Avere vent’anni: ORPHANED LAND – Mabool

Dopo vent’anni, Mabool resta ancora un gran cazzo di bel disco prog metal. È invecchiato molto bene, e questo è il giudizio generale. Riascoltato con la consapevolezza odierna, riconosco che non è una gemma perfetta. Rimane comunque uno dei tasselli più solidi della musica (estrema?) dei primi anni 2000. Uno dei pochissimi prodotti metal influenzati dalle sonorità mediorientali che non sia afflitto da una pacchianeria sesquipedale.

Dopo due primi dischi e un discreto seguito, possiamo affermare che gli Orphaned Land, prodotti per la prima volta dalla Century Media, abbiano con Mabool pigiato un bel po’ sull’acceleratore del successo commerciale. Al di là delle vendite, però, è proprio con Mabool che hanno iniziato ad entrare nei radar di parecchia gente, cominciando ad essere considerati, perché no, una delle band di riferimento per quanto riguarda questo genere.

Mabool è un concept album che ruota attorno all’immagine mitica del Diluvio, ma invece di limitarsi a ripercorrere musicalmente la narrazione biblica (vale a dire la versione più conosciuta, sebbene ve ne siano molte altre), la tematica viene arricchita con la storia di come questo stesso mito è stato incorporato all’interno di ebraismo, cristianesimo e Islam. Per raccontare questa storia, la band utilizza tutto il bagaglio tecnico a disposizione e confeziona una proposta solida, complessa ma non ostica, piacevolissima all’ascolto. Risentito dopo vent’anni riesco a percepire, al netto di canzoni che continuano a brillare di luce propria, qualche aspetto negativo di cui non mi accorsi all’epoca. Le linee vocali sono particolarmente complesse ed esigono uno sforzo interpretativo davvero grande. Sebbene Kobi Farhi faccia un buon lavoro e dimostri qui di avere una versatilità vocale considerevole, oggi mi sembra che in alcune parti perda potenza e incisività. Specialmente nelle parti cantate in growl, dove l’aggressività deve essere più patentemente esibita, mi sembra di sentire un calo nel corpo e nell’impatto. Per quanto riguarda il missaggio, la stessa voce tende alle volte a prendere il sopravvento, lasciando gli strumenti in secondo piano, con un effetto un po’ straniante. Un po’ sacrificate mi sembrano anche le tastiere, sempre presenti, ma spessissimo sotterrate dagli strumenti a corda e utilizzate come strumento principale solamente in un paio di occasioni. In questo disco non troverete il bilanciamento perfetto tra chitarre e tastiere che si può apprezzare nei migliori Symphony X.

C’è, comunque, tanto progressive in questo disco. Si sente già nel primo riff di chitarra che apre le danze, subito dopo gl’iniziali canti dei bambini, che rimane a distanza di tempo ancora di grandissimo impatto. Anche nelle altre parti più genuinamente metal, le influenze della musica mediorientale riescono a dare svolte melodiche interessanti ai brani (Norra el Norra) e gli assoli di chitarra mirano non al solipsismo tecnico ma a donare ancora più epicità ai momenti musicali. Una accorta struttura narrativo-musicale permette anche di inserire nel disco, in modo impeccabile, qualche chicca. Dai brani ispirati a tradizioni musicali mediorientali ed enormemente lontani dal canone della musica pesante (A’salk), agli esperimenti che fondono canto polifonico occidentale (in latino) a strumentazione mediterranea (Building the Ark) ai pezzi strumentali totalmente acustici (The Calm Before the Flood e Rainbow) che, lungi dall’essere semplici riempitivi, integrano in modo sostanziale il racconto musicale e aggiungono incredibile varietà al disco.

Al di là di qualche dettaglio, quindi, la musica proposta in Mabool resiste molto bene. Il songwriting conserva la stessa freschezza di vent’anni fa. I pezzi più tirati (Halo Dies o Mabool) continuano a trasmettere la stessa energia, con lead di chitarra fantastici. L’apertura Birth of the Three (The Unification) e The Storm Still Rages Inside, che confermo oggi essere i due pezzi più belli dell’intero disco, comunicano ancora la stessa aria di epica tragicità. Mabool inaugura per quanto mi riguarda un nuovo corso della band, che continuerà a inanellare buoni dischi, evitando sempre di cadere in formule banali o kitsch e per questo a ragion veduta sono ricevuti bene non solamente dai loro turiferari, ma anche dalla critica e anche dall’ascoltatore che gli si avvicina in modo più erratico. (Bartolo da Sassoferrato)

3 commenti

  • Avatar di Bonzo79

    Per me un capolavoro

    "Mi piace"

  • Avatar di Pepato

    Il capolavoro di una grande band. Purtroppo col tempo si sono un po’ inariditi, e ora ripetono la stessa solfa (siamo tutti fratelli, basta con la guerra) autoproclamati salvatori dell’oriente come degli U2 qualsiasi.
    Ma è un band che amerò sempre. Il disco successivo sarà un monumento orientale prog metal, e il più recente Unsung Prophets è ancora validissimo.

    "Mi piace"

  • Avatar di Sam

    Condivido parola per parola.
    Grandissimo album, ricco di sfumature e sapientemente suonato

    "Mi piace"

Scrivi una risposta a Pepato Cancella risposta