La ripartenza dei THE BLACK DAHLIA MURDER: Servitude
Immagino sappiate, se state leggendo questo articolo perché conoscete i The Black Dahlia Murder, che Trevor Strnad, il cantante storico del gruppo, si è tragicamente tolto la vita due anni fa. Ovviamente da un colpo così è difficile riprendersi, e per Brian Eschbach (chitarrista e, assieme a Strnad, fondatore della band) dev’essere stata proprio una brutta botta. Ma passata la bufera andavano contati i danni, e soprattutto andava valutato se avesse senso continuare oppure no; in casi come questo non possono non venire in mente i Metallica nell’immediatezza del post-Cliff Burton, che decisero di andare avanti anche perché, dopotutto, era quello che Burton avrebbe voluto. È anche vero che una carriera bene avviata non la butti alle ortiche così facilmente, specie se hai circa quarant’anni e hai fatto praticamente solo quello tutta la vita, però uno come Strnad non è semplice da sostituire: è molto più banale sostituire, chessò, un chitarrista o il batterista piuttosto che il cantante, che rappresenta il gruppo nell’insieme, e soprattutto uno come Strnad, che pesava tantissimo nell’alchimia dei The Black Dahlia Murder.
Insomma, portare dentro uno nuovo è sempre un rischio, e se, per tornare al parallelo coi quattro di San Francisco, con Jason Newsted ai Metallica è andata bene, è pure vero che non hanno manco dovuto sostituire James Hetfield, e in ogni caso, oltre al successo, hanno avuto pure una miriade di problemi interni, che magari con Burton in formazione non avrebbero avuto. O chi lo sa. Alla fine della fiera secondo me la scelta di richiamare Ryan Knight alla chitarra (fuori dal gruppo per qualche anno) e far passare Eschbach dietro al microfono è stata il classico uovo di Colombo, e infatti in un tempo relativamente breve ecco che i The Black Dahlia Murder ritornano con questo Servitude, che segue una serie di tournée, festival e concerti, tra la fine dello scorso anno e questa primavera/estate, fatti apposta per presentare il nuovo corso del gruppo, la manifestazione plastica del voler riaffermarsi e andare avanti.
Servitude da questo punto di vista riesce nell’impresa fino ad un certo punto, nel senso che, se consideriamo tutto quanto abbiamo appena detto, è un mezzo miracolo, ma di per sé non è né un capolavoro e nemmeno esente da difetti. È molto omogeneo nel senso peggiore del termine: se lo ascoltate dall’inizio alla fine senza interruzioni, tolti i singoli, non c’è un pezzo che spicca o particolarmente riconoscibile, diciamo che manca parecchia varietà. La voce di Eschbach è sorprendentemente buona, certo Strnad era un’altra cosa, ma comunque Brian si difende bene, posta anche la difficoltà di dover cambiare ruolo, da chitarrista a cantante. Una cosa che mi ha un po’ deluso è l’appiattimento stilistico di Ryan Knight, nel senso che nei lavori precedenti è sempre stato parecchio personale, mentre qui si fa molta fatica a distinguerlo da Ellis, anche per i suoni che praticamente sono gli stessi. Peccato. Ecco, mentre Verminous era un disco più vario di Nightbringers, questo sembra un Nightbringers meno ispirato che, nonostante tutto, resta comunque un lavoro più che buono. Ripeto, date le circostanze non credo si potesse fare di meglio. Quindi, se vi piacciono, vale sicuramente la pena. (Cesare Carrozzi)


