Di meglio c’è solo Sydney Sweeney: VIOLATOR – Unholy Retribution

C’è un ragazzo che avrà diciassette o diciotto anni, lo incrocio a lavoro un po’ ogni settimana. È in una fase che definirei sborona, nel senso che ha capito che sono metallaro e si diverte a nominare i gruppi più bizzarri e sconosciuti che scopre, al fine di dimostrarmi che ha una cultura, il cazzo più lungo del mio e cose del genere. Messe le mani sul nuovo dei Violator, brasiliani, tre album in totale, un quarto di secolo di carriera, non li ha riassunti come li avrei riassunti io: gente che se la prende parecchio comoda.

Ha voluto fare lo splendido anche stavolta, chiudendo il discorso con una sola parola: dissacranti. Io, che ero appena tornato dalle vacanze, avrei voluto spiegargli in breve che cosa è realmente dissacrante, ma ho accettato di buon grado la sua sentenza e mi sono congedato.

Mi trovavo in Veneto, a dire il vero molto vicino al confine col Friuli Venezia Giulia. L’hotel era situato lungo la valle del Piave, poco sotto Sappada, in una gola dominata dalle Dolomiti e perpendicolare alla Val Comelico. La vegetazione era rigogliosa in ogni dove, uccellini e farfalle dominavano i prati fioriti. Al cospetto di codesto spettacolo non avevo notato che una signora vestita di un saturo arancio aveva appena portato nel parcheggio clienti il proprio cagnolino, un Jack Russell, a giocare con la palla, e che questo aveva appena fatto i bisogni. In dialetto veneto, e senza accennare a una sola imprecazione, la signora in arancio urlava al cucciolotto di rimanere in posizione quasi si trattasse di un’esercitazione di obedience. Il cagnolino faceva tutt’altro che ubbidire.

Essendo l’ora di colazione, mi ero messo un jeans e un maglioncino, al punto che assomigliavo in tutto e per tutto a mio nonno, e scesi giù. Prima d’entrare in sala ristorante, come da rituale, e come farebbe ogni nonno, uscii per respirare un po’ d’aria fresca del mattino.

La situazione era rapidamente mutata: il Jack Russell si era cacato completamente addosso e la signora non riusciva a finire di pulirlo. Un grumo di merda scendeva proprio sotto la coda, che la signora in arancio teneva su con una mano. All’improvviso, con l’altra, ha staccato quel che non scendeva dal retto dell’animale e si è annusata la mano, in un misto di desiderio di constatazione e soddisfazione. È stato come se in quel momento si fosse accorta della mia presenza e in qualche modo ricomposta, perché aveva liberato l’animale dalla presa e lo aveva invitato con tono severo a seguirla sui suoi passi.

Poco dopo il mio l’appetito era a pezzi, ma il trekking in programma mi obbligava a rifocillarmi a sufficienza per non finire su una panchina di legno alla prima impegnativa pettata. La signora in arancio mi aveva preceduto: era già a sedere, quindi era entrata diretta al ristorante dall’esterno. Il cagnolino era ora tranquillissimo ai suoi piedi. Ingorda, consumava un bombolone alla cioccolata su un piattino.

Così, senza pensarci troppo, riempii il mio piattino accatastando un bombolone, una fetta di crostata e un croissant alla crema di nocciole, mettendoci accanto una ciotola straripante di yogurt e muesli. È ora chiaro perché fossi tornato dalle Dolomiti con tre chili in più.

La signora in arancio fece un secondo giro toccando tutti i dolci con le mani, uno a uno, come per selezionarli, poi si sedette e mi rivolse un’occhiata dissacrante. Chiaramente senza passare dal bagno, aveva lisciato la colazione di tutto un albergo con le sue mani merdose e io avevo appena iniziato a servirmi, per poi pianificare una colazione nella vicina Santo Stefano di Cadore. Possa il suo sestiere veneziano essere finito sott’acqua precisamente la settimana in cui questo lampione arancione al femminile e il suo randagio sono tornati a scaricare le valigie con gli arti superiori in setticemia. Ma fai colazione a casa tua, puttana.

L’album, Unholy Retribution, è un manuale di come deve suonare il thrash metal nell’annata in cui i Dark Angel sono riusciti a pisciare fuori dal vaso da una trentina di centimetri di distanza. Il riffone mid-tempo a due terzi di Chapel of the Sick, sia loro perdonata la citazione ai Morbid Angel nel titolo, mescolando in modo abbruttito parole a caso dai loro più fortunati titoli, è una delle cose più trascinanti che ho sentito nel 2025. L’attacco di Cult of Death è una furia cieca; il suo rallentamento sembra sortir fuori da Extreme Aggression: come recitava una celebre pubblicità dei pneumatici, potenza, sì, ma non senza controllo. Il suo gran finale cita Morbid Visions. Ma che volete di più, Sidney Sweeney che ve le agita in faccia a centottanta di metronomo? Dio benedica i brasiliani, soprattutto quelli che ce l’hanno con Lui. (Marco Belardi)

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