Fartwork spin-off: i migliori capri della nostra vita (part 1)

L’immagine che vedete qua sopra l’avevo vista per la prima volta attaccata alla porta del cesso in una specie di studentato/comune in California. Qualche estate fa ero andato a trovare una mia amica, il futuro agente dell’Interpol Crazy Mary, che stava frequentando un corso all’università di Berkeley e si era piazzata in una vecchia casa coloniale dove una quarantina di persone coabitavano in una sorta di regime anarco-socialista che io trovavo molto suggestivo essendo cresciuto con il mito della Summer Of Love e di tutte le stronzate fricchettone annesse e connesse. Il posto era miracolosamente pulito e ordinato ma, come ovvio, pullulava di personaggi borderline. In particolare c’erano un israeliano e un iraniano che avevano in comune la statura bassissima. Il primo era un po’ scostante e teneva costantemente occupata la cucina, manco fosse una colonia cisgiordana, per preparare quantità industriali di muesli che apparentemente consumava da solo.  Il secondo era più gioviale e ogni sera si dileguava per “andare a raccogliere fondi per la campagna elettorale di Barack Obama” per poi ripresentarsi all’alba ubriaco fradicio in barba ai precetti della sua religione. A me questa coincidenza appariva fantastica, e ogni volta che avevo alzato troppo il gomito o esagerato con l’ottima sweet leaf  locale (tutte le sere, quindi) cercavo di convincere gli altri inquilini a organizzare un incontro di wrestling nel fango tra loro due. Voglio dire, hai un nano israeliano e un nano iraniano a disposizione, come non farli lottare nel fango. Se facevi sborsare due dollari a cranio per venirli a vedere ci pagavi pure un paio di bollette. Purtroppo nessuno mi dava retta, anzi, mi guardavano malissimo perché gli americani hanno ‘sto cazzo di problema del politically correct. Questa storia dello scontro di civiltà tra nani è la cosa che più mi è rimasta impressa di quel viaggio insieme all’immagine che vedete qua sopra, una sorta di evergreen del sistema educativo a stelle e strisce che viene utilizzato per insegnare ai bambini delle elementari le parti del corpo degli animali. Mi è rimasta impressa perché raffigurava una capra. Se fosse stata Know your cow, Know your chicken o Know your hippopotamus non ci avrei mai fatto caso.

Questa è la dimostrazione di come l’heavy metal cambi irrimediabilmente la tua percezione del mondo. Essendo la capra, e in particolare il caprone, una sorta di totem per noi adoratori della chitarra distorta, del blast beat e soprattutto del demonio, uno ci fa caso. Un’altra firma di questo blog, che non nomino per salvaguardare quel poco di dignità che gli resta, una volta mi raccontò che aveva visto un caprone in campagna e ci si era messo davanti facendo lo screaming e le metal horns. Per poco non rischiò di essere caricato dal quadrupede ma probabilmente anch’io mi sarei comportato allo stesso modo se mio nonno non avesse allevato solo mucche e maiali. E’ più o meno lo stesso discorso di quando si passa davanti a dei tizi che stanno tirando giù un albero con una motosega. Se ci passa davanti una persona normale non farà una piega. Se ci passa davanti un tizio come il sottoscritto, che ha visto talmente tanti film horror da considerare l’attrezzo uno strumento di offesa più che di lavoro, cambia lato del marciapiede. Metti che il giardiniere inizia a inseguirmi con la motosega, può capitare, al cinema l’ho visto succedere un botto di volte. Constatata ordunque la rilevanza del caprone nel nostro immaginario collettivo e la sua importanza simbolica in quanto animale da compagnia favorito di nostro signore Satana, prendo in prestito dal buon Charles il collaudato format di fartwork per un indimenticabile viaggio tra i più suggestivi tributi grafici che la nostra musica preferita ha voluto dedicare al simpatico ruminante. Ladies and gentlemen, ecco a voi i migliori capri della nostra vita:

