CONVOCATION – No Dawn for the Caliginous Night
Partiamo con il dire che, sebbene possa anche far ricordare il Voldemort di Harry Potter, la copertina dell’ultimo disco dei Convocation non solo è fichissima ma racchiude bene l’essenza di questo ultimo loro lavoro. Attraverso i paesaggi desolati del terzo album, No Dawn for the Caliginous Night, ci imbarchiamo nuovamente con la band in un viaggio spettrale all’interno di un genere musicale che vede in band come Skepticism, Evoken e Atramentus alcuni dei campioni del genere. Il disco avvolge sin dal principio l’ascoltatore in un sudario di desolazione e dolore, con passaggi semplici ma eseguiti magistralmente e con perizia devastante, dove le voci minacciosamente gutturali e le orchestrazioni malinconiche si fondono impeccabilmente. Un esercizio di funeral doom da manuale, che non compromettere nulla della peculiare brutalità di questo tipo di musica, nonostante la presenza piuttosto massiccia di parti death chiaramente riconoscibili, e di alcune variazioni di tempo che mantengono viva la curiosità dell’ascoltatore, molto spesso architrave di innesti più accessibilmente melodici. Il duo Lakksonen (già attivo nei Desolate Shrine) e Neuman riesce a creare un’esperienza che, anche se non fa gridare al miracolo, è se non altro coinvolgente e, sono sicuro, finirà in più di una Top10 2023. Il disco, pubblicato nuovamente, come i precedenti, dalla lombarda Everlasting Spew Records, consiste di cinque brani per una durata di poco più di 48 minuti, e vede la partecipazione di vari ospiti, come i cantanti Natalie Koskinen, Niko Matilainen e Jason Netherton, e il violoncellista Antti Poutanen (pagato subito e in contanti).
Uno dei momenti più felici dell’intero disco arriva all’inizio, con l’incipit di Graveless Yet Dead, quando, dopo una lunga introduzione atmosferica in cui si intersecano organo, chitarre e voce, lo spazio musicale viene a riempirsi con un azzeccatissimo coro, che prepara il terreno al successivo assalto. I Convocation scatenano riff tumultuosi che sotterrano implacabilmente l’ascoltatore. La batteria si abbina all’intensità delle chitarre e del basso, e mantiene ritmiche ossessivamente costanti che, nelle parti più evidentemente lente dei brani, accentuano l’aspetto funerario della musica. Le voci, sia quando si esprimono nel classico growl gutturale sia quando alzano il pitch, trasformano questa processione funebre in nenia lamentosa, aggiungendo uno strato di notevole intensità. Il questo senso i cori femminili contribuiscono enormemente all’esperienza complessiva, e sono distribuiti coscientemente per potenziare l’atmosfera deprimente e malinconica di brani come Lepers and Derelicts.
Dal punto di vista della produzione, No Dawn for the Caliginous Night riesce a equilibrare ogni strumento in modo gradevole, ognuno riesce perfettamente bilanciato e trova il suo posto senza eclissare gli altri. Il suono della chitarra è cristallino ma pieno, le voci risultano lievissimamente riverberate. Forse all’interno della dinamica generale il suono della batteria è leggermente sacrificato in favore della voce e degli strumenti a corda. I Convocation introducono inoltre organi e violini, che offrono sonorità peculiari e variazioni timbriche particolarmente efficaci all’interno di una musica intrinsecamente oscura. Procession, brano che chiude il disco con una piacevole svolta melodica, è, assieme alla già ricordata Graveless yet Dead, uno dei pezzi più riusciti, testimonianza della capacità della band di maneggiare le distinte variazioni del doom in modo personale e convincente: in alcuni passaggi l’atmosfera delle composizioni raggiunge una considerevole, tragica, epicità.
Sino ad ora, e una volta di più con questo terzo disco, i Convocation hanno dimostrato di essere in possesso di buone idee. Ancora, dal mio punto di vista, non sono riusciti ad esprimerle al loro meglio e quindi guardo ad un futuro, possibile, quarto album. Se saranno capaci di concretizzare in modo migliore quanto di buono – ed è tanto – è stato sin qui dimostrato, penso che riuscirebbero ad esprimersi in un vero e proprio capolavoro. (Bartolo da Sassoferrato)



Madonna che disco incredibile.
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