Ne avevo parlato velocemente con gli altri caproni di redazione, ma nessuno gli ha prestato molta attenzione e la cosa è rimasta ferma a quel punto. Proprio dei caproni. Poi, però, è successo qualcosa: un riff che mi torna in testa, quell’irresistibile atmosfera oltretombale, e l’album ha iniziato a tormentarmi, tanto da costringermi non solo a riascoltarlo, ma anche a comprarmelo, quindi adesso ho deciso che è ora di recensirlo. Dato che nessuno dei miei esecrabili colleghi si è mai preso la briga di parlarne prima di oggi, vi informo che i Darkened sono un supergruppo death metal fondato nel 2018, dove troviamo il batterista storico dei Bolt Thrower, Andy Whale, il cantante degli ottimi AngelBlast, Gord Olson, i chitarristi Hempa Brynolfsson (Carbonized, AngelBlast), Linus Nirbrant (A Canorous Quintet) e il bassista Tobias Cristiansson (Grave, ex-Dismember, ex-Necrophobic). Alla batteria adesso c’è Perra Karlsson, che ha militato nei Deströyer 666.

Come potete capire, i musicisti non sono da poco, ma, come spesso accade con questi aggregati di professionisti, ci si chiede se il prodotto finale sia davvero all’altezza dei nomi coinvolti, o piuttosto una scusa per farsi due birre in studio. Ebbene, Defilers of the Light non delude, non sconvolge, ma è divertentissimo da ascoltare. La prima metà dell’album, il “lato A” se volete, è un bell’insieme di riff robusti e atmosfera da cimitero, con brani di rilievo, quali Defilers of the Light, Those Who Dwell Below e In Praise of Shadows, che mostrano il lato più energico e diretto del gruppo. Sono pezzi fatti bene, che catturano e offrono quello che ci si aspetta dal death metal classico: distorsioni scure, doppia cassa, qualche blast, growl gutturali e qualche apertura melodica. La seconda metà dell’album, il “lato B”, si apre dopo l’acustica Echoes of Solitude e rallenta in qualche caso i ritmi, mentre qualche buona idea si perde fra parti di tastiera non richieste e materiale più banale: parlo di tracce come On We Slaughter e Dead Inside, dove si salva giusto il ritornello, poi quando arriva il pianoforte viene da mandare avanti veloce. Per fortuna le cose migliorano negli ultimi brani.
Defilers of the Light è un album che per gran parte funziona, grazie a brani ben scritti ed eseguiti ancora meglio, pur non reinventando la ruota. La produzione risulta ben bilanciata per un album death, anche quella va bene, per quanto un po’ più di caos avrebbe aiutato la spontaneità e, di conseguenza, l’impatto dei brani. La copertina, realizzata dall’infaticabile Juanjo Castellano, è impeccabile: tenebrosa, mortuaria e nella tradizione dei quello Skeletor-style che abbiamo studiato tempo fa. In definitiva, Defilers of the Light è un album solido, divertente e adatto per chi cerca death metal fatto con mestiere; la controparte è la mancanza di originalità, ma se siete fan delle band storiche, ci troverete sicuramente qualcosa da apprezzare. Per tutti gli altri, è molto meglio di tante altre fesserie che circolano e potrebbe essere un buon accompagnamento per una serata piovosa e un paio di whisky ben torbati. (Stefano Mazza)

