Come se fosse in playlist, parte 2: DØDHEIMSGARD – Black Medium Current

Ben otto anni ci sono voluti ai Dødheimsgard per presentare un nuovo lavoro. È un lasso di tempo davvero lungo, ma che non deve sorprendere più di tanto quando c’è di mezzo un personaggio del tutto particolare come Yusaf “Vicotnik” Parvez, da sempre l’anima del gruppo, uno che ha sempre fatto quel cazzo che gli pareva: dal pure northern black metal di quel capolavoro di Kronet Til Konge, passando per l’ode al thrash europeo anni Ottanta di Monumental Possession, per poi cominciare a sperimentare, in parte con l’Ep Satanic Art e poi con la pietra dello scandalo 666 International (un disco d’avanguardia pura in cui il formato canzone andava totalmente a farsi fottere) che vi faccio immaginare come sia stato accolto dai blackster dell’epoca. Da lì in poi non c’è mai stato un momento facile per i Dødheimsgard, tra la perdita di molti sostenitori della prima ora e il continuo andare e venire di Bjorn “Aldrahn” Denker, una delle voci migliori che la Norvegia abbia mai partorito ma allo stesso tempo un personaggio difficile da gestire, anche perché, ai tempi, sotto l’effetto di sostanze non troppo lecite.

Come dicevo, la situazione da lì in poi è stata presa saldamente in mano da Vicotnik, e, se già le premesse erano più che buone, con questo nuovo Black Medium Current si è riusciti a fare ancora di meglio, dando vita ad una sorta di greatest hits di tutta la discografia dei Dødheimsgard. Che il disco sia sicuramente il più black dell’ultima parte della loro produzione ci vuole poco a capirlo, a partire dai due pezzi iniziali: Et Smelter e soprattutto la meravigliosa Tankenspinnerens Smerte, che ci riporta al tremolo picking della Norvegia di metà anni ’90 per poi indulgere in tastiere suadenti, arpeggi filtrati, partiture simil-progressive e la voce di Vicotnik mai così in forma come in questo frangente. La parte centrale del disco riprende le atmosfere più avanguardistiche del periodo di mezzo, mentre verso la fine si ritorna in territori prettamente black metal. Ma quello che colpisce è proprio l’atmosfera generale che si respira in questo lavoro, cupa, gelida ma allo stesso tempo velata di una sottile malinconia sottesa, probabilmente la sua vera arma vincente.

Inutile aggiungere altro se non il consiglio di far vostro questo disco senza farvi fuorviare da quello che i Dødheimsgard hanno fatto in passato. Dedicategli parecchio tempo, perché Black Medium Current non è propriamente di facile assimilazione, ma una volta che vi ha preso non vi lascia più. (Michele Romani)

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