Le streghe son tornate: MARTHE – Further in Evil

Erano talmente alte le mie aspettative che ai primi ascolti ho finito per concentrarmi quasi solo sui difetti, di Further in Evil. Ce ne sono, alcuni nemmeno troppo nascosti, eppure non così significativi da non entrarci in confidenza ascolto dopo ascolto, mentre emerge invece il corpo dell’album. Un difetto forse non viene ridimensionato: a quattro anni dalla mezz’ora abbondante di Sisters of Darkness, dopo un passaparola importante e un contratto nientemeno che con la Southern Lord, gli appena tre quarti d’ora dell’album di esordio di Marthe non sembrano essere il salto di qualità ai livelli sperati (da me). Complice forse il fatto che il vecchio Ep fosse, praticamente, già perfetto di suo. Nonostante fosse una registrazione casalinga venuta fuori un po’ quasi per gioco. Che gioco, però. Ora, con un bel po’ di tempo speso e alle spalle una casa discografica vera, il risultato sembra “solo” il degno seguito di Sisters of Darkness. Solo. E però fosse solo questo non sarebbe davvero poco.

Innanzi tutto, Marthe è ancora una one-woman-band e ancora una volta Marzia fa (praticamente) tutto da sola, compresa la registrazione casalinga. Che è migliorata pure, più potente e definita, sicuro, ma non tanto da scalfire il senso DIY dell’operazione tutta. Una differenza c’è nella voce, ora prevalentemente sporca, gutturale. A parte diversi vocalizzi stregoneschi sparsi. Invariato poi lo stile della musica, crust punk nero e metallo barbarico primèvo. Vene psichedeliche e sconfinamenti post-punk (nell’Ep c’era il fantasma di Bernard Albrecht sul riff di Married to a Grave, qui c’è proprio una cover di Siouxsie, dal capolavoro Juju). Quindi, insomma, non mancherebbe nulla. L’effetto sorpresa sì (e chi se l’aspettava un disco come Sisters of Darkness, specie da noi). A dire il vero, visto il tempo che ci ha messo ad uscire (Victimized era uscita già più di un anno fa, già in questa versione qui), pensavo che la Southern Lord ci stesse mettendo lo zampino in maniera pesante. Il che era tanto un rischio quanto un’opportunità. Non è stato cosi (o per lo meno non in maniera evidente) e in fondo questo è un bene e un segno dell’intelligenza e del rispetto di chi sta dietro il nome blasonato dell’etichetta americana. Oppure pensavo anche che sarebbe saltato fuori d’improvviso un mastodonte di settanta e passa e che ci sarebbero volute giornate di ascolto per venirne a capo. Al solito, le mie aspettative smisurate. Ma centomila volte meglio un album breve, compatto e significativo che uno sbrodolìo interminabile. Ecco che, a ben pensarci, va assolutamente bene che Further in Evil sia quello che è.

Sono solo cinque canzoni nuove e una cover in chiusura. In apertura il pezzo forte, I Ride Alone. Pezzo forte e maestoso, anche (e soprattutto) perché Marzia fa tutto da sola. DIY, dicevamo. Aggiungetevi dettagli, strumenti e strumentisti (cioè quello che pensavo stesse facendo la Southern Lord) e perdereste l’equilibrio di un brano sì epico, molto epico, ma minimale. Riff potenti, risoluti, marziali (banale giochino di parole). La voce, essendo diventata più aspra, un quasi-growl, a me sembra rifarsi al giovane Cavalera, più che a Quorthon. Spero di non offendere nessuno. Sbaglio o pure i Sepultura erano in fissa con Amebix e Discharge? Che poi i Bathory, certi Bathory, resterebbero come riferimento principale, in più tratti. Per ritmiche e dinamiche. Dinamiche che in I Ride Alone in fondo sono ben più che punk. Più diretta Dead to You: parte con un assolo che certo non è un capolavoro (uno di quegli aspetti che stridevano durante i miei primi ascolti), poi è quasi solo macello. Sacrosanto macello. Il resto non è da meno e continua a menare, Further in Evil e Victimized. To Ruined Altars aggiunge un altro elemento, già in nuce nell’Ep d’esordio ma qui maggiormente manifesto: la possibilità (e capacità) di alter(n)are il nero, grezzo nichilismo (sonoro) con una melodia aperta, epica, cantata a pieni polmoni, a voce pulita. Ecco, la voce pulita, che sulle prime era proprio l’elemento che mi convinceva meno, nei passaggi stregoneschi. Tipo, appunto, nella cover di Siouxsie, Sin in My Hearth. In realtà, entrandoci in confidenza, con l’aumentare degli ascolti questi passaggi assumono maggiore senso. Il senso di una contestualizzazione folklorica e ancestrale. Un altro elemento che rende la musica di Marthe quello che è. Ovvero, per lo meno per chi scrive, una delle voci al momento migliori e più fresche del metal in Italia (e forse non solo). Quindi, anche se Further in Evil è solo il degno seguito di Sisters of Darkness, in realtà non c’è molto di cui lagnarsi. (Lorenzo Centini)

