Almanacco Gotico Italiano #9: tra fantasmi del passato e del presente

Bollettino di informazione sul lato più oscuro delle uscite indipendenti nazionali – Foto di gotico_italiano

Maggiormente in linea con quelli che erano gli originali propositi della rubrica, carrellata di uscite altre (rispetto al metallo rigidamente inteso), ma dalle quali affiora comunque una certa anima inquieta tutta italiana e comunicante con mondi sotterranei, più o meno letteralmente. Partiamo da DALILA KAYROS, comparsa di sfuggita su queste pagine diverso tempo fa. Sarda, si occupa di sperimentazioni vocali su basi elettroniche. Quindi è un attimo accomunarla a Daniela Pes e Lili Refrain. Non ce ne voglia, Dalila, noi qua (io) siamo ancora di orizzonti limitati, al di fuori dalla musica con le chitarre. E comunque sono due accostamenti di lusso. Anche, speriamo, per l’augurio di altrettanto successo/riscontro. Khthonie, comunque, è una collezione di brani tra il sintetico e l’ancestrale, glitch e folklore. No, non folklore nel senso di sonorità analogiche. Ma di reminiscenze, evocazioni. Sardegna al centro della narrazione, liriche prevalentemente in quel misterioso idioma. O almeno credo, dato che per me è arabo. Però nel finale apocalittico del disco e del brano Corpus Sonorum l’italiano diventa intelligibile. Vi invito ad arrivarci, a quel finale, a quella declamazione disperata ed hardcore. Paiono i Contropotere. E non ditemi che non è anche questa una bella reminiscenza.

Sempre dalla terra dei nuraghi, ma il disco, Jae, in realtà è dell’anno scorso. Questi ILIENSES sarebbero in realtà cugini, nemmeno tanto alla lontana, di Wardruna, Heilung e compagnia bella. Solo che, invece delle tradizioni norrene, qua al centro della scena ci sono quelle dell’isola mediterranea. Quindi, canti in sardo e quei vocalizzi gutturali che paiono cosi simili a quelli dei nomadi delle steppe mongole. Non sono un etnomusicologo (purtroppo, aggiungo), per cui mi sfuggono sicuramente aspetti culturali e filologici e il risultato, in fondo, non mi pare davvero così diverso da quanto prodotto da quegli ensemble viking/chic su menzionati. Percussioni, elettronica cupa e ambientale, qualche strumento tradizionale, voci sia maschili che femminili. Not my cup of filu ferru, ma una certa suggestione, è innegabile, questo Jae riesce proprio a costruirla (si veda Eròes, apocalittica). Se per voi le coordinate sono più familiari, sono certo che lo apprezzerete maggiormente.

Incontro fecondo tra passato e presente Con I Racconti di Aretusa, a firma LINO CAPRA VACCINA & MAI MAI MAI. Storico musicista sperimentale il primo (Lino Capra Vaccina), fondatore di Aktuala e Telaio Magnetico, collaboratore di Franco Battiato e Juru Camisasca. Colonna della più recente ondata di psichedelia occulta italiana il secondo (Mai Mai Mai), di cui potreste avere già incontrato la rivisitazione del tema di Fabio Frizzi di Sette Note in Nero di Lucio Fulci, inclusa nella compialation Nostra Signora delle Tenebre. Pugliese il primo, calabrese il secondo. I due, riuniti nella ex chiesa di Gesù e Maria a Ortigia, Siracusa, a due passi dalla fonte da cui prende il nome il disco, danno luogo ad un rituale minimale e misterico, mediterraneo. Elettronica contenuta, silenzi, vivrafoni scampanellanti e contarppunti di pianoforte. Atmosfera calda e contemplativa, percezioni, svanire di forme e sensi. Ascolto quanto di più lontano possiate immaginare dallo spettro sonoro completamente riempito di chitarre, bassi e percussioni cui siamo solitamente abituati. Un’occasione invece per sperimentare una quieta inquietudine, scevra totalmente da banalizzazioni new age o lounge.

Inquietudine pura e orrorifica, invece, quella di Amari Sospiri, uscito l’altr’anno a nome IN CTONIA SPERANZA. Trattasi di un progetto solista di tale Alraune Geist. Italiana, non so altro. So però che il disco, perfettamente in linea con lo spirito della rubrica, è un incubo gotico da camera, voce lirica, pianoforte, synth. Lugubre, completamente ispirato dalle atmosfere mute dell’orrore cinematografico di inizio ‘900. E la masterizzazione ad opera della nostra conoscenza Regen Graves qualcosa vorrà dire. Le coordinate, insomma, non sono molto diverse da quelle degli A.M.E.N. di Argento che abbiamo incontrato molto di recente, anche se c’è da sostituire la fascinazione per Dario Argento con quella, molto più classicheggiante, per un mondo ancora più spettrale e lontano. Alraune Geist fa tutto lei, in composizione ed esecuzione. Pare procedere mesta attraverso un cimitero, di quelli monumentali e abbandonati che abbondano uscendo dalle nostre città (specie in Liguria). O tra stanze abbandonate di una vecchia magione infestata. Anche queste, mica mancano.

Indeciso fino all’ultimo se includere in questo calderone anche La Ballata del Re Cervo e il Cacciatore, album uscito a nome ESTREMA FORTEZZA. Trattasi di un progetto dungeon synth genovese, che non c’entrerebbe moltissimo con il tema della rubrica. Qua infatti andiamo a cercare sempre espressioni oscure, sì, ma in qualche modo sempre contraddistinte da inquietudini fortemente italiane (e non necessariamente folk, chiaro). Non sempre è stato così nei numeri precenti, lo riconosco, ma queste erano le intenzioni. Il dungeon synth invece resta sospeso in un immaginario fantasioso, a-temporale ma anche non collocabile geograficamente. M,a siccome da qualche anno per le mie vacanze prediligo andarmene per i boschi dell’Appennino, Estrema Fortezza, tutto decantato in italiano, funzionerebbe bene come colonna sonora. Per la preparazione, almeno. Mentre prepari lo zaino per metterti in cammino. No, non nel bosco, lì meglio starsene più possibile in silenzio. Quindi insomma, forzo un po’ le “regole” della rubrica e includo oggi La Ballata del Re Cervo e il Cacciatore. Ovviamente tifo per il cervo. (Lorenzo Centini)

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