La lista della spesa di Griffar: il Natale quando arriva arriva
Per miei motivi di lavoro sono stato parecchio assente dal blog: molti di voi avranno notato un forte diradamento dei consigli per gli acquisti che vi ho elargito in quantità nel campo delle cinquanta sfumature di black metal. Tuttavia non è mai troppo tardi per suggerirvi qualcosa da inserire nelle vostre playlist. Cercherò di essere breve il più possibile, oramai non ha più senso costruire ardite perifrasi per spiegare cosa troverete nel disco. Ne segnalo l’uscita, descrivo o commento brevemente e poi avanti il prossimo, la vostra curiosità farà il resto. Di molti di questi gruppi ho già parlato in passato, comunque. Via, si va!
È in circolazione un nuovo disco dei russi RYE, (in cirillico Рожь) che già avevamo gradito grazie ad un atmospheric/post-black ispirato e melodico. Знание, il nuovo album, contiene tre pezzi ed ha cambiato completamente stile: oggi Vladimir Frith, unico membro in servizio permanente effettivo, suona funeral doom con più di un richiamo ad una psichedelia liquida, semiacustica, e più di uno sconfinamento nella musica ambient. Vengono proposti tre brani per complessivi 40 minuti abbondanti, venti dei quali occupati dalla sola Каждого ждёт che chiude il disco. L’ascolto non è semplice, apporta sincero malessere e in quest’oscurità di luce ne filtra pochissima: solo Ходдмимир, che è il pezzo più breve, torna a tratti a velocità più tipiche del black e a qualcosa di vagamente melodico, tutto il resto è cupo e lento disfacimento.
Di nuovo nei negozi di dischi i catalani JADE, terzetto intento a suonare un compatto death metal atmosferico che a tratti sfiora il blackened death di progetti come Bölzer, sebbene mediamente preferiscano assestarsi su tempi più lenti e soffocanti. Secondo me sono uno dei gruppi più personali usciti negli ultimi tempi, diciamo tre-quattro anni dato che il loro album di debutto The Pacification of Death è del 2022. Il nuovo disco s’intitola Mysteries of a Flowery Dream ed è un progresso per ciò che riguarda il processo compositivo degli iberici, che mettono in ogni pezzo idee a bizzeffe e scrivono brani mai banali, quasi complicati, senza perdere alcuna linearità né rinunciare all’impatto, avventurandosi pure in aperture melodiche o squillanti assoli di chitarra. Nel complesso il disco suona assai lugubre e vale ogni soldo speso. Mirabile la capacità di mantenere un livello elevato e coinvolgente anche negli episodi più lunghi come la title-track o gli otto minuti e mezzo di Shores of Otherness. Da poco fuori anche uno split 7′ EP a 300 copie in vinile oro con gli Hallucinate, più che valido anche questo.
Terzo full length per M. (Matthew Bell, australiano di origine poi trapiantato in Svezia) ed i suoi SKUGGOR, uno dei suoi innumerevoli progetti che per qualità si pone ai vertici delle sue capacità artistiche. Oscuro black metal che non raramente richiama le emozioni che ancora oggi scatenano in noi i primi due capolavori dei Satyricon, punteggiato da tastiere di ispirazione dungeon synth che arabescano i pezzi con gusto e suggestione; più spesso le utilizza a lunga nota fissa in sottofondo ad accompagnare le tracce di chitarra, ottenendo un effetto riempitivo che porta ogni pezzo di filato nel contesto atmospheric black di considerevole livello. Sette brani in tutto, circa 36 minuti di musica, l’apice del disco è la più lunga For Every Wound a Hymn of Growth, gemma di rara bellezza. Se gradite il genere Where Sun Resigns nella top di fine anno ce lo mettete di sicuro… e non al decimo posto.
Decisamente bello anche il nuovo LABYRINTHUS STELLARUM, terzo episodio della loro carriera. Rift in Reality prosegue il loro percorso nell’impervio settore del cosmic black metal regalandoci di nuovo un disco energico e assai melodico, senza mai scadere nello stucchevole o peggio nel banale. Costanti interventi di tastiere distinguono i brani, spesso utilizzando sonorità tipiche di quell’elettromusic introdotta a fine anni Settanta dai gruppi progressive più illuminati e quindi rielaborata pochi anni dopo nel cyberpop/rock. Nel complesso i pezzi sono a velocità sostenuta, medioalta senza arrivare al blastbeat – cioè dove la drum machine rischia di diventare fastidiosa – se non in brevi frangenti. Oramai i fratelli Andronati (ucraini, pur se il cognome troppo ucraino non sembra) sono una garanzia, giocano ad armi pari con fenomeni tipo Mesarthim, Lustre o i grandissimi brasiliani Vindveill.





Ringraziamo la Disney per aver reso prima la creatura più terribile del cosmo (gli xenomorfi di Alien) dei cuccioli da addomesticare in Alien Earth (con tanto di pat pat sul capoccione a forma di banana) e poi il cacciatore per eccellenza, il Predator, Il diavolo che arriva con il caldo, un patatone che si fa accompagnare da un cucciolone.
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eh, ho pure sbagliato articolo…
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😁
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per ora ho ascoltato solo il nuovo di РОЖЬ un paio di volte, dato che proprio Griffar aveva parlato molto bene del precedente. Sicuramente c’è stata una sterzata verso tempi più dilatati, ma pure questo è un enorme concentrato di suoni emozionanti, per quanto pesante e lugubre. Bellissimo, anche se non proprio facile da ascoltare.
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