La lista della spesa di Griffar: UNHOLY CRAFT, VERMILLION DAWN
UNHOLY CRAFT è il moniker di uno degli altri progetti del tipo norvegese che ha già in piedi i Kvad e i Solus Grief. Naar all tid er omme (traducibile con “ora il tempo è esaurito”) è il debutto uscito ad aprile, ma ne esiste già un seguito (A Blaze of Tridents, sempre di aprile ma attualmente disponibile solo in digitale, spero si spicci a pubblicarlo anche in versione fisica) ed è in programma uno split con i Vorfgang a fine agosto.
In questo gruppo Praefuro (il nick del nostro eroe) mette tutto il suo black metal più fragoroso, significativamente influenzato dai grandi nomi del passato suoi connazionali. Molto vicino ai Gorgoroth, ai Gehenna degli esordi, agli Immortal di Battles in the North, agli Tsjuder. Il disco è violentissimo e non concede tregua nel corso dei suoi 38 minuti scarsi, suddivisi in otto brani cantati parte in norvegese e parte in inglese. Qualche rara tastiera, qualche sezione ambient o qualche rallentamento sporadico non alleviano la brutalità sulla quale è incentrata tutta la musica. Opera validissima dedicata a tutti i nostalgici dei cari vecchi tempi, keep the black flame alive!
Con il black metal di mia pertinenza non c’entrano (quasi) nulla, ma sarei matto a non parlarvi dei VERMILLION DAWN, progetto di technic symphonic brutal death qualcosacore con vaghe incursioni in un black atmosferico roboante, maestoso e molto melodico. Boreal Valley penso sia il loro secondo disco, anche se io non li avevo mai sentiti nominare prima di imbattermici casualmente girovagando per Bandcamp, rimanendo sulle prime assai di stucco. Questi tizi tecnicamente sono ai vertici della preparazione, scrivono pezzi schizzati e contorti come già ascolato nei First Fragment, solo che nel loro caso c’è un po’ meno di ostentazione di abilità strumentale, che qui mira più ad essere al servizio della funzionalità del pezzo piuttosto che ad abbagliare l’ascoltatore esterrefatto lasciandolo a rammaricarsi di non aver mai imparato a suonare così tanto benissimo uno strumento. I cinque pezzi (mezz’ora di musica, oramai pare sia la lunghezza standard per un disco) sono privi di difetti e spaziano da rallentamenti pachidermici ad improvvise esplosioni in blast beat, frasi frantumate, sincopi, dissonanze, tempi dispari, stop’n’go, tecno-thrash stile Bay Area, rock fusion, c’è di tutto. La voce si sdoppia o persino triplica, sovrapponendosi tra il growl più putrefatto e il gracchiare deathcore, non tralasciando neanche l’impostazione clean (Mourning Star per esempio); le chitarre disegnano riff spezzati stracolmi di melodie particolari e personali, il basso è suonato da un virtuoso, il batterista è impressionante e le onnipresenti tastiere coloriscono il tutto e abbracciano le composizioni donandogli coesione e linearità. Peccato per le spese postali imbecilli, perché il CD si può comprare per il momento solo in America e il gioco non vale la candela. Aspettiamo quindi tempi migliori, perché viceversa l’acquisto sarebbe stato istantaneo. Non si può non comprare dischi di questo livello.
Come sempre tra non molto arriva un nuovo capitolo, esce musica della madonna in continuazione. Sono bei tempi per i metallari. (Griffar)



il disco dei Vermillion si trova su spotify, ora ci butto un orecchio..
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