La lista della spesa di Griffar: black metal e pupazzi di neve
Ad Homvnkvlvs oramai vogliamo bene, il suo raw black metal aggressivo ma non caotico e comunque dotato di cospicue quantità di melodie sensate del suo progetto principale MYSTERIVM XARXES ci piace molto, anzi gradiremmo pure acquistare i suoi dischi in versione fisica, se solo ne esistesse qualcuno di più di un emerito cazzo, perché 15, 25 o 30 cassette e basta messe sul mercato mondiale SONO un emerito cazzo. Ciò che temevamo tuttavia si sta puntualmente verificando e questo è abbastanza allarmante: si sperava che il Nostro non avrebbe ceduto alla tentazione di pubblicare troppi dischi in un periodo di tempo breve quanto può esserlo un solo anno solare, ma ahinoi non è stato così.
Da In Resonance with the Carnalized Manifestations uscito il 6 gennaio ad oggi i dischi targati Mysterivm Xarxes sono sei: 2 full, 2 Ep e 2 split, naturalmente tutti sulla stessa falsariga. In totale sono 22 brani nuovi, praticamente uno ogni dieci giorni visto che l’ultimo titolo, In the White Static of the Liminal Void, è del 3 di ottobre. Beh, direte voi, c’è chi fa di molto peggio. È vero, ma il trend della frequenza delle sue uscite è in salita, quindi il rischio che si metta a fare uscire qualunque puttanata gli passi per la testa c’è; per il momento la sua musica resta interessante quasi in ogni suo episodio – è ovvio che non tutti i 22 brani marchiati 2025 sono eccellenti, qualcuno meno significativo c’è ed è normale che così sia – ma non sono così sicuro che alla fine dell’anno prossimo potremo scrivere altrettanto. O si dà una calmata ed evita di alluvionare il suo Bandcamp selezionando di più la sua produzione, magari di due brani semi-riusciti farne uno solo che spacca tutto, oppure finisce che anche di lui ci si rompe le palle. Perché poi è sempre così che le storie si concludono, e pure male: nimium bene est come dicevano gli antichi saggi. In diversi dovrebbero farne tesoro.
Lord Deathlaff è il tipo brasiliano dei Nöldr, in giro già da qualche anno con tre album e un paio di Ep all’attivo molto ben accolti da pubblico e critica, giacché in tempi recenti questa mistura tra il black più crudo e il dungeon synth ha di fatto spopolato. Non contento, eccolo con un progetto nuovo di zecca, ovviamente solista, chiamato MORGHÛLOTH, nel quale si prefigge di suonare depressive black malinconico adornato comunque di tastiere estrapolate dal dungeon synth, o per lo meno le sonorità che usa ci vanno molto vicino, mentre lo stile di black metal adottato molto dazio paga a Filosofem dell’innominabile Conte.
Demo MMXXV: Lost Soul consta di due brani da 14 e 16 minuti entrambi concepiti seguendo questi schemi e non c’è che dire, il risultato finale ha un suo perché. La musica è lenta, cadenzata, tetra e tenebrosa e le tastiere ne accentuano le caratteristiche tristi, desolate, dimesse, come se fosse tutto perduto, per prima cosa la speranza. Nel suo genere è uno dei dischi più riusciti dell’anno, peccato per la registrazione non particolarmente curata; forse anche uno screaming meno latrato e più introspettivo avrebbe giovato al risultato finale, ma se questa è la base di partenza non passerà molto tempo prima che qualche etichetta importante gli metta gli occhi addosso e gli faccia firmare un contratto.
L’americano Michael Finocchiaro (!) da Reno, in Nevada, è il polistrumentista che ha dato vita all’entità fast black metal HERE AND BEYOND, di cui parlai già qualche tempo fa. Il black metal proposto è rimasto simile perché la tensione insita in ogni brano è sempre quella e la velocità è sempre elevatissima, benché nel nuovo, quarto, album Fear of the Unknown ci siano più momenti di maggior respiro rispetto agli episodi passati. Non è che ci sia stato un ammorbidimento svaccato giusto per fare concorrenza ai Marduk nelle classifiche di vendita, tantopiù che tutti i suoi dischi sono usciti solo in digitale: semplicemente la furia incontrollata dei primi lavori non è più l’unica caratteristica delle sue composizioni; quindi via libera all’utilizzo di tastiere (anche in effetto archi), più melodie, pur se arcane e maligne, e più moderazione nella velocità di esecuzione.
I riff come da tradizione sono complessi, più lunghi ed attorcigliati del normale, allo stesso tempo esplosivi e stranianti così che la combinazione di queste caratteristiche crea visioni occulte di concreta malevolenza. Continua ad alternare gli arrangiamenti della voce tra lo screaming più feroce e un growling cavernoso puramente death metal, e questo rimpallo rende i pezzi più vari e scorrevoli, ciò nonostante gli otto brani siano tutti compresi tra i 5 e i 6 minuti e mezzo, lunghezze considerevoli per il contesto fast black metal. Quello che rimane costante in ogni sua creazione sono la frenesia e l’enorme sensazione di nervosismo, di ansia nell’attesa di un’ineluttabile catastrofe che puntualmente M riversa su di noi. Gli Here and Beyond sono una certezza, inoltre come al solito la copertina è spettacolare.
Attivi tra il 1994 e il 1999, poi sciolti e riformati come duo dal primo fondatore Azradan, ora coadiuvato da Szhethil alle tastiere ed orchestrazioni, gli svedesi HAIMAD arrivano buoni ultimi ad esordire nel panorama del black metal melodico svedese, un genere che oramai sembra non suoni più nessuno, consegnato agli onori della storia. Sostanzialmente quando si parla di questo genere qui vengono in mente subito Dissection e Sacramentum, poi in seconda battuta altri gruppi che ad un certo momento spuntarono come funghi dopo una pioggerella estiva. Se ne potrebbero nominare talmente tanti da farsi venire il mal di testa, e tutti fighissimi tra l’altro.
Il fatto è che gli Haimad non suonano quasi per nulla come il classico black melodico svedese. A me ricordano molto di più gli Hecate Enthroned, per dire. Tendenzialmente la velocità di esecuzione è anche più elevata dei classici, i riff sono molto meno tecnici e melodici, prevalentemente in monocorda, e le onnipresenti tastiere maestose danno al tutto un senso di orchestrale che nessuno dei gruppi storici possedeva. Qualche punto di contatto con la tradizione c’è, i minuti finali di Where Serpents Wait in Withering Ruins ad esempio, ma sono un’eccezione e non la norma. Le melodie sono più lineari ed hanno di base caratteristiche di vera cattiveria più che sembrare sataniche come quelle dei Dissection. È questo il vero tratto distintivo di When Night Rode Across the North, che poi è appunto quello che suonavano gli Hecate Enthroned: oscura malignità. Va da sé, il disco è pregevole come pure tutto l’artwork, specie se comprate il vinile, solo non pensate di avere a che fare con dei cloni dei Dissection e compagnia brutta perché non potreste essere più lontani dalla verità. (Griffar)