8 commenti

  • Ragazzi, io vi voglio bene e tengo sempre in grande considerazione i vostri scritti.
    Però qui faccio veramente fatica a seguirvi.
    Ho ascoltato To Ruined Altars ed è francamente difficile capire cosa possa esserci di così caratterizzante da portare ad un giudizio così positivo. Pare veramente una canzone di Bathory. E nemmeno di quelle imperdibili.
    Ho poi sentito l’omonima e sembra invece un gruppo stoner marcio qualunque. Di certo non è un riff indimenticabile.
    Capisco l’attitudine, capisco l’aura di stregoneria che ammanta tutto, ma mi è davvero complicato capire come possa piacere a qualcuno che ha più di 14 anni ed è già avvezzo a queste sonorità.
    Sto cercando di capire.
    Aiuto.

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  • Concordo con quanto scritto con il commento sopra. Tolto il lato musicale dove siamo davanti all’ennesimo mix di Bathory+Crust+ black metal+ varie.Il lato grafico , copertine in bianco&nero , fuochi e fiamme , Satana e associati. Cose già viste e sentite , e fin qui , potrei anche passare oltre e fregarmene bellamente. Bisognerebbe ricordare : si che si la signorina ( che ti rimaneva impressa per le capacità polmonare….)ha fatto tutto da se , ma anche che fa parte della famigerata Crust Maphia felsinea ( “anarco”punk sotto Speed) ben ammanicata con la Southern lord , per cui prima di gridare al miracolo , conterei fino a 100…. personalmente poi , di dare a soldi a gente con la puzza sotto il naso , per usare un eufemismo ( alla faccia dell’anarchia..) non mi passa proprio per il cranio

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    • Alle volte i commenti alle recensioni sono davvero interessanti. Questo sito è probabilmente uno dei pochissimi che non fa marchette o sconti a nessuno e, forse per questo, ci si attende che ogni uscita debba essere necessariamente passata al setaccio dal collegio dei probiviri di metalskunk. Chi ha scritto la recensione non mi sembra abbia gridato al miracolo come commentato, e magari qualcun altro in redazione la pensa diversamente da lui. A me il disco, per quanto derivativo sia, è piaciuto molto come al recensore, che peraltro si aspettava qualcosa di più. Fare le pulci alla grafica, peraltro nel mondo metal caratterizzato da estrema pacchianeria sotto sto punto di vista, dire che a 14 anni si è già avvezzi a queste sonorità mi sembrano iperboli da due lire, soprattutto se riferiti ad un disco di una one woman band al “debutto” su un’etichetta che, per quanto importante, non è mica una major. Poi ovviamente ognuno la pensa come vuole, il disco può pure non piacere o aggiungere nulla – neanche so cosa potresti aggiungere nel 2023 a questo tipo di sonorità, a parte azzeccare maggiormente un riff – ma fare sto gossip sfigato (gente ammanicata con la southern lord, anarco punk sotto speed, puzza sotto al naso) è da invidiosi e malevoli, oltre che da miserabili. Mi sa che sta “crust maphia felsinea” non imbruttisce per strada abbastanza gente, pare che stai a parlà di quello scoreggione rincojonito di phil anselmo che non ti leggerà mai e non di una persona che nell’underground e nella scena ci sta, anche in maniera importante e senza probabilmente svoltarci una lira, da una vita.

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      • Guarda , non so se ti senti preso in causa . Chiunque abbia girato la scena punk a Bologna conosce certe situazioni . Erano loro stessi a definirsi Crust Maphia. Purtroppo suonare metal , non rende le persone migliori , né esenti da intrallazzi vari. La Southern lord è l’etichetta dei Wolfbrigade ….non proprio gli ultimi arrivati….. Ved i anche Agipunk , Personalmente della scena non me né può fregare di meno e meno ancora se lei non ci becca una lira. Guarda caso quando si scoprono gli altarini : o si è invidiosi (de che ? Manco suono. , invidioso del clone al femminile di quorthon?) Malevole ? Per il male che voglio a Marzia , le auguro non di fa il botto ma un esplosione nucleare. Miserabile , ,eh…con gli stipendi che ci sono in Italia…detto questo mi sembra di parlare con gli stessi che difendevano gente come Fabban e gli Aborym. Poi che se ai cruster piace farsi di Speed …no es mi problema. E visto che ci siamo se voglio ascoltare qualcosa di stregonesco , butto su le Aghast .

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      • Nan!!! Lascia stare Phil Anselmo….con sta qua non c’entra un cazzo.

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  • Fabrizio Papetti

    Mi ricordano i Kyuss boh

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  • Ma chi ha parlato di Anselmo ?! Manco.li ho mai cagati i Pantera….

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