OF THE WAND AND THE MOON // ROME IN MONOCHROME // GRUNWALD @Traffic, Roma, 23.10.2025
È la prima volta che ascolto Of the Wand and the Moon dal vivo ma potrebbe essere la terza che vado a vederlo. La prima volta, al Closer, dieci o quindici anni or sono, mi addormentai indegnamente su un divanetto dove rimasi lungo disteso per tutta la durata dell’esibizione. Ho raccontato l’aneddoto qualche giorno fa al Greco mentre gli chiedevo se stasera sarebbe venuto al Traffic. Lui mi ha risposto che lo aveva incrociato a un vecchio Roadburn, quando aveva ancora senso organizzarsi con un anno di anticipo per il Roadburn. Confesso di non aver voluto controllare, per non aggiungere disdoro a disdoro, se si fosse trattato di un’edizione alla quale avevo presenziato anch’io. Il progetto di Kim Larsen, un passato nei nostri amati Saturnus, è uno di quelli del microcosmo neofolk al quale sono più affezionato, in virtù di una dimensione introspettiva dove i requiem per la nostra civiltà si incrociano con l’impossibilità di trovare ricetto in una dimensione privata che è foriera di ulteriori dolori, se si può ancor peggiori.

Ad aprire le danze sono i GRUNWALD, un trio della capitale che non conoscevo. L’utilizzo di fiati e strumenti non ortodossi (ao’, quaa pianola me pare un parastinchi, motteggerà l’ineffabile Traversa) crea un peculiare gioco di contrasti con una vena cantautoriale che è italianissima, a dispetto delle suggestioni teutoniche evocate dal nome. Qualcuno nella cumpa, che include anche Charles e il Masticatore (sì, lo so, anche a me piacerebbe scrivessero di più, diteglielo anche voi cortesemente) evoca addirittura Branduardi, il che è sempre un complimento. Qua è la vengono in mente i sempiterni mostri sacri Death In June ma non quelli del periodo, diciamo, classico bensì i primi… E gli ultimi. Allo stesso tempo. Perché c’è un’idea di canzone che nell’ossatura guarda al post punk ma nella resa adotta i mezzi espressivi del versante più marziale di quella che viene definita dagli addetti ai lavori grey area.

È quindi il turno dei ROME IN MONOCHROME, vecchie conoscenze della scena oscura della capitale che continuano ad avere un discreto seguito: parte del pubblico sembra qui soprattutto per loro. Il concerto è acustico e quindi viene fuori la componente più dolente e delicata di un suono che su disco attinge non solo dalla new wave classica ma anche da suggestioni, come dire, “katatoniche”. December Remembrances e Paranoia Pitch Black, dal pregevole Away From Light del 2018, ti fanno ancora una volta interrogare sul perché una città così assolata abbia sempre coltivato una simile affinità con suoni che si attagliano a contesti climatici e sociali ben più uggiosi. C’è la gradita incursione alla voce di Jasmine, con la quale hanno già collaborato, e c’è qualche anticipazione dell’album che verrà. Buona prova. Non un gruppo originale ma decisamente un gruppo personale, e non è un ossimoro.
È il momento di OF THE WAND AND THE MOON. Il danese si impadronisce del palco. L’asta del microfono avvolta da fiori bianchi. Sarei stato curioso di vederlo in compagnia di una band di supporto, come talvolta accade, ma non importa, è tutto perfetto. Chitarra, voce e campionamenti ridotti al minimo indispensabile. L’atmosfera dei brani in studio viene restituita in una veste più rarefatta ma non per questo meno fedele. La scaletta attinge a man bassa dallo splendido The Lone Descent, dal quale viene estratta circa metà dei brani, con somma gioia mia e di Charles, ma c’è spazio anche per due pezzi di un altro progetto di Larsen, Les Chasseurs de la Nuit: Gleam on You Empty Gem e Viper Soul, posta in apertura, che si incastrano alla perfezione con le altre composizioni. 
Su Lucifer deglutisco a vuoto più volte, e avverto brividi veri. Il più bello tra gli angeli non è un ribelle da celebrare ma un derelitto da compatire, con il quale condividere una delle birre in lattina che Kim alza verso il pubblico, ottenendo in risposta sonori ‘Skol!’ Perché la caduta a volte non è ne un destino ineluttabile, né una scelta, bensì una constatazione. Poi Whispers of the Past alza i ritmi, è un pezzo che ricorda certe derive più oscure del folk di oltreoceano. Il contesto è confidenziale, come se si stesse tra amici, e musicisti che hanno saputo toccare certe corde nascoste della tua anima come lui amici un po’ lo sono, anche se non ci hai mai parlato. E quanto è bella Sunspot? Soprattutto stasera.
Kim sembra un po’ stanco. A Tomb of Seasoned Dye dovrebbe segnare il congedo ma siamo tutti presi troppo bene e chiediamo il bis a gran voce. E lui non può non concederlo. Immer Vorwärts. Altri brividi. And I miss you, and I miss you… Ciascuno la dedichi a chi più desidera. (Ciccio Russo)
Scaletta:
Viper Soul
Your Love Can’t Hold This Wreath of Sorrow
Tear It Apart
Let’s Take a Ride (My Love)
Lucifer
Whispers of the Past
Twilight Halo
Gleam on You Empty Gem
Absence
Sunspot
I Crave for You
A Tomb of Seasoned Dye
(Encore)
Immer Vorwärts