Ragazzi, c’è poco da prendere per il culo, gli Acheron sono persone serie, e il loro leader Vincent Crowley è un musicista sensibile e tormentato. Da quando Anton LaVey ha tirato il calzino e lui non si è più potuto fregiare del titolo di reverendo della Chiesa di Satana la sua vita non è stata più la stessa. Le uscite della band, un tempo prolifica come un allevamento di conigli teo-con, inizieranno a diradarsi e Vincent, privato del suo calvo mentore, arriverà a scioglierla più volte per poi ripensarci cinque minuti dopo. Lo scorso maggio sembrava la volta buona, poi qualche mese dopo l’ennesima marcia indietro: gli autori di indimenticati classici come Satanic Erotica e Fuck The Ways Of Christ decidono di “riaprire il vaso di Pandora (sic)”. Meglio così, ci sarebbe mancato un gruppo in grado di dare alle stampe copertine come quella che vedete qua sopra, un inno all’amore universale di chiara ascendenza hippie, o quella, assolutamente immortale, di Rebirth.  E’ il fatto di possedere dischi del genere che crea una frattura insanabile tra te e il mondo normale.

Dal momento che Pan, signore dei campi e delle selve nell’ora meridiana, protegge le greggi e gli armenti, che è in effetti un lavoro duro, avrà pure diritto a svagarsi ogni tanto, porco Zeus. ‘Sta statua, se non erro, sta al Museo Archeologico di Napoli. Mica cazzi. Gli ignorantissimi Nunslaughter, band dotata di forte spirito hardcore sia nell’attitudine discografica (ogni anno fanno uscire quattromila ep e hanno fatto più split loro degli Agathocles) che nello stile (Raid The Convent è un’altra ottima canzone da macchina per l’estate), condivide con gli Acheron il fatto di essersi trasferita dalla città natale, per ragioni non pervenute, in Ohio che, lo ricordiamo, è il posto dove Trainspotting afferma di voler essere nato o perlomeno passare la vecchiaia. Non so, io continuo a preferire Portland.

E dato che il caprone è diventato simbolo del Maligno proprio per la demonizzazione operata dal cristianesimo della figura di Pan, espressione della potenza sessuale maschile primordiale, ha pure una sua coerenza che molti brothers of metal recuperino il significato originario di questo personaggio da noi tanto amato. Questo rituale di fertilità ossianico nonché ctonio ci viene offerto dai peruviani Black Angel (viva l’originalità), l’ennesima conferma che – in campo estremo – la roba più situazionista arriva sempre dall’America Latina.

Quando si discetta di argomenti senza costrutto si usa l’espressione “parlare del sesso degli angeli”. Gli Archgoat (che, attenzione, come ci ricorda Giuliano, sono necroculto), con il loro Angelcunt, sembrano invece avere le idee piuttosto chiare in merito.

Una delle prime regole quando si è all’estero è: se ti spingono a mangiare un piatto di carne locale ed è buono non chiederti cosa c’è dentro finché non hai finito (io non vedo l’ora di tornare a Belgrado solo per degustare di nuovo la zuppa di cipolle e frattaglie servita da Kavana, a destra della cattedrale, non vi potete sbagliare). Ce lo ricordano anche i Rolling Stones, che ci dimostrano come il nostro animale totem fosse presente nell’iconografia rock anche ben prima dell’avvento dei Venom. Sì, lo so che è un bootleg, quanto rompete.

Embè, questi sì che sono artisti. Ovviamente non si tratta dei Sabbat di Andy Sneap (che per la loro reunion si sono ribattezzati Return To The Sabbat, sarà mica colpa di questi qua?) ma di un oscuro combo giapponese attivo ininterrottamente – attenzione! – dal lontano 1984. E pure i Goat Semen sono peruviani, ulteriore conferma dell’attitudine true nekrokult no compromise che vige da quelle parti. Per ora assegniamo il premio speciale della giuria a questo indispensabile split ma, fidatevi, il peggio deve ancora venire… (Ciccio Russo) (Continua…)

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