Cosa resterà di questi anni ’80: CHRIS HARMS & VNV NATION

Quest’anno ho praticamente ascoltato solo roba vecchissima. Tanto è vero che il mio Wrapped 2025 di Spotify mi assegna una età di 65 anni. Di conseguenza faccio fatica a stilare una playlist come si deve. CHRIS HARMS in un primo momento sarebbe finito nella sezione “altra roba che è garbata”, ma viste le premesse, e visto pure che sempre Spotify sentenzia che questo è stato il disco che ho ascoltato di più nel 2025, come esimermi dal parlarne, tributandogli i giusti onori? La premessa era dovuta. Sembrerà volta a giustificarmi di cotanto guilty pleasure… E infatti è proprio così.

Per chi non lo conoscesse il signor Harms è il leader dei teteschi Lord of the Lost che non avevo mai sentito nominare e che poi sono andato ad ascoltare per scoprire che non sono concettualmente da ignorare: alternano quel gotico pipparolo romanticone che andava di moda nei primi 2000 e quella specie di rockettone imbarazzante tetesco che si ascolta nelle birrerie tetesche perché invoglia ai cori da birreria tetesca. Hanno pure partecipato a una edizione dell’Eurovision Bicurious Contest e sono arrivati pure in finale, sebbene abbiano chiuso la classifica per ultimi. Chissà perché nell’Europa di oggi si preferisca Marco Mengoni al gotico pipparolo, non lo capisco proprio. Ad ogni modo, non penso che li ascolterò mai più. Insomma, amici darkettoni, il signor Chris Harms ha deciso di andare da solo questa volta e di dedicare un album, che mi è piaciuto un casino, agli anni ’80. Nel video di I Love You c’è lui su una Yamaha TDM che gira per una notturna città passando da una sala giochi all’altra e fendendo l’aria con una katana. Musicalmente parlando non starei neanche a fare lo spiegone, perché è abbastanza autoevidente quanto possa essere meravigliosamente “truzzo” un disco intitolato 1980. Ascoltatevelo se vi mancano i cabinati pixellosi e le partite a Final Fight all’uscita da scuola.

Nell’album c’è anche un brano in cui vi canta Ron Harris dei VNV NATION ed è uno dei brani che preferisco, forse non a caso. Quindi mi sembra logico passare a Construct. Ai VNV pare impossibile scrivere un album brutto, nonostante la discografia immensa. In verità Construct ha ricevuto qui e là alcune critiche, soprattutto da una cerchia di fan più oltranzista perché legata al sound EBM. Il suono qui si fa più notturno e non è dominato dai classici pezzoni cafoni con la cassa dritta che ti fanno abbassare il finestrino al semaforo, alzare il volume al massimo e urlare sconcezze alle donne che passano come fossi un giovane Cristian De Sica al volante di una Ferrari F40.

Lo stile dei VNV Nation è un marchio di fabbrica e qui è presente e distinguibilissimo. Certo, non siamo ai livelli di Automatic o di Noire, per restare più attuali, l’album è meno aggressivo di altri, un pelo più morbido, per quanto possa esserlo un disco di questo genere musicale che comunque è pensato per farti ballare, ma anche qui ci sono brani che buttano giù i muri come By my side o Silence Speaks. Quindi, non sarà il più indimenticabile degli album di Ron e soci, ma si fa apprezzare comunque. Pare che inizialmente dovesse uscire come doppio album, Construct // Deconstruct, poco male, anzi meglio, visto che a questo punto mi aspetto di ascoltare il suo seguito nei primi mesi del 2026. (Charles)

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