Quando il Troll va in vacanza (ovvero quella sera ad Akureyri)

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Si parlava tra noi di quanto fossero immensi i Nordheim e i TrollfesT (prima o poi gli argomenti delle conversazioni redazionali saranno oggetto di un’interrogazione parlamentare) e del perché non avessimo mai condiviso con voi questa ulteriore nostra insana preferenza musicale. Per un terrone avere la passione per il freddo, il ghiaccio e i troll è un casino. Allora appena uno può farsi un viaggio da solo cerca la meta più a nord del Nord. Il posto più a nord in cui sia mai stato è Akureyri, cittadina dell’Islanda settentrionale a due passi dal circolo polare artico. In sintesi: un cazzo di freddo pure ad agosto. L’Islanda è un luogo veramente incredibile e dovete andarci a tutti i costi, dico sul serio. Dato che gli unici intrattenimenti che hanno i giovini islandesi sono guardare l’aurora boreale da fatti, appendere lo squalo elefante ad essiccare e farsi le pugnette sulle foto Björk Guðmundsdóttir, per sopravvivere alla noia si son dovuti inventare il Runtur. Niente di diverso dal pub crawl inglese ma più estremo e allo stesso tempo incentivato dalle autorità locali. Gli islandesi, di ogni sesso ed età, hanno una resistenza all’alcol che i nostri amici bergamaschi al confronto sono dei pargoli astemi. Ho visto cose che voi umani non potete nemmeno immaginare: donne alte e larghe come frigoriferi che si rovesciavano in gola un litro di birra senza prendere fiato (tipo The Immobilizer, ma donna), teenager dall’aspetto delicato e slavatello che ruttavano a oltre 120 decibel, donnicciole ubriache per strada che ti insultavano perché andavi in giro coi guanti, il cappotto e l’ombrello mentre loro indossavano gonnelline di tulle e infradito, maschi non più che diciottenni che spingevano carrozzine e passeggini (le frequentissime conseguenze del Runtur, come poi abbiamo appreso).

Funny-Drunk-People-3Tutto questo succedeva a Reykjavík che è una città di 150.000 abitanti, che per loro è veramente un botto di gente. Ad Akureyri no. Ad Akureyri fa tanto freddo e per strada ci sono quattro gatti in croce. Ad Akureyri il Runtur non si fa a piedi, si fa in macchina. Ah, un’altra cosa. Dovete sapere che gli islandesi sono fissatissimi con le macchine, per i suv e i gipponi in particolar modo. Credo che la cosa derivi da una questione di sopravvivenza alla totale mancanza di infrastrutture (mancano le strade asfaltate quasi ovunque) e ai rigori del clima (quando tira vento devi solo piantare un palo a terra, attaccarti forte e pregare a San Gennaro), ma fondamentalmente è perché sono dei truzzi. Ogni ragazzo che si rispetti, parlo della provincia, ha la sua officina privata e il suo bigfoot col quale non esita a superarti a tutta birra, sverniciando la povera berlina giapponese che hai affittato all’aereoporto a prezzi sovrumani. E te lo immagini questo omaccione grosso, barbuto e ignorante come un ciocco di legno che mentre ti sorpassa, rovesciandoti addosso due chili di brecciolino, se la ride di gusto. Gli islandesi sono gente eccezionale. Molto ospitali ma allo stesso tempo estremamente sospettosi. Insomma, la sera del Runtur ad Akureyri, ci sediamo al bar e cominciamo a bere, a bere, a bere. E nessuno che si fermava a parlare con noi che eravamo gli unici seduti al bar. I giovani locali giravano in questi macchinoni, tre o quattro di loro con la musica truzza, e bevevano, bevevano, bevevano. E ci guardavano dalle macchine. E noi guardavamo loro dai tavolini del bar. Cronometrammo che ogni giro del paese durava trenta secondi precisi. E ogni trenta secondi li vedevi passare nei suv, con la musica a palla, che bevevano e ti guardavano. Con gli islandesi è così, devi perderci un sacco di tempo per scambiare due parole. Noi, che non avevamo un cazzo da fare, ci impiegammo tutta una notte. Dopo numerosi amichevoli saluti con la mano e alzate di calici (una ogni circa trenta secondi), un paio di gipponi ebbero l’ardire di fermarsi e venire a sedersi al bar.

imagesQuello penso che per loro sia stato un evento speciale, qualcosa da ricordare e raccontare ai figli: quella volta che papà scese dall’auto e parlò con dei turisti. A dire il vero l’inglese lo parlavano male veramente ma alla fine eravamo tipo alla settima birra e in quei casi si fa pochissima fatica a comunicare. Ora che ci penso, ci circondarono in cinque, tra omaccioni e donnone, ma era solo uno di loro a parlare. Insomma, questo tizio comincia ad elencare tutte le macchine che aveva posseduto nella sua vita e tutte le modifiche che aveva apportato a queste macchine, alle gomme, al motore e che so io. Ora, io amo le moto ma di macchine non ci capisco veramente un cazzo e noi, ai quali avevano detto di essere sempre gentili e accondiscendenti come si fa con i bambini (solo enormi e molto ubriachi), sorridevamo alle sue storie sconnesse. Beh, per farvela breve questo tipo, sciolta ogni riserva nei nostri confronti, tira fuori dal cruscotto del suo gippone un quaderno ad anelli con imbustate nelle plastichette, tutte precise, le foto di una delle sue tante macchine che aveva sfondato qualche anno prima andandosi a schiantare contro una roccia. Fu un incidente devastante che all’epoca, farfugliava il tizio, ebbe una eco enorme in mezza Islanda. Ero alticcio sì, ma quelle foto non le scorderò finche campo. Ovviamente andò a sbattere durante uno dei tipici Runtur di Akureyri. Credetemi, è la sacrosanta verità e gli islandesi sono gente fantastica. E poi loro ci credono veramente agli elfi e ai troll.

Insomma, ragazzi, nell’ultimo disco dei Nordheim si parla più o meno di queste cose e lo spirito è veramente quello giusto e loro sono dei geni, punto. Nel disco precedente ci avevano deliziati con brani spaccaossa come Beer, Metal, Trolls and Vomit! e Old Crazy Man e in questo ultimo Refill non tradiscono l’attitudine festaiola con pezzi da birreria tipo Soulblood o Get Drunk Or Die Tryin’, che racconta più o meno la storia di come va a finire di solito un tipico Runtur islandese. Fatelo vostro senza se e senza ma. Sempre a proposito di geni, reperite anche la compilation, A Decade of Drekkadence, che celebra i dieci anni di prolifica e alcolica carriera dei TrollfesT. C’è un brano nuovo, ri-registrazioni di immortali pezzi vecchi e un sacco di cover meravigliose, tipo quella di Britney Spears. (Charles)

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