La lista della spesa di Griffar: LUCIFIXION, VENGEFUL SPECTRE

L’underground non finisce mai di stupire. In questo capitolo ci sono due band mai sentite nominare prima che sbalordiscono per la loro interpretazione del black metal. Si rimane piacevolmente sorpresi perché, quando non si hanno particolari aspettative (“uhm, sentiamo come suonano questi tizi”), se ci si imbatte in diamanti grezzi il godimento è esponenziale.

Nessuno aveva mai sentito parlare prima d’ora degli americani LUCIFIXION, un duo di – suppongo – recente formazione (l’unica altra loro uscita è un demo del 2021) che debutta con uno stratosferico LP di black metal retrò come pochi, in grado di incorporare ogni tipo di influenza, dai Bathory ai DarkThrone, dagli Abigor ai Dissection con una naturalezza sovrannaturale, offrendoci un piccolo mastodontico capolavoro intitolato Trisect Joy of Pierced Hearts, impressionante per quanto è energico, grintoso, frenetico quando è il caso, più “rilassato” e thrasheggiante in altri momenti (l’assolo in wah-wah nella sezione meno tirata della opener Hammer of Fevered Lights mi fa letteralmente saltare per aria), in grado di includere riff melodici in puro stile Dissection in un contesto almeno dieci volte più estremo di quanto offerto da Jon Nodtveidt e compagnia brutta.

I pezzi nominalmente sono sette, anche se la conclusiva Trisect Joys è la coda della lunghissima suite Iron Outer Midnyghte, a cui è legata senza soluzione di continuità portando quest’ultima a un significativo minutaggio di circa 18 minuti senza un difetto che sia uno. Anche Agony Fugue, il brano che apre il lato B, è una breve strumentale ambient e se vogliamo è l’unico episodio che non esalta più di tanto, ma già il seguente O, to Strike One Great and Final Wound on Thee Sum of Thee Earthe è un’assalto frontale (anch’esso assai breve, meno di tre minuti) black/thrash/noise in cui viene nuovamente riproposto l’assolo in wah-wah, il tutto prima dell’apoteosi finale succitata. Da ammirare l’inclusione di assoli di chitarra capaci di monopolizzare l’attenzione, le sovraincisioni di riff atmosferici e coinvolgenti con licks di derivazione quasi cascadica, manco fosse la cosa più abituale di questo mondo. Io non li avevo mai sentiti nominare. Li ho scoperti per caso, ho comprato il disco di botto, senza troppe remore. Il vinile arriva dagli Stati Uniti, pagato un delirio, soldi spesi assai bene. Però se volete (e dovete volerlo, che cazzo) potete acquistare anche solo la versione digitale.

I 殞煞 (VENGEFUL SPECTRE), cinesi, ritornano con 殞煞 (Vengeful Spectre II), il seguito del loro debutto eponimo. Anche questo è un disco bellissimo. Se nel primo episodio prevaleva un black atmosferico dalle spiccate influenze folk regionali, oggi i ragazzi suonano qualcosa di molto simile ad un death metal melodico dalle forti influenze svedesi, non infrequentemente sviluppato su tempi vicini al doom metal più marcio, tipo Saint Vitus; una certa vena di ispirazione folk è ancora presente, pur senza essere particolarmente spiccata o predominante, ma rimane comunque una parte essenziale delle loro composizioni ed è splendidamente piacevole che non sia andata perduta in questo parziale cambio di stile. Roboanti tastiere coloriscono partiture che sono più rallentate e pesanti rispetto all’esordio, più elaborate e indubbiamente più melodiche. Lo screaming c’è ancora, ma qui tende a prevalere un profondo, cavernoso growl classico che in questo tipo di composizioni ci sta a pennello.

Man mano che il disco procede emerge una maggior quantità di elementi folk, ambient e post-metal, spesso usati come fill o stacchi per diversificare notevolmente le varie sezioni dei pezzi e aumentare l’interesse per l’ascolto del disco tutto d’un fiato, senza interruzioni e senza stravolgere la scaletta dei brani. Per inciso, questa è un’abitudine (pessima) che riscontro sempre più spesso conversando qua e là con il fruitore medio di metal, il quale mette la funzione random, parte con il disco e dopo un paio di brani passa ad altro perché c’è troppa roba da ascoltare e non si ha abbastanza tempo. In questo modo non ci si gode i dischi, gente. Vengeful Spectre II dura 44 minuti e mezzo, non un’eternità; nessun riempitivo, anzi c’è un sacco di carne al fuoco in grado di tenere desta l’attenzione per tutta la sua non proibitiva lunghezza, godendosi appieno tutte le sfumature che i ragazzi si sono dilettati a creare. Notevole anche l’utilizzo di uno strumento simil-flauto denominato pipa, paragonabile ad un flauto di Pan, spesso utilizzato nelle parti folk, d’impatto particolare e d’effetto. Dedicategli il giusto tempo, vi corroborerà. (Griffar)

2 commenti

  • Le playlist e lo strumento “shuffle” sono il male del millennio…
    I loro creatori bruceranno all’inferno.

    Detto ciò interessanti i cinesi, approfondirò.

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  • Probabilmente inutile segnalare qualcosa che immagino tu conosca già. Ma a beneficio dei 27 + QWERTY lettori del blog, segnalo un disco che ho trovato veramente splendido:

    Trépas – Les Ombres Malades

    Uscito in formato fisico già da un po’ su Sepulchral production, lo trovate sia sul tubo che su spotify.
    Attitudine epica métal noir québécois e blackgaze. Grandi atmosfere e batterista con i contro-cazzi.

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