Quarant’anni e non sbagliarne una: THE EX – If your Mirror Breaks
C’è un momento preciso (e ci arriverò a breve), ascoltando If Your Mirror Breaks, in cui ti rendi conto che i The Ex non sono solo sopravvissuti a quattro decenni di cambiamenti, scossoni e derive musicali: li hanno attraversati tutti, senza mai perdere il controllo della propria traiettoria che, nel corso degli anni, è andata letteralmente ovunque, dall’Etiopia di Getatchew Mekuria a collaborazioni con Tortoise e Sonic Youth. E ditemi quante band possono vantare qualcosa anche di lontanamente vicino ad un risultato del genere.
Il disco inizia, parte Beat Beat Drums e non ce n’è per nessuno. Come ogni volta. Del resto, quando si parla del collettivo olandese la domanda non sarà mai se il nuovo disco sarà buono, ma quanto sarà buono, e anche in questo caso If Your Mirror Breaks riesce a sorprendere per intensità, coesione e per una scrittura sempre urgente e a fuoco, così come a fuoco sono i suoi contenuti. Perché i The Ex non sono una band, sono l’incarnazione di un’idea, di un’utopia che resiste, che cambia pelle senza mai svendersi. Musica “anarchica”, ma di quella intelligente, studiata, consapevole: non slogan, non pose, ma azione, evoluzione e coerenza. Come sottolineato da Stefano Isidoro Bianchi sulle pagine di Blow Up, ormai è anche riduttivo riferirsi a loro come band “anarco-punk”, perché la loro proposta, nel corso degli anni, ha abbracciato talmente tanti stili differenti da non poter essere catalogata in un semplice genere musicale, e in If Your Mirror Breaks c’è tutto questo, come se quarant’anni di esperimenti, tour nei deserti africani, collaborazioni impossibili e distorsioni trovassero ora un nuovo punto di fusione.
Ogni traccia di questo disco è sintomatica di questo concetto: ritmiche spezzate, linee vocali come sempre perfette e un giusto connubio tra atmosfere contrapposte, ma sempre segnate da una palpabile agitazione. Siamo vicini, per molti aspetti, alle sonorità del precedente 27 Passports (di sette anni fa), ma l’ultimo parto del collettivo olandese riesce a superare in termini di impatto il suo seppur ottimo predecessore. Prendete la fugaziana Monday Song, o la nervosa Spider and Fly: un compendio di tutto quello che i The Ex sono sempre stati, tra ritmiche circolari (Circuit Breaker) tensione palpabile in ogni secondo, chitarre che – vivaddio – graffiano senza seguire schemi triti e ritriti e, pur non sconvolgendo il proprio sound, riescono a risultare freschi e incisivi. Funziona tutto in questo disco, che dovrebbero fare studiare a memoria alle tante band di ragazzini che dovrebbero spaccare tutto e che finiscono per essere la copia sbiadita di band che ascoltavamo trent’anni fa. E non lo dico, di certo, per fare il passatista, ma perché davvero da un gruppo che – purtroppo – non ha mai raccolto quanto avrebbe meritato, se non in termini di critica, c’è solo da imparare.
Prendete la shellachiana The Evidence (e il disco è dedicato alla memoria di Steve Albini), per esempio, con quel mini bridge rock‘n roll e con Arnold De Boer che tra cantato e parti declamate sembra avere ancora vent’anni, o la splendida Wheel, unico brano per la voce della batterista Katherina Bornefeld, a metà strada tra certi Velvet Underground e l’ultima PJ Harvey: non sembrano pezzi di una band “anziana”, o di un gruppo che ha già detto quello che aveva da dire ed è davvero impressionante.
Ma, come avevo scritto in apertura, c’è un momento in cui davvero un approccio più analitico e distaccato diviene impossibile, ossia quando parte In the Rain, con tutta la sua rabbia, con quel riff che si apre e diventa sempre più pesante, con quel testo che – senza buonismi o pose à-la Tom Morello – porta avanti un discorso mai interrotto con una coerenza invidiabile. Una mina pazzesca che trova il suo apice in quel in the pouring rain gridato da De Boer che sfuma sulle splendide distorsioni che accompagnano tutto il pezzo.
Ed è qui che capisci che, ancora una volta, non c’è niente da fare, che parliamo di un gruppo di un altro livello, che non conosce cali di ispirazione e che in un mondo ideale sarebbe un faro da seguire per tutti. (L’Azzeccagarbugli)



lo sto ascoltando ora… su un altro livello..
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