In fondo alla palude: THE RITE – Astral Gloom

L’anno scorso ci eravamo esaltati (giustamente, anche se in ritardo) per il necrodoom dei Gargoyle da Reggio Calabria. Quest’anno credo che ci rifaremo con The Astral Gloom dei The Rite. Che è il secondo disco di un gruppo per quattro quinti italiano e col cantante danese. I nostrani risiedono a Milano e provengono da diversi gruppi del sottobosco estremo di area meneghina, come Macabro Genocidio, Black Ejaculation, VomitVulva, Funest, Morbus Grave, Gosforth, Coven of Impurity, Black Oath (questi ultimi fanno doom e mi cospargo di ceneri il capo per essermi perso il loro disco del 2021). Il cantante Ustumallagan (per gli amici?) viene invece dai Denial of God. Se conoscete queste band bene, altrimenti va bene lo stesso, ché i The Rite vivono chiaramente di vita propria. Ah, quando parlo di necrodoom parlo di un black metal impantanato in melme doom (appunto) e avvolto di cupissime coltri horror. Rispetto ai Gargoyle, qua c’è un po’ di organo e teatralità in meno. Tanta pece e marciume. Concettualmente, il grado zero, l’epicentro di quel mostro nero che dallo shock/horror rock e dal primo doom ottantiano si muoveva verso la prima ondata black metal. In sostanza, al centro di tutto, i Celtic Frost. Marci, paludosi, poi improvvisamente accelerazioni e vortici. Il grosso del disco è su tempi lenti e malsani, comunque. Non tutto.

La chicca è Naked when you Come, cover di una sporcacciona boy band danese dei ’60, tali Lollipops (una specie di Walker Brothers dei poveri?). La versione che sentite qui, anche se non ve la sentite di confrontarla con l’originale, è malata, venata di un organo funebre costante su tutta la durata. Gli Abysmal Grief probabilmente non avrebbero potuto fare di meglio. Ma le originali non valgono meno. The Valley of Megiddo è un pezzone, andando verso la chiusura del disco. C’è pure un mezzo “UH” strascicato, un riff motosega su batteria a tempo medio e poi arpeggio gotico decadente nel ritornello. So che non è il video riportato qua sotto, ma se volete decidere se Astral Gloom vale il vostro tempo partite da The Valley of Megiddo. Nosophoros e Under a Lunar Spell invece hanno momenti black più ortodossi. Non so perché ho scelto di parlare di queste tre: in realtà il disco regge tutto. Oh, bello proprio, ‘sto disco. Promuove Iron Bonehead che evidentemente ci sta prendendo gusto a diffondere chicche nascoste di underground estremo nostrano. (Lorenzo Centini)

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