Avere vent’anni: CENTINEX – Decadence. Prophecies of Cosmic Chaos

I Centinex dovrebbero essere familiari a tutti coloro che si deliziavano i timpani con il death svedese classico. Gentaglia come Dismember, Carnage, Desultory, Interment, Unanimated, ci siamo capiti. Un po’ di Entombed anche, prima quelli vecchi e poi, con il passare del tempo, anche un po’ di quelli più moderni. Ecco, la parola moderno è quello che descrive ciò che, in un certo senso, a noi fan del suono death metal di quelle latitudini ha sfilato dalle mani il giocattolo. Quando uscì Slaughter of the Soul tutti i gruppi inquadrabili in quello stile ne rimasero ammirati; i più tentarono di rimanere fedeli alle loro origini e continuare per la loro strada, salvo accorgersi che, comunque, con quel disco, e con ciò ne era derivato, bisognava scendere a compromessi. L’alternativa era finire a cantarsela e suonarsela da soli in qualche oscura birreria davanti a dieci beoni annoiati che non ti cagavano neanche di striscio.

Non furono immuni da questa modernizzazione neanche i Centinex, band sì di seconda fascia eppure storica quanto le altre, con già all’attivo diversi lavori che consentivano a tutti gli amanti dello swedeath di variare un po’ gli ascolti, perché ad ascoltare solo Entombed e Dismember dopo un po’ ci si rompe le palle. A partire dal quinto album Hellbrigade, passando per il sesto Diabolical Desolation per giungere a questo settimo Decadence – Prophecies of Cosmic Chaos, il loro suono si è sempre più spostato verso quel death melodico derivato dal disco più famoso degli At the Gates. Specialmente in questa occasione la cosa è talmente palese da sembrare un disco dei loro più famosi conterranei, appena sporcato con un pizzico di death’n’roll armonico neanche troppo distante da Heartwork e con qualche divagazione di chitarra “siderale” messa qua e là giusto per non sembrare troppo smaccatamente dei cloni (e qualche raro blast beat per rimembrare i cari vecchi tempi); cosa pure adeguata al contesto delle liriche, incentrate su tematiche sci-fi.

Se da un certo punto di vista il disco funziona, perché i pezzi sono tutt’altro che brutti, poco ispirati o stantii, da un altro a me sono sempre sembrati dannatamente forzati. Io non sono convinto che i Centinex avrebbero voluto veramente suonare questo tipo di materiale se non ci fosse stata la profondissima crisi del classico death svedese e la susseguente necessità impellente di rinnovarsi per non sparire. Comunque sia erano già arrivati tardi, perché nei primi 2000 anche questa derivazione stava già mostrando la corda da un po’. Quello che abbiamo per le mani qui è dunque un piacevole disco di death svedese “moderno” (rieccoci), composto e suonato bene e lungo il giusto per intrattenere l’ascoltatore senza estenuarlo, che tuttavia stava in misurata parte declinando già all’epoca e che quindi – ahiloro – non regge il passare del tempo, risultando al giorno d’oggi derivativo per forza di cose. I Centinex che abbiamo amato tutti noi sono quelli dei primi quattro album, piccole semisconosciute gemme ingiustamente poco considerate, per lo meno non a sufficienza. Martoriati da cambi di formazione incessanti, e scaricati dalla Candlelight (già allora sub-label della Music for Nations), i Centinex si sciolsero poco dopo World Declension, il disco che segue Decadence (titolo quasi icastico) di un anno. Si sono riformati dieci anni più tardi all’incirca, ma i loro dischi post-reunion in me non hanno fatto breccia alcuna. (Griffar)

 

2 commenti

  • Avatar di Fredrik DZ0

    Personalmente ho un vero e proprio debole per i Centinex, poi esteso ai Demonical per ovvi motivi. Ho adorato i primi album, anche quando venivano perculati per “Kalimaa” la drum machine, tant’è che forse i miei preferiti se la giocano Reborn through flames e Reflections. Anche questo album lo presi e pur essendo ancor oggi appassionato di death melodico, si sente lontano 1 km che non è la loro strada, la loro personalità. E infatti è forse uno di quelli che ascolto meno, pur amando il genere in sè. Mi trovo parzialmente in disaccordo sul post-reunion, ma qui parla il fanboy (Redeeming filth l’ho consumato)…talvolta però resta il sospetto che certi lavori dei Demonical siano più ispirati.
    Intanto un grazie per aver tirato fuori uno dei “minori” preferiti, stasera me lo sparo in cuffia, chissà che non lo rivaluto un po’ di più…

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  • Avatar di X

    C’è molto amore, sincero, in queste parole ma pochissima obbiettività

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