La lista della spesa di Griffar: THE GLOOMY RADIANCE OF THE MOON, SOUFFRANCE

È uscito il nuovo disco della one man band olandese THE GLOOMY RADIANCE OF THE MOON, anche loro già trattati su queste pagine. Non si raggiungono i chilometraggi del titolo del primo disco, ma anche Hidden in the Darkness of Fallen Mastery si difende con onore e, tanto così per dire, il primo brano (uno dei migliori, tra l’altro) è sinteticamente denominato The Sempiternal Pestilent Wind Carries the Begrieved Whispers of Death. Una cosina così, semplice, memorizzabile con facilità. Rispetto all’album d’esordio mi sembra che il suono sia diventato ancora più keyboard-oriented, di sensibile ispirazione Limbonic Art era Moon in the Scorpio. Le chitarre accompagnano le tastiere ma sono tenute in secondo piano rispetto a queste ultime, che le soverchiano per immediatezza d’ascolto. Il tutto crea atmosfere molto siderali, che sembrano provenienti da luoghi lontani e inesplorati o dalle profondità cosmiche. Le tastiere sono comunque talmente “invadenti” da far praticamente scomparire le frequenti voci femminili che accompagnano con vocalizzi da soprano molti dei brani.

Come nei Limbonic Art la velocità dei pezzi è ragguardevole, e risalta ancora  di più per via del fatto che le composizioni sono più semplici, meno intricate rispetto ai loro illustri punti di riferimento norvegesi. Aleggia anche un certo sentore Emperor di In the Nightside Eclipse, con tastiere ancora più in primo piano. Tutto il lavoro è impostato predominantemente su tempi in blast beat, con qualche necessario stacco perché altrimenti, dopo i primi tre brani, ci si comincia a chiedere se si sia in grado di comporre qualcosa di diverso da un assalto frontale con le tastiere in sovraesposizione e poco altro. Cambi di tempo e divagazioni ce ne sono in tutti gli 8 pezzi, sebbene quello che risalta sia il turbinio di note che copre almeno il 75% dei 37 minuti di durata dell’album. Sostanzialmente, se andate matti per i vecchi Limbonic Art, Hidden in the Darkness of Fallen Mastery è dedicato a voi e difficilmente potrete trovare qualcosa di meglio uscito in tempi recenti; io lo trovo un buon disco, frenetico, molto violento, cattivo il giusto e con una discreta quantità di buone idee per ciò che riguarda le melodie, ma non regge molti ascolti reiterati in un lasso di tempo breve. Se ne ascolto una metà una volta ogni tanto mi risulta assai gradito, se gli stessi pezzi li ascolto il lunedì e poi di nuovo subito dopo il martedì qualche perplessità affiora perché innegabilmente si somigliano l’un l’altro in modo abbastanza smaccato. Non un difetto terribile, tuttavia…

Vengono considerati depressive black metal i canadesi SOUFFRANCE, già comparsi nei mirini di chi ascolta black metal underground a marzo di quest’anno grazie ad un breve EP eponimo, discreto ma ancora troppo acerbo per attrarre più di tanto interesse. E allora esiste già un seguito: si tratta sempre di un EP, ma i cinque brani che lo compongono (più immancabile intro, non sgradevole né indimenticabile) sono senz’alcun dubbio più articolati, più ragionati, scritti meglio e arrangiati altrettanto meglio. Solo che non sono per nulla depressive black metal. Insomma, dal DSBM ci si aspetta musica lenta, cadenzata, connotata da riff permeati da enorme sofferenza e disagio psicologico; i Souffrance assomigliano a questa descrizione solo a brevi tratti, neanche preminenti.

Tende a prevalere un black metal molto veloce, di sicura matrice fast/black canadese, quel tipo di sonorità peculiari di quella scena e che spaziano dai Monarque ai Neige et Noirceur, che non disdegnano rallentamenti e parti meno tirate alla follia ma che al depressive non si avvicinano neanche alla lontana. Mélodies pour âmes Ravagées è senz’altro un buon disco di classico black metal canadese; ascoltatevi Géhenne o Veisalgie ad esempio, sono pezzi che non hanno granché da invidiare a quelli di tanti loro illustri connazionali e, dal mio punto di vista, è assai meglio che non abbiano nulla di depressive black perché preferisco la musica che suonano attualmente (spero non abbiano intenzione di cambiare). Voi però consideratevi avvertiti, perché se cercate angoscia pura in musica non è qui che la troverete. Se trovo il tempo vi parlo di Just Leave Me… Like Everyone Else Did dei Forgotten americani, questo sì che è depressive black catramoso, di quelli che rendono sofferente e buia la più radiosa delle giornate. (Griffar)

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