LENTO – Icon (Denovali)
Questo è stato l’album più difficile che mi sia trovato a recensire da parecchio tempo a questa parte, avendo letteralmente adorato “Earthen” trovarmi di fronte a qualcosa che fosse meno che esaltante è stato una grossa delusione. Superare il proprio pregiudizio (positivo) per ammettere di essere delusi non è stato affatto semplice. Cosa è che non riesco a capire? Quante volte lo dovrò ancora ascoltare prima che mi si renda evidente la sua bellezza? Ascolti costanti, ripetuti e concentrati… Finché ad un certo punto ho deciso che il problema non era mio ma di “Icon”, del suo essere un album piatto, i cui pezzi mancano di sostanza, brani privi di una loro evoluzione interna e della maestosità che era lecito aspettarsi. Anche le tre chitarre sembrano essere utilizzate con l’intento esclusivo di voler essere possenti senza cercare alcuna stratificazione del suono con linee che si diversificano per poi ricongiungersi. Tutto troppo quadrato, rigido, iper-semplificato. Freddo. Minimale non è la stessa cosa che essenziale. “Icon” sembra voler spostare il sound verso una indefinita intellettualità, ma perde quello che era il suo pregio principale, ovvero il mantenere ancora una certa accessibilità nonostante una formula comunque impegnativa. Questo avveniva tramite l’utilizzo di riff e costruzioni di tipo più classicamente metal (il riff) e senza il ricorso massiccio a dissonanze e altre soluzioni di questo tipo. La sua bellezza era essere un prodotto di sintesi, il poter essere apprezzato dal metallaro-chic con i basettoni e gli occhiali spessi come da un headbanger più tradizionale. Il pregio principale di “Earthen” (oltre ad avere dei grandissimi pezzi) era anche quello di dirigersi altrove rispetto al post-core o come cazzo si chiama, qui invece tutto sembra voler puntare verso il recupero di un etichetta ed un canone oltremodo usurati. Forse è intenzionale, magari è solo malriuscito, se le ragioni sono in dubbio la delusione invece è sicura. Una delusione acuita dal fatto che si tratta anche di un gruppo italiano e che in una scena come quella nostrana, popolata in maniera quasi esclusiva da falliti che pensano alla foto di copertina e quale macchina si compreranno con le royalties ma non sanno accordare la chitarra, una band come i Lento rappresentava una delle poche cose di cui andare fieri. Soluzione atipiche, pesantezza e intelligenza, produzione raffinata, appeal internazionale non sono roba che vendono al supermarket, vederli sfumare così lascia abbastanza perplessi. Inutile negarlo, ci sono rimasto male. (Stefano Greco)

Mi sa che hai invertito gli album.
Dire di Icon ” album piatto, i cui pezzi mancano di sostanza, brani privi di una loro evoluzione interna” e poi “iper-semplificato. Freddo. Minimale” fa pensare che tu non l’abbia ascoltato, ma non dieci volte, nemmeno due.
Senza offesa.
Alessia.
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