R.I.P. Without Name [1964–2023]

Ho appreso oggi, da un comunicato sulla pagina Facebook dei Mortuary Drape, della morte di Without Name, il loro primo bassista e cantante dal 1986 al 1989, e protagonista di un breve ritorno all’epoca di Tolling 13 Knell (2000). Il mio pensiero e il mio abbraccio, ovviamente, vanno alla famiglia, agli amici e alla band. A noialtri resta da interrogarci su cosa lui abbia significato in quanto personaggio “pubblico”, e la cosa è particolare perché di lui non sapevo e non so assolutamente niente. Aveva un nome, ovviamente – Beppe – ma questa è l’unica cosa che so. Avrà avuto famiglia, lavoro, forse altri progetti musicali, ma o è stato molto discreto o ho guardato io nei posti sbagliati. Non ho idea del perché sia rimasto così poco tempo nella band. Ci restano quindi le poche testimonianze audio e video di quel periodo (che, lo ricordo, precedono qualsiasi uscita discografica ufficiale dei Mortuary Drape) e appunto l’album in cui Without Name fece il suo ritorno più di dieci anni dopo aver lasciato il gruppo.

Eppure proprio da queste poche fonti emerge quanto importante sia stato il suo contributo ai Mortuary Drape. A mio avviso, Without Name incarnava più di ogni altro quella carica kitsch e priva di compromessi che ha reso unici gli alessandrini nel panorama black metal internazionale. Chi aveva pensato, prima e dopo di allora, a quel mantello con cuffietta nero-viola, a metà tra un monaco guerriero e un prete in tenuta da funerale? Erano gli anni di Wildness Perversion con il cappuccio da boia, delle casse da morto, i candelabri e le lapidi sul palco. Erano anni in cui il black metal era vivo e faceva paura. Without Name, con quell’immagine e quella presenza sulla scena, ne incarnava lo spirito alla perfezione. Giusto ieri sera, in un momento di sincronicità, mi trovavo in un pub di Göteborg e con una collega svedese di 15-20 anni più giovane di me mi sono trovato a parlare di black metal. “Avete un grande gruppo in Italia – i Mortuary Drape!” ha esordito lei, spiegandomi che per lei sono sempre stati una cosa totalmente diversa da ciò a cui è stata abituata in Scandinavia. Ho cercato, con fatica, di spiegarle il loro approccio culturale – che io ho sempre trovato, non so se a torto o a ragione, molto italiano – al black metal. Non sapendo che Without Name stava per lasciare questo mondo, spero di averle trasmesso qualcosa del perché quella sua immagine mi aveva colpito da ragazzo e ha continuato a farlo negli anni.

Dico questo perché a un concerto a ridosso di Tolling 13 Knell, Without Name arrivò sul palco con qualche anno in più, ma con gli stessi parafernali di allora. Fece un concerto strepitoso, insieme al resto della band. Come ho scritto nel pezzo linkato all’inizio, quella sera capii che i Mortuary Drape sarebbero stati il gruppo della mia vita, e a ripensarci oggi credo che sia stato, in larga parte, merito suo. Abbandonato nuovamente il gruppo, i Mortuary Drape hanno ripreso alcuni elementi della sua immagine nei mantelli e nei cappucci che vedete ora ai loro concerti, ma mi sembra evidente che – come è giusto che sia, del resto – il passato è terra straniera. Sempre in occasione di Tolling 13 Knell, feci un’intervista a Walter/Wildness Perversion per una webzine. Interrogato sull’immagine old style di Without Name, Walter mi rispose, con accento di simpatia e rispetto: “è rimasto lo stesso macabro ragazzo di un tempo”. Quando muore un artista – soprattutto se, ahimé, prematuramente – tende a cristallizzarsi un’immagine di eterna giovinezza. Ora che Beppe/Without Name ha passato quel confine più volte cantato da lui e dalla sua (ex) band, resta a noi ricordarlo per quanto ci ha dato quando era solo un “macabro ragazzo”. Grazie, e che la terra ti sia lieve. (Giuliano D’Amico)

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