In Nomine Doomini vol.10: l’Italia s’è mesta
Riprende la numerazione di questa mesta rubrica dopo lo speciale-crossover al femminile, servendo oggi sul piatto una doppia coppia di doom tricolore. Per prima cosa, rendiamo giustizia al più classico suono doom italiano ( parente stretto, forse strettissimo dell’italian dark sound), rappresentato oggi da IV Sigillo e Kryuhm. Poi lasciamo da parte l’ortodossia e ci buttiamo in quel territorio di necrodoom post-Electric Wizard (invero, ad un passo dal vero e proprio heavy psych), tendenza molto diffusa nello stivale, filone dal quale peschiamo oggi Sonic Demon e Demonio.

Intanto cominciamo con un bell’esordio, intitolato Quarto Sigillo della quasi omonima band (ma, occhio, stavolta coi numeri romani) IV SIGILLO. Di base a Bologna, non gente di primo pelo. Sessione ritmica proveniente dai disciolti ThunderStorm, epic doom dalla bergamasca, mentre il chitarrista viene dai veneti Menace. Alla voce troviamo Emiliano Cioffi, già voce degli Epitaph dalla reunion del primo decennio dei Duemila fino all’arrivo di Ricky Del Pane, che abbiamo ascoltato nell’ultimo album dei veronesi. Cioffi che sorprese il Belardi, non so se mi spiego. Con questa nuova ragione sociale continua a mettere in scena un doom cupo e teatrale, lui costantemente sopra le righe, come il folle delirante all’inizio di diversi racconti dell’orrore. Band asciutta e solida con un ruolo centrale per il basso, strumento che elargisce tecnicismi a iosa. Qualche synth (Slacken) non spezza troppo le sonorità ben metalliche dei quattro, anche se riesce a evocare comunque scenari maggiormente progressivi. L’album è valido e fa venire voglia di testarne la riuscita dal vivo, non solo per scoprire se Belardi ha ragione sulle prestazioni sul palco di Cioffi. Sicuramente un gran pezzo come 11 Bodies (Mask of Command) lo vedrei bene anche suonato ad un festival dark progressive. Lecito attendersi cose anche migliori nelle prossime prove.

Nei KRYUHM, che sono di Verona, troviamo invece un altro ex Epitaph, Gianni Tomezzoli, qui alle tastiere, ma in passato cantante anche lui (e pure bassista) di quel nome storico del dark/doom italiano. I Kryuhm sono assieme da quasi venticinque anni, anche se in realtà l’unico membro fisso dalle origini è il cantante e chitarrista Daniele Laurenti. Gli altri si sono uniti molto più di recente. Demoni è solo il secondo album (il precedente era del 2022). Esce per Black Widow, per cui qualcuno già starà drizzando le orecchie. Quindi capirete che, se di doom si tratta, anche in questo caso parecchio mischiato col prog. Più ancora che nei IV Sigillo. Chiaro, quel prog mefistofelico che piace all’etichetta genovese, per cui siete avvertiti. Testi a volte in inglese, a volte, a enfatizzare la parentela con l’oscurità italiana, nella lingua madre (La Casa tra i Rovi). La collaborazione del clarinettista Vittorio Sabelli marca una parentela stretta col dark sound contemporaneo (pensiamo appunto agli A.M.E.N.). Il legame con la scena storica è palesato invece dalla cover di Welcome to My Hell, brano già conteso tra Paul Chain Violet Theatre e Death SS. Se non foste particolarmente completisti e quanto già detto non dovesse bastarvi, non so siceramente cosa altro pretendere dai Kryuhm. Onesti, non imprescindibili, ma onesti.

C’è poi tutto un altro filone nel doom tricolore, ben florido, radicalmente diverso da quello rappresentato oggi da IV Sigillo e Kryuhm. Quest’altro filone pesca a mani basse dal marciume degli Electric Wizard, fa del malessere satanico biker-fuzzoso la propria ragione d’essere. I Black Spell li conosciamo, forse i più rappresentativi del filone, ma di certo non i soli. Anche dei SONIC DEMON, come nel caso dei Black Spell, non è facile rintracciare informazioni in giro, salvo il fatto che Planet Terror, l’ultimo album in ordine di tempo, è già il terzo (più una serie di uscite minori). Immaginario exploitation, fuzz marci, riff di pentatonica reiterati e canzoni che, in realtà, hanno strutture e animo più rock’n’roll che doom tout court. Più depravazione che disperazione. Il disco è una sequenza di brani putrescenti, di quelli che fanno scappare inorriditi gli amanti dell’alta fedeltà, molto psichedelici nei presupposti e nei risultati. Estremamente omogeneo (vedete da voi se la cosa risulta essere un limite), riff ripetuti per tre /quattro minuti e voci acide. Ho più l’impressione che questo filone sia in realtà la forma che ha assunto lo stoner per sopravvivere, più che essere una manifestazione, anche laterale, della musica del Giudizio.

Indistinguibili o quasi dai Sonic Demon i DEMONIO, il cui Acid Rain era in realtà uscito l’anno scorso e che noi ripeschiamo solo ora. A conferma di quanto dicevo, altra compagine italiana perfettamente rappresentante di questo filone di zombie-biker. In realtà, ancora più psichedelici dei colleghi di cui sopra. In effetti siamo ormai quasi definitivamente in territori heavy psych, piuttosto che mimetizzati tra i seguaci più ortodossi dei Black Sabbath. Voci effettate e fuzz hendrixiano. Viaggioni, dilatazione, poche canzoni. Pochissima melodia o quasi niente. Acidità come piovesse. Comunque sì, siamo usciti dal tema, dal seminato. Il doom ormai è una parentela manco troppo pronunciata. Però son sicuro che non è un gran problema, no? Malessere, abisso e depravazione garantiti. Mica è musica allegra. Sia mai. Solo, magari qualche additivo chimico aiuta, fa parte del gioco. (Lorenzo Centini)
