Il ritorno dello spaccatelevisori: NASTY SAVAGE – Jeopardy Room
Sono particolarmente legato all’estetica orrorifica dei primi Nasty Savage. In un certo senso considero il gruppo di Ronnie Galetti l’autentico lato glam del metal estremo: un’immagine, la loro, che esplodeva nelle storiche session fotografiche di Wage of Mayhem e successivamente dilagava ovunque, come una pestilenza, in sede live, fra asce, martelli e televisori distrutti davanti agli occhi increduli del pubblico.
Credo fermamente che i Nasty Savage abbiano raccolto meno di quanto dovuto, poiché i loro primi tre album erano realmente d’ottima fattura. Ronnie Galetti si ripresenta al pubblico con vent’anni di ritardo sull’album di reunion Psycho Psycho, di cui ricordo solo l’orrenda copertina e che musicalmente fosse decente. L’album si chiama stavolta Jeopardy Room e il singolo estratto Witches Sabbath puzzava di merda più d’un tombino spalancato. Perché?

Perché Witches Sabbath è un brano del 1984 riregistrato per l’occasione e originariamente composto per l’EP Wage of Mayhem. La canzone è naturalmente meravigliosa, e solo classici tali e quali a Metal Knights e Asmodeus la tennero fuori dal debutto del 1985. Per l’occasione sentirete i fratelli John e Donald Tardy cantare e suonare la batteria sul pezzo.
Ronnie Galetti, a differenza del frontman degli Obituary, il quale non perde un colpo neppure in termini di capigliatura, è oggi completamente afono e non azzarda più un acuto. La sua voce in compenso è cavernosa e ricalca i dettami cari a Slayer e Venom a metà anni Ottanta, allorché lo scopo d’entrambi i gruppi era solamente quello di buttare giù più Cristi possibile dalla croce.
Le canzoni sono a parer mio un po’ troppe, per la precisione undici compresa l’intro Invocations. Nonostante questo l’album non perde alcun colpo sino almeno all’energica Schizoid Platform. Suona moderno, una cosa a metà fra i Venom di Cast in Stone e quelli di Resurrection, un titolo che all’epoca dell’uscita tutti definirono come aberrante, ma che aberrante non era per niente. Il riff a metà di Aztec Elegance è death metal puro della vecchia scuola, marchio indelebile su una scena che i Nostri hanno contribuito a ispirare e plasmare nella sua forma più embrionale. In Blood Syndicate i campionamenti di orgasmi femminili da film pornografici sono onnipresenti: non ho dubbi che Ronnie Galetti abbia già inviato il pezzo alla Napalm Records, così, per sentire che ne pensano.
Poca velocità, ma tanta doppia cassa a controbilanciarne la mancanza, tanta oscurità e cattiveria: in definitiva, in Jeopardy Room ritroverete tutti gli ingredienti necessari a completare un prodotto griffato Nasty Savage. Ora che è fuoriuscito anche il chitarrista David Austin, ormai non c’è rimasto altri che Nasty Ronnie, e il progetto si può tranquillamente definire un qualcosa di unicamente appartenente al wrestler metallaro più amato di tutta la Florida. Buon album, la cui ciliegina sulla torta è la produzione del fido Jim Morris, operata nientemeno che agli storici Morrisound Studios: all’epoca, trattandosi di Metal Blade, c’era di mezzo pure Brian Slagel. (Marco Belardi)

